APPROFONDIMENTO

Blockchain, ecco cos’è e come funziona

La tecnologia alla base del Bitcoin pronta a rivoluzionare le transazioni bancarie. Addio ai controlli: il sistema è in grado di riconoscere le identità e di tracciare in tempo reale qualsiasi operazione

Pubblicato il 18 Nov 2021

Mila Fiordalisi

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La tecnologia blockchain, inizialmente utilizzata per la gestione della moneta virtuale Bitcoin, è una sorta di sistema peer-to-peer che consente lo scambio di valute, la loro tracciabilità e soprattutto di conoscere l’identità dei soggetti che effettuano le operazioni. In sostanza, il blockchain è un “libro mastro”, un registro in cui si tiene traccia delle operazioni di scambio di valuta e in cui si “registra” l’identità dei titolari di valuta. Ciò consente ad esempio di verificare in qualsiasi momento e in tempo reale l’ammontare di valuta in capo a specifici soggetti senza possibilità di errore in termini quantitativi e di riconoscimento dell’identità. L’operazione è analoga a quella che viene effettuata dalle banche quando tengono traccia del denaro che transita attraverso i propri conti correnti. E non a caso il blockchain è già stata indicata come la tecnologia alla base del prossimo venturo Internet of finance.

Chi può usare la blockchain

Diversamente dalle piattaforme in capo alle banche, che sono di proprietà delle banche stesse e utilizzabili a livello centralizzato, il blockchain è una tecnologia “open” e “free” utilizzabile online da qualsiasi privato e organizzata come un maxi database distribuito. Chiunque può scaricarne una “copia”, ossia accedere al sistema: le identità sono protette da crittografia intelligente.

Il glossario per la blockchain

Gli esperti di lingue di Babbel, azienda per l’apprendimento delle lingue e Bitpanda, piattaforma specializzata  per gli investimenti digitali, hanno stilato una guida con i termini essenziali da conoscere per orientarsi nel mondo del fintech e delle criptovalute. “La tecnologia continua a essere presente nelle nostre vite e ora sempre più anche nell’ambito degli affari e della finanza – afferma Gianluca Pedrotti, editor del team linguistico di Babbel – Questa tendenza ha portato anche a un nuovo modo di comunicare e di relazionarsi, che può risultare complicato da comprendere e padroneggiare per i neofiti. Ma non solo. Anche per le persone più esperte può essere difficile stare al passo con la continua creazione di neologismi. Conoscere e capire le nuove parole e il gergo tecnico è tuttavia fondamentale per cogliere le opportunità professionali e personali offerte dal mondo del fintech” .

“Diffondere una maggiore cultura finanziaria è fondamentale per perseguire la mission di Bitpanda, ovvero democratizzare il mondo degli investimenti – sottolinea Orlando Merone, Country Manager di Bitpanda – La formazione è fondamentale per accrescere le competenze di base e dare alle persone la possibilità di assumere il controllo del proprio futuro finanziario”.

Ecco alcune definizioni presenti nel glossario:

– Blockchain o “catena di blocchi”: è la tecnologia alla base di Bitcoin e di altre criptovalute, tra cui Ethereum. Si tratta di un database digitale aperto a tutti, senza intermediari o autorità centrale, strutturato come una catena di blocchi. In ogni blocco sono registrate in maniera permanente le transazioni della criptovaluta che si appoggia a quella determinata Blockchain, così da non poterle falsificare, perdere o cancellare.

– Mining: significa “estrarre” ed è il meccanismo fondante della Blockchain di Bitcoin, utilizzato anche da altre criptovalute. Si riferisce alla risoluzione degli algoritmi necessari ad autorizzare le transazioni di BTC prima di aggiungerle alla Blockchain. Il nome deriva dal parallelismo tra i BTC e l’oro, nel quale è facile leggere la somiglianza tra i cercatori di pepite ed il ricercatore della soluzione all’algoritmo. Coloro che risolvono gli algoritmi sono chiamati “miners” e vengono ricompensati con una frazione di un nuovo Bitcoin per ogni transazione validata. Il “mining” è quindi il processo che guida l’emissione di nuovi BTC.

– DeFi: abbreviazione di “decentralized finance”, la “finanza decentralizzata” è una forma sperimentale di sistema finanziario che non si basa su intermediari come broker, exchange o banche e utilizza invece gli “smart contract” (letteralmente “contratti intelligenti”), ovvero accordi automatizzati che vengono eseguiti automaticamente su una Blockchain al verificarsi di eventi predeterminati.

– Token e NFT: la parola token potrebbe essere considerata sinonimo del francese “jeton” o dello spagnolo “ficha” e indica un bene digitale che è stato sviluppato all’interno di una Blockchain. Sono spesso usati per attribuire un diritto, come la proprietà di un asset o l’accesso a un servizio. Se tale diritto non può essere assegnato a più di una persona si chiamano NFT, acronimo di “non-fungible token”, che in italiano vuol dire “gettone digitale non replicabile”. Sempre più diffusi tra le celebrities di Hollywood, gli NFT vengono usati per dimostrare di essere gli unici proprietari di un prodotto digitale creato su internet come una GIF, un video, un tweet o un’opera d’arte.

– Altcoin: un acronimo che deriva dalle parole inglesi “alternative” ovvero “alternativa” e “coin” ovvero “moneta” e indica qualsiasi altra criptovaluta diversa da Bitcoin. Una categoria particolare degli altcoin sono i Memecoin, criptovalute che basano il loro valore sulla viralità dei meme a cui fanno riferimento.

– Stablecoin: letteralmente “moneta stabile”, sono asset digitali che godono delle garanzie e delle proprietà tipiche delle criptovalute, ma il cui prezzo è stabilizzato rispetto ad un bene di riferimento come l’oro o il dollaro.

Quanto è sicura la blockchain

Il blockchain è un protocollo talmente sicuro da essere considerato al momento “inespugnabile”. Non a caso le principali banche mondiali hanno deciso di aderire al consorzio R3, specificamente dedicato all’uso della tecnologia blockchain per la gestione delle transazioni finanziarie attraverso il circuito bancario canonico. Il punto di forza del blockchain sta non solo nella sicurezza delle transazioni ma nella gestione delle identità: di fatto non serve un “arbitro” per approvare le operazioni, come invece avviene nel mondo bancario, dove appunto tutte le transazioni devono essere verificate per andare a buon fine. Per questa ragione le banche considerano il blockchain una tecnologia altamente innovativa, in grado di velocizzare milioni di operazioni azzerando di fatto il rischio di errore nell’identificazione dei soggetti che effettuano operazioni e nell’autenticazione degli stessi.

Non da sottovalutare però le evidenze del Mit di Boston, secondo cui aumenta il numero dei “buchi di sicurezza” nelle crittovalute e negli smart contract. Alcuni sono problemi secondari ma altri toccano direttamente il cuore delle tecnologie con le quali sono stati costruiti questi strumenti software peer-to-peer, privi cioè di un ente centrale di garanzia, e basati sulla fiducia del meccanismo crittografico che le rende sulla carta inattaccabili e quindi impossibili da falsificare. Secondo il Mit di Boston, gli hacker avrebbero rubato fino a due miliardi di dollari di crittovalute dagli inizi del 2017 (ma la cifra potrebbe essere più alta, considerando altri furti che non sono stati dichiarati).

Blockchain una minaccia per i notai?

Come tutte le innovazioni che si rispettino anche per il blockchain i benefici fanno il paio con gli svantaggi, in particolare per alcune categorie professionali, notai in primis. Considerati gli “arbitri” per eccellenza, i “certificatori” legali nelle operazioni di compravendita, i notai potrebbero presto perdere questo ruolo, visto che il blockchain consente di verificare la transazione e certificare le identità senza la necessità di mediazione umana. E c’è già chi sostiene che il blockchain starà ai notai come Uber ai tassisti e Airbnb agli albergatori, tanto per citare alcuni dei casi più eclatanti di disintermediazione provocata dal digitale. E proprio Airbnb è fra le più interessate all’adozione del blockchain perché potrebbe gestire in totale autonomia le transazioni senza doversi appoggiare ai circuiti di credito tradizionali.

Con blockchain si risparmia su commissioni e imposte

L’adozione del blockchain potrebbe avere ripercussioni importanti anche da un punto di vista economico. Il modello peer-to-peer potrebbe infatti consentire di eliminare le commissioni sulle carte di credito – visti i mancati costi operativi e gestionali a carico delle società che erogano carte e servizio – e abbattere tutta un’altra serie di oneri, con benefici in particolare sull’utente finale, dagli esercenti ai singoli privati.

Non solo transazioni: la blockchain anche per registrare atti e gestire il copyright

Ci sono aziende hi-tech che stanno già lavorando a servizi a valore aggiunto correlati al blockchain. CoinSpark, azienda di Tel Aviv, punta ad esempio ad aggiungere testi scritti in fase di transazione. Ad esempio si potrebbero aggiungere documenti in caso di compravendite oppure gestire operazioni quali la registrazione di atti o legate al copyright.

Banche alla ricerca di esperti di blockchain

Secondo Santander per le banche l’adozione del blockchain potrebbe consentire un risparmio di costi in infrastrutture stimato in 15-20 miliardi di dollari l’anno entro il 2022. E si tratterebbe di una stima “conservativa”. Non a caso tutti i grandi istituti di credito si sono dotati di esperti per studiare le modalità di adozione della tecnologia. La principale difficoltà è integrare la piattaforma con i sistemi informativi e le tecnologie in uso. Ma soprattutto non è semplice reperire sul mercato esperti informatici che conoscano appieno il funzionamento del sistema bancario anche da un punto di vista delle procedure legali e delle norme che devono essere applicate a tutela del corretto svolgimento di tutte le operazioni e anche della sicurezza e della privacy dei soggetti interessati. Fra l’altro per le banche sarebbe indispensabile potersi affidare a una sorta di help desk in caso di malfunzionamenti o situazioni anomale per evitare blocchi o criticità che possano mettere a repentaglio il corretto funzionamento del flusso delle transazioni. E c’è bisogno anche di esperti di cybersecurity per evitare che attacchi hacker o diffusioni di virus o malware di sorta possano intaccare operatività e servizi. Secondo uno studio di Deloitte le banche stanno diventando sempre più consapevoli della misura in cui la tecnologia Blockchain, adottata all’interno di un sistema economico volatile e fragile come quello attuale, rappresenti un’innovazione capace di stravolgere il settore in maniera rivoluzionaria: il 58% degli operatori intervistati ne è certo. Inoltre, il 37% intravede nell’adozione della nuova piattaforma il volano per la creazione di nuove opportunità e di modelli di business, seguito dal 20% che ne considera i benefici in proporzione ai costi e al 13% che la ritiene una potenziale minaccia con effetti dirompenti per l’intero comparto.

Il consorzio R3: cos’è e chi c’è dentro

Battezzato il 15 settembre 2015 il consorzio R3 riunisce ad oggi I principali istituti di credito mondiali. Nove i fondatori – Barclays, Bbva, Commonwealth Bank of Australia, Credit Suisse, Goldman Sachs, JP Morgan, Royal Bank of Scotland, State Street e Ubs, ma nel giro di pochissimi mesi il parterre si è ampliato e sono 42 gli attuali membri. Unicredit e Intesa Sanpaolo le italiane in campo.

Il progetto italiano BlockchainLab della Fondazione FintechLab

Blockchainlab è il primo progetto di ricerca avviato dalla Fondazione FintechLab e mira alla realizzazione di un centro di eccellenza a livello globale sulle tecnologie blockchain. I finanziatori avranno a disposizione una mappatura aggiornata di tutte le più promettenti tecnologie, le startup impegnate nello sviluppo di soluzioni ad hoc, una lista degli esperti in materia. La Fondazione FintechLab nasce per promuovere l’adozione e lo sviluppo di nuove tecnologie per il mondo della finanza.

La diffusione del Blockchain in Italia

Secondo i dati dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano nel 2018 l’Italia ha saputo conquistarsi un posto di rilievo nel panorama europeo per numero di progetti, con 19 iniziative che hanno potuto contare su un’alta visibilità mediatica e un totale di 150. Il mercato però non è ancora maturo, e può contare su grandi possibilità di sviluppo: da una survey condotta su 61 Chief innovation officer delle grandi imprese italiane emerge che il 59% delle aziende ha avviato sperimentazioni o è in procinto di avviarne, ma gli investimenti sono ancora limitati e il 59% non ha un budget dedicato. Inoltre il 26% del campione dichiara di avere una conoscenza elevata della “catena dei blocchi”, mentre il 31% non sa ancora cosa sia. E se soltanto per il 32% sarà una rivoluzione, appena il 2% dei Cio la considera una priorità. Nella classifica europea l‘Italia si piazza al terzo posto dopo Regno Unito e Germania.

San Marino prima Repubblica Blockchain

Garantire maggiore trasparenza, chiarezza e semplicità sulle norme per le applicazioni della Distributed Ledger Technology. Con questo obiettivo la Repubblica di San Marino ha presentato il nuovo Decreto Delegato Blockchain. Nel momento in cui un ente Blockchain (soggetto giuridico che ha ottenuto un particolare riconoscimento da parte di San Marino Innovation) emetterà strumenti digitali (token) per farli acquistare dagli utenti (la cosiddetta Ito, Initial Token Offering) dovrà sottostare a specifiche regole, alcune comuni a entrambe le categorie di token: whitepaper e nota di sintesi, oltre all’obbligo di effettuare una pubblicità relativa all’offerta di token che sia chiaramente identificabile e che rechi informazioni accurate e non ingannevoli. Qui tutti i dettagli.

Blockchain e smart contracts nel DL Semplificazioni 2019

Il Parlamento italiano ha messo nero su bianco la definizione di Blockchain e Smart contract: le commissioni Affari costituzionali e lavori pubblici del Senato hanno infatti approvato l’emendamento al Dl Semplificazioni che vede come primo firmatario Stefano Patuanelli (M5S) che definisce formalmente le “tecnologie basate su registri distribuiti”, quindi la Blockchain, e gli smart contract. Una volta che il decreto sarà stato convertito in legge l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) avrà 90 giorni di tempo per individuare gli standard tecnici perché i documenti informatici trattati con queste tecnologie possano avere valore giuridico a tutti gli effetti, come previsto dalle norme europee sull’identificazione elettronica. Tutti i dettagli qui.

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