IL VERDETTO

Intel, in standby la multa miliardaria. Corte Ue: “Servono più elementi”

In ballo una sanzione da 1,06 miliardi per abuso di posizione dominante decisa dalla Commissione e confermata nel giudizio di primo grado. Un precedente anche per la maxi-causa di Google

Pubblicato il 06 Set 2017

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Intel non dovrà più sborsare, almeno per il momento, il miliardo di dollari della multa che gli era stata inflitta nel 2009 dall’Antitrust Ue per “abuso di posizione dominante”. Questo grazie al pronunciamento odierno della Corte di Giustizia europea, che ha di fatto ribaltato la sentenza del tribunale Ue, che tre anni fa aveva respinto il ricorso della multinazionale statunitense. Con la decisione di oggi l’Alta corte Ue ha reinviato il dossier al Tribunale, perché siano riesaminate le dichiarazioni difensive di Intel circa la capacità di fissare i prezzi limitando la concorrenza.

Al di là del caso specifico e del blocco della sanzione, la decisione della Corte di Giustizia è molto importante perché potrebbe influenzare le indagini antitrust su Google (cui a luglio è stata inflitta una multa molto più salata, 2,4 miliardi di euro) e Qualcomm, nonché le decisioni di altri regolatori in tutto il mondo.

A motivare la multa della Commissione c’era il fatto che, secondo quanto ricostruito dall’antitrust, la multinazionale Usa avrebbe abusato della sua posizione dominante, tra la fine del 2002 e la fine del 2007, nel mercato dei processori x86, in violazione delle regole di concorrenza dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo. Secondo Bruxelles Intel avrebbe messo in atto una strategia per estromettere dal mercato il concorrente Advanced Micro Devices. L’abuso consisteva in varie misure adottate da Intel nei confronti dei propri clienti tra i produttori di computer e del rivenditore europeo di dispositivi microelettronici Media-Saturn-Holding. Il gruppo, secondo l’accusa, applicava a quattro importanti produttori di computer (Dell, Lenovo, HP e Nec) sconti condizionati al fatto che questi si rifornissero presso lo stesso gruppo Intel per tutto, o quasi tutto, il loro fabbisogno di processori x86. Allo stesso modo, aveva accordato pagamenti a Media-Saturn sottoposti alla condizione che quest’ultima vendesse esclusivamente computer dotati di processori x86 di Intel. Secondo la Commissione, tali sconti e pagamenti hanno garantito la fedeltà dei quattro produttori e di Media-Saturn, riducendo in modo significativo lo spazio per i concorrenti di Intel.

Nel ricorso successivamente respinto, nel 2014, dal Tribunale Ue, la società allora guidata dal Ceo Paul Otellini definiva errata la decisione dell’Antitrust e descriveva un mercato dei microprocessori altamente competitivo e caratterizzato da costante innovazione, performance crescenti e prezzi in calo. Da qui la decisione di ricorrere alla Corte di giustizia, sostenendo che i giudici avevano commesso un errore di diritto non esaminando nel dettaglio gli sconti “controversi”.

Obiezione accolta oggi dalla Corte che ricorda che il Tribunale aveva accettato l’argomentazione della Commissione secondo la quale gli sconti fedeltà concessi da un’impresa in posizione dominante hanno, per loro stessa natura, la capacità di limitare la concorrenza, cosicché non era necessaria un’analisi di tutte le circostanze della fattispecie. La Corte rileva invece che la Commissione aveva condotto un esame approfondito delle fattispecie, e che il Tribunale “era tenuto ad esaminare tutti gli argomenti” formulati da Intel. Il rinvio della causa al Tribunale, così, ha lo scopo di permettere la valutazione della capacità degli sconti di limitare la concorrenza “alla luce degli argomenti addotti da Intel“.

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