Patent box, ecco come ottenere gli sgravi sui beni immateriali

Secondo Anie sono già 4.500 le imprese che hanno fatto domanda per le agevolazioni fiscali relative a brevetti, proprietà intellettuali e marchi. Ma attenzione: per ottenerle serve che innovazione e R&S siano parte integrante della strategia aziendale

Pubblicato il 25 Feb 2016

patent-box-160225121719

Di Patent box si parla da circa un anno, da quando il decreto ad hoc fu inserito nella Legge di Stabilità 2015. Ma si può dire che sia entrato davvero nel vivo solo a dicembre, quando l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 36/E, ha delineato i parametri in base ai quali le aziende possono richiedere sgravi su brevetti, proprietà intellettuali e marchi. Semplificato così, il nuovo strumento potrebbe sembrare un facile escamotage per ottenere sconti fiscali inserendo in sede di dichiarazione asset intangibili a prescindere dal fatto che siano rilevanti o meno per la salute o la crescita dell’impresa. Non è così. Per come è congegnato il dispositivo, chi vuole accedere allo sgravio deve di fatto dimostrare che l’innovazione e gli sforzi in ricerca e sviluppo legati ai beni immateriali di valore sono parte integrante della linea strategica del business.

Il tema è stato ben raccontato ieri a Milano nella sede di Anie – Federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche – in occasione della tappa meneghina di Patent Road, un’iniziativa patrocinata dal ministero per lo Sviluppo economico e da Airi (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale) e sviluppata da Technetic, nuova società del gruppo Imperiali nata appositamente per offrire consulenza all’impresa sul nuovo strumento fiscale.

“Il Patent box allinea l’Italia ai Paesi europei valorizzando la proprietà intellettuale. È una misura democratica, fortemente voluta da Confindustria, che l’ha studiata con l’apporto di ANIE all’interno del comitato tecnico fiscale”, ha detto Maria Antonietta Portaluri, direttore generale dell’associazione, aprendo i lavori. “E, pur facendo riferimento alla cornice delle linee guida Ocse sull’omologazione dei regimi fiscali, è stato progettato per rispondere alle specifiche esigenze del contesto italiano, caratterizzato rispetto ad altri mercati da un numero non elevato di brevetti depositati, poco più di 4mila nel 2015, ma da una quantità significativa di marchi registrati”. Portaluri ha poi evidenziato i primi dati relativi alle adesioni al Patent Box: ci sono circa 4.500 domande in tutta Italia, e 1.200 arrivano dalla Lombardia. Circa 1.350 domande sono state inoltrate da imprese con fatturati compresi tra i 10 e i 50 milioni di euro, con 600 provenienti da organizzazioni con volumi d’affari inferiori al milione.

Ma di cosa si tratta effettivamente? “Il Patent box ha l’obiettivo di incentivare l’attrattività dell’Italia attraverso il rafforzamento degli investimenti in ricerca e sviluppo e di promuovere la ricollocazione dei beni immateriali nel mercato nazionale”, ha spiegato Lucilla Lanciotti, vicepresidente di Technetic.

Per beni immateriali si intendono software protetti da copyright o diritto d’autore (non necessariamente registrati), beni titolati, come brevetti industriali concessi o in corso di concessione, marchi di impresa, anche collettivi, registrati o in corso di registrazione, disegni o modelli e infine “know how”, ovvero processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale e scientifico giuridicamente tutelabili, dotati di valore economico e adeguatamente protetti da misure che atte a mantenerli segreti. “Una volta identificati i beni immateriali, bisogna quantificare il reddito agevolabile e calcolare il beneficio fiscale ottenibile. Possono usufruirne tutti i soggetti, indipendentemente dalla dimensione aziendale. Ma attenzione: non è una misura agevolativa mordi e fuggi, bensì un impianto strutturale da valutare in senso strategico”, ha precisato Lanciotti.

Avere la disponibilità – o la licenza di sfruttamento da parte di un soggetto terzo – di un bene immateriale riconosciuto come tale è infatti solo il primo prerequisito. L’elemento cardine legato al Patent box è l’obbligatorietà di svolgere attività di ricerca e sviluppo volte ad accrescere il valore del bene immateriale. E non si parla solo del classico R&D interno: dal design al software, passando per le spese legali e anticontraffazione, fino alle ricerche di mercato, alla promozione e alla comunicazione, c’è un’enorme gamma di costi che possono figurare nello sconto fiscale.

Nei primi tre anni di applicazione della legge, ovvero fino al 2017, le aziende potranno fare istanza di sgravio in modo aggregato, a partire dal 2018 dovranno invece fornire traccia dei costi per singolo bene immateriale. Sono escluse dalla formazione del reddito le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni, a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla loro cessione sia reinvestito in manutenzione o sviluppo di altri asset prima della chiusura del secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui si ha avuto luogo la cessione

Dal punto di vista tecnico, il meccanismo è piuttosto complesso, anche perché per lo sfruttamento diretto e indiretto delle licenze prevede il calcolo del cosiddetto Nexus ratio, un quoziente che stabilisce quanto effettivamente un’organizzazione investe risorse proprie per lo sviluppo dei beni immateriali e quanto invece li accresce attraverso contributi esterni.

“In questo primo periodo di rodaggio stiamo tutti cercando di comprendere il funzionamento del Patent box, ma di positivo abbiamo già registrato il nuovo atteggiamento dell’Agenzia delle Entrate”, ha commentato Riccardo Imperiali di Francavilla, presidente di Technetic. Sono infatti partiti corsi di formazione e tavole rotonde per permettere ai funzionari dell’Agenzia di confrontarsi con consulenti e professori esperti in materia. E il processo di ruling, con cui l’ente metterà sotto la lente d’ingrandimento le istanze delle aziende, secondo Imperiali sarà a sua volta più una consulenza professionale che non una verifica fiscale.

Il ruolo di società come Technetic al fianco delle imprese risulterà comunque fondamentale per riuscire a orientarsi, specialmente nei primi tempi, tra le definizioni di beni immateriali e tutelabilità del know how. Viste le incertezze iniziali, si è suggerita l’adozione di accordi basati su success fee, in modo da vincolare la remunerazione del consulente all’effettivo beneficio fiscale ottenuto dall’azienda. “Sarebbe un successo se uno degli effetti del Patent box fosse la creazione, da parte dei soggetti interessati, di società specificamente dedicate alla gestione e alla valorizzazione delle proprietà intellettuali”, ha concluso Imperiali. Nel frattempo le imprese possono rivolgersi per una prima consulenza gratuita allo sportello che ANIE ha allestito in collaborazione con Technetic.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati