EY

La filiera del vino guarda al blockchain. In nome del made in Italy

EY lancia Wine Blockchain per autocertificare e comunicare qualità e provenienza geografica dei prodotti. In campo anche la startup EzLab

Pubblicato il 13 Apr 2017

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La blockchain guarda alla fliera del vino. EY ha creato in collaborazione con la startup EzLab, “Wine Blockchain EY”, che autocertifica l’intera tracciabilità della filiera di produzione e la trasformazione dei prodotti agricoli (in particolare Bio e Docg), consentendo di certificarne la qualità, la provenienza e la filiera, e valorizzando il lavoro agroalimentare di qualità.

La soluzione “Wine Blockchain EY” costituisce il primo caso di prodotto offerto tramite un “KM-zero virtuale”, ovvero una relazione digitale tra produttore e consumatore finale che, attraverso un’etichetta intelligente posta sulla bottiglia di vino, permette di conoscere il produttore identificato tramite la firma digitale, l’intero processo di coltivazione, produzione e trasformazione del vino, massimizzando la fiducia tra produttore e consumatore finale.

La tecnologia Blockchain, che abilita questa soluzione, è caratterizzata da un database contenente un registro di tutte le transazioni, per cui ogni partecipante può verificare la validità della catena delle transazioni. Attraverso un processo di condivisione in rete di tutte le informazioni connesse al prodotto, il consumatore potrà verificare, in qualsiasi momento e punto vendita, provenienza, caratteristiche organolettiche e l’intera filiera agroalimentare e industriale della bottiglia certificate dal produttore, semplicemente avvicinando il proprio smartphone al QR Code presente sull’etichetta. Sarà possibile conoscere il campo in cui è stato coltivato, le viti utilizzate, ma anche i trattamenti fitofarmaci e agricoli effettuati con tutto i passaggi e metodi produttivi.

Il primo prodotto tracciato e certificato è il vino Falanghina prodotto dalla Cantina Volpone, “dalla vigna alla tavola”. “Wine Blockchain EY”, afferma Luca Grivet Foiaia, Partner EY – permette di creare un registro pubblico e immodificabile collegato alla firma digitale del produttore, mappando ogni singolo processo produttivo e assicurando territorialità, autenticità e qualità del prodotto”.

Nel primo lotto di produzione, interamente tracciato in Blockchain, si è registrato un grande interesse da parte dei consumatori: le consultazioni dell’etichetta Falanghina Volpone sono, infatti, la conferma che il rapporto di fiducia tra il consumatore ed il lavoro agricolo di alta qualità deve essere “coltivato”, protetto e garantito, anche dalla tecnologia.

Questa “carta d’identità” digitale del prodotto è un’opportunità per tutto il settore agroalimentare italiano anche per combattere il dumping nei prezzi creato da prodotti esteri o “falsi italiani” e restituire una modalità di riconoscimento e valorizzazione del made in Italy.

EY fa notare che i’innovazione tecnologica nel settore agroalimentare è di fondamentale importanza per la ricerca di soluzioni che possano supportare la tutela della qualità colturale del Made in Italy e la trasparenza del ciclo produttivo. L’interesse crescente dei consumatori sulla provenienza e sulla modalità di coltivazione dei prodotti che portiamo sulla nostra tavola – il 74% dichiara di essere influenzato nell’acquisto dalla ricerca di informazioni di tracciabilità del prodotto ed il 60% controlla l’etichetta del prodotto – testimonia la necessità di poter disporre di un informazioni affidabili sul prodotto e sulla qualità della produzione accessibili a tutti in modo semplici.

In particolare, il mondo del vino è caratterizzato da aziende italiane che hanno difficoltà a valorizzare verso il cliente finale le caratteristiche di territorialità e genuinità del prodotto italiano, rispetto all’offerta di vini che non hanno la stessa tradizione: difendendo così prezzi e margini (si stimano in ca. 2 Mld €/annui le perdite del settore vinicolo italiano a fronte di fenomeni diversi di contraffazione dei prodotti della nostra filiera). Inoltre nove consumatori su dieci vorrebbero conoscere maggiormente i vini italiani ed i criteri di certificazione d’origine e più del 70% sarebbe disposto a pagare un prezzo più alto se questo fosse garanzia di trasparenza e provenienza.

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