STRATEGIE

Industria 4.0, Miragliotta: “Serve un modello italiano. No a fotocopie tedesco-americane”

Il direttore dell’Osservatorio Smart Manufacturing del Polimi: “Mapperemo iniziative, finanziamenti e risorse disponibili”. A CorCom le prime anticipazioni sull’analisi in pubblicazione per giugno

Pubblicato il 08 Gen 2016

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“C’è bisogno di un modello italiano per lo smart manufaturing. Non possiamo appiattirci sul modello tedesco o su quello americano. Abbiamo bisogno di trovare la nostra strada, di rileggere la quarta rivoluzione alla luce del nostro tessuto industriale”. Questa la vision di Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Smart Manufacturing della School of Management del Politecnico di Milano, mentre è in corso la seconda edizione della ricerca, in pubblicazione per giugno 2016.

“Sono tre le grandi aree di lavoro dell’osservatorio di quest’anno – spiega a CorCom Miragliotta – che affrontano altrettanti temi di politica industriale”. La squadra del Polimi punta innanzitutto a realizzare una mappatura dell’evoluzione tecnologica e delle best practice italiane ed internazionali. “Stiamo realizzando un’importante survey, a livello nazionale, per capire quante sono le aziende operative, cosa stanno facendo, quali sono gli skill messi in campo, a quanto ammontano gli investimenti e le risorse disponibili”, annuncia Miragliotta al nostro giornale. Il Polimi punta inoltre a effettuare una valutazione dell’impatto dello Smart Manufacturing nell’ecosistema italiano: “Non esistono dati di questo tipo – puntualizza il direttore dell’Osservatorio – che siano cioè tagliati sul nostro Paese. Ci sono importanti studi come quello ad esempio di Roland Berger ma non sono totalmente focalizzati sul nostro mercato”. L’indagine del Polimi vuole offrire una fotografia dettagliata comparto per comparto, con indicatori quantitativi e qualitativi per individuare le priorità di azione, partendo dall’impatto che la digitalizzazione della manifattura avrà sul processo e sullo sviluppo del prodotto-servizio. Terza priorità: capire quanto vale il mercato delle soluzioni, ossia quanto fatturano i fornitori di servizi e prodotti e verificare quali sono le tecnologie più “gettonate” e in quali aree applicative sono più usate. E il Politecnico va anche oltre: oltre ad una ricognizione puntuale del mercato e delle risorse disponibili, l’obiettivo è supportare le aziende per “accompagnarle nella trasformazione”.

“Stiamo lavorando alla messa a punto di un ‘modello di maturità – annuncia Miragliotta – partendo dall’analisi puntuale delle singole situazioni per capire qual è il backbone digitale di ciascuna azienda e come ciascuna da lì possa costruire e spingere il processo di digitalizzazione”. Il Polimi vuole dunque diventare un punto di riferimento a 360 gradi per le istituzioni (con la mappa dettagliata delle best practice), dei fornitori (con l’analisi dell’offerta) e dei destinatari della rivoluzione, alias le aziende.

“Rispetto a un anno fa è cresciuto, e non poco, il livello di interesse e consapevolezza delle aziende sul tema dello smart manufacturing – evidenzia Miragliotta -. La questione è sul piatto e se le grandi aziende, in particolare le multinazionali, sono operative da tempo, sono invece molte le medie imprese, quelle che impiegano fra i 250 ed i 300 addetti e fatturano circa 120 milioni, che devono prendere sul serio il tema, e attivare la fase progettuale”. L’adozione dello smart manufacturing è legata a stretto filo – sostiene Miragliotta – con quello della maturità aziendale, manageriale e finanziaria, con la capacità di investimento e anche con le strategie. “E c’è di mezzo anche la lungimiranza”, dice Miragliotta.

Sul fronte offerta c’è bisogno di un allineamento alle nuove istanze del mercato. “L’offerta deve rimodularsi tenendo conto delle specifiche peculiarità delle aziende, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni”, puntualizza Miragliotta. Se l’hardware è al momento nelle mani dei big mondiali dell’hi-tech “l’Italia può trovare il suo spazio nelle attività di integration. E sono già numerose le aziende in campo su questo fronte”, puntualizza il direttore dell’Osservatorio. Anche scontando quelle che sono un “rebranding “ di iniziative “tradizionali”, ci sono già numerose iniziative effettivamente innovative, pienamente in linea con il paradigma “smart manufacturing”, e sono proprio quelle da cui partire.

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