L’INTERVENTO

Digital & green, Lagarde: “Serve una svolta kantiana”



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Per la presidente della Bce “bisogna passare a un’azione dall’alto”. Il comitato di esperti francesi propone quattro azioni per accelerare sul mercato unico dei capitali. L’obiettivo è sbloccare il risparmio delle famiglie per finanziare i progetti legati alla twin transition che costeranno mille miliardi all’anno fino al 2030

Pubblicato il 26 apr 2024



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Serve una “svolta kantiana” per integrare effettivamente i mercati dei capitali in Europa per fronteggiare le transizioni digitale e verde e le crisi geopolitiche. Lo ha affermato la presidente della Bce Christine Lagarde ha ribadito, intervenendo brevemente al convegno del ministero delle finanze francesi.

Lagarde ha detto che occorre rovesciare la direzione di marcia seguita finora passando dall’azione “dal basso” all’azione “dall’alto” per imprimere una svolta rapidamente. Già in passato Lagarde aveva chiarito in che cosa consista questo passaggio: per l’unione dei mercati dei capitali ci si è concentrati sullo sviluppo dei mercati dei capitali locali e regionali per superare i limiti dei piccoli contesti nazionali.

Ci sono state modifiche frammentarie alla legislazione per la compensazione e l’informativa sulla sostenibilità agli investimenti al dettaglio e ai fondi di investimento. Ma tale strategia, secondo la Bce, non ha incentivato a costruire un mercato europeo effettivo, non c’è stata armonizzazione in settori decisivi. Uno per tutti: non esistono norme comuni sulla classificazione dei crediti o sulle condizioni per l’avvio delle procedure di insolvenza.

Accelerare sul mercato unico

Intanto, un rapporto del comitato di esperti francesi presentato a Parigi dal ministro dell’economia Bruno Le Maire e dall’ex banchiere centrale Bce Christian Noyer afferma che non si può stare fermi in attesa che si sciolgano tutti i “nodi” che hanno impigliato il progetto di unione dei mercati dei capitali in Europa. Dopo l’apertura da parte dei Ventisette di un percorso per scioglierli, con alcuni obiettivi di fondo ancora avvolti nell’incertezza (è il caso degli aspetti fiscali e in parte anche sulla vigilanza centralizzata come è accaduto per il sistema bancario), il governo francese insiste sulla necessità di accelerare: recentemente ha proposto che un gruppo di paesi “volonterosi” compia dei passi concreti per sperimentare nuove soluzioni.

Quattro le misure proposte: sviluppare prodotti europei di risparmio di lungo termine investiti principalmente in Europa; rilanciare il mercato della cartolarizzazione per sostenere la capacità di prestito delle banche correggendo il quadro regolamentare e prudenziale e predisponendo una piattaforma comune; avanzare verso una supervisione integrata delle attività sui mercati finanziari; più a lungo termine riassorbire la frammentazione del sistema di regolamento delle transazioni. L’obiettivo è sbloccare il risparmio finanziario delle famiglie, che nella Ue vale 35 mila miliardi di euro, di cui circa 10 mila in depositi bancari, per finanziare in parte i progetti Ue (verdi e digitali innanzitutto) che costeranno mille miliardi ogni anno fino al 2030 cui si aggiungono le spese per la difesa. L’Europa ha un tasso di risparmio tra i più elevati al mondo, 13,3%.

Timori diffusi in Europa

Lo sforzo francese di accelerare l’azione politica per far uscire dal pantano la prospettiva di un effettivo mercato unico europeo dei capitali non rientra solo nella volontà di giocare a un livello più alto la partita nella Ue esclusivamente a fini elettorali (le europee a giugno e le presidenziali nel 2027). Risponde a una necessità che ormai non viene disconosciuta da alcuno in Europa, paradossalmente anche da chi è meno disposto – o non disposto – a cedere pezzi importanti di sovranità nazionale in materia di vigilanza dei mercati e soprattutto di mettere in discussione la competizione fiscale tra gli Stati. Paesi che guardano con timore una effettiva unione dei mercati dei capitali sono Irlanda, Lussemburgo, Malta; qualche preoccupazione c’è a Est. In Germania, però, il cancelliere tedesco Olaf Scholz è apparso all’ultimo Consiglio europeo a Bruxelles più incline a darsi da fare per un “grande scatto” nonostante i liberali della coalizione di governo (ministri delle finanze e della giustizia) si mettano di traverso.

Da tempo Bce, Fondo monetario internazionale, Eurogruppo e ultimamente anche i capi di stato e di governo, questi ultimi pur in una forma ancora vaga e tutta da approfondire su aspetti importanti, dicono di voler procedere in quella direzione sotto l’impellente necessità di reperire una massa enorme di fondi (800 miliardi all’anno per molti anni) per finanziare la doppia transizione (verde e digitale), la difesa, i progetti industriali che dovrebbero rendere la Ue meno strategicamente dipendente. Fondi che né gli stati, già abbondantemente indebitati né le banche con le loro classiche attività di prestito sono in grado di fornire.

Una partita politica

La partita è eminentemente politica non solo tecnica. Mentre il ministro dell’economia francese Le Maire presentava il rapporto degli esperti francesi sull’integrazione dei mercati dei capitali, il presidente Emmanuel Macron alla Sorbona rilanciava una serie di idee per arricchire il “grande salto”: ampliare il mandato della Bce a un obiettivo di crescita o anche un obiettivo di decarbonizzazione (mezzo tabù in Europa); uno choc di investimenti comuni raddoppiando la capacità di intervento finanziario della Ue; debito comune. E l’indicazione che entro un anno bisogna definire il progetto di completamento dell’unione del mercato dei capitali. Per avere dei risultati sul regime unico di vigilanza dei mercati finanziari e sul lancio di un prodotto di risparmio comune entro il 2027, precisa il ministro delle finanze Le Maire.

Se si vuole lanciare un prodotto comune europeo di risparmio occorrerà avvicinare se non livellare il trattamento fiscale dei redditi di natura finanziaria. Questa è materia delicatissima sulla quale, infatti, nella Ue si decide solo all’unanimità. Così come, se si vuole utilizzare il risparmio degli europei immobilizzato per sostenere redditi pensionistici o che “dorme” in banca (un terzo circa dei 35 mila miliardi di euro, indica Le Maire) attraverso mercati finanziari più robusti, “spessi”, l’accesso ai quali viene facilitato e incentivato, con l’obiettivo di finanziare i progetti strategici europei (difesa e autonomia industriale comprese) occorrerà avere un quadro comune per l’insolvenza delle società, rilanciare il mercato comune della cartolarizzazione. E, soprattutto, avere una vigilanza unica effettiva dei mercati dei capitali. Ripartendo dall’alto e non proseguire nel lento aggiustamento tecnico dal basso.

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