LO SCENARIO

L’intelligenza artificiale e il paradosso idrico: migliaia di soluzioni anti-sprechi ma consumi record per i data center



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In Italia oltre 150.000 le applicazioni tecnologiche per il monitoraggio e la gestione dell’acqua, 110.000 per l’irrigazione virtuosa. Ma le big tech consumano oltre 2 miliardi di metri cubi di acqua dolce per il raffreddamento a liquido delle infrastrutture ed entro tre anni si salirà fra 4,2 e 6,6 miliardi. La fotografia scattata dall’Osservatorio Proger

Pubblicato il 20 giu 2024



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Sono oltre 150.000 le applicazioni tecnologiche, inclusi software di intelligenza artificiale, presenti in Italia per il monitoraggio e la gestione dell’acqua. Un boom in costante crescita che vede in testa il comparto agricolo con 110.000 aziende, l’avanguardia più performante su un totale nazionale di 1.130.000 aziende agricole che consumano oltre il 50% della domanda totale di acqua del paese. L’utilizzo di tecnologie di “agricoltura 4.0”, di irrigazione “a goccia”, “di precisione”, “idroponica”, “verticale”, consente un abbattimento dei costi e risparmio di acqua fino al 70%.

Eppure, anche con questi strumenti a disposizione, nel Belpaese vige un vero e proprio “paradosso idrico”: le nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale, consumano infatti moltissima acqua per il raffreddamento delle unità di elaborazione dei dati. Nel 2022 le aziende tecnologiche globali top – Google, Microsoft e Meta – hanno prelevato e consumato oltre 2 miliardi di metri cubi di acqua dolce. E fra 3 anni si stima che la domanda di AI generativa richiederà prelievi tra 4,2 e 6,6 miliardi di metri cubi. Non è però una condanna irreversibile, visto che già si iniziano ad applicare tecnologie di raffreddamento ad alta efficienza e ridotto consumo di acqua.

A scattare questa fotografia è “Water Intelligence”, primo report nazionale sull’innovazione tecnologica e digitalizzazione a tutto campo nella gestione del ciclo dell’acqua. Presentata dall’Osservatorio Proger, società di ingegneria multidisciplinare, l’indagine si pone anche come spunto di riflessione sull’assoluta necessità di un “Piano nazionale integrato per la sicurezza idrica e idrogeologica”.

I due lati della medaglia: eccesso e scarsità di acqua

L’Italia, che ha attraversato negli ultimi 20 anni 9 gravi fasi di siccità con costi complessivi per circa 30 miliardi di euro, deve la sua vulnerabilità idrica soprattutto all’assenza o alla carenza cronica di infrastrutture idriche primarie e, soprattutto, di una gestione programmata e condivisa per lo stoccaggio, la distribuzione e il riuso dell’acqua. Perché, sebbene l’Italia sia dotata di abbondante acqua dolce teoricamente prelevabile (140 miliardi di mc), questa generosa condizione naturale non si traduce in altrettanta abbondanza nella disponibilità della risorsa. Gli scenari climatici sviluppati dai centri scientifici confermano che eccesso e scarsità di acqua convivono e sono due lati della medaglia con cui l’Italia deve fare i conti. I fenomeni meteorologici estremi si combinano con l’insufficienza e vetustà delle infrastrutture idriche, concepite sulle necessità degli anni ‘50 e non resilienti ai cambiamenti climatici.

Il risultato è che tra i 27 paesi dell’Unione Europea è l’Italia che preleva più acqua potabile di tutti, ma è anche in testa nelle perdite lungo i circa 400.000 km di rete del Sistema Idrico Integrato: dei 9,1 miliardi di mc immessi ogni anno, ne arrivano a destinazione solo 4,6 mld di mc. In aggiunta a una rete colabrodo, c’è una bassa attenzione al risparmio idrico anche nel settore manifatturiero, che assorbe circa un quinto degli usi finali (21%).

Chimico, tessile e carta i settori più idro-esigenti

Emblematico il rapporto tra il volume d’acqua utilizzata e il valore aggiunto realizzato da ogni singolo settore, espresso dall’indicatore Water Use Intensity Indicator: in Italia si utilizzano in media circa 13 litri di acqua per euro di valore aggiunto realizzato. Chimico, tessile e carta in testa tra i settori più idro-esigenti. Nell’ambito industriale sarebbe fondamentale un maggiore utilizzo di acqua depurata, riducendo così la necessità di acqua di falda o di sorgente. Tanto più che l’Italia versa 60 milioni l’anno come sanzione all’Ue per effetto di diverse infrazioni in materia di infrastrutture idriche, tra cui la mancanza di sistemi di depurazione e filtraggio delle acque reflue, sia in ambito agricolo che industriale, e il loro riuso, anche in ambito civile.

Negli ultimi 20 anni lo Stato ha investito tra l’1 e il 2% della spesa pubblica nazionale, quasi zero rispetto ad altri settori di servizi a rete. Questa irrilevanza viene confermata anche nel Pnrr con investimenti pari a 4,3 miliardi di euro sul totale di 238 miliardi. Nella captazione, stoccaggio, distribuzione, uso e riciclo dell’oro blu, l’economia delle acque si distingue come uno dei settori più permeabili e promettenti nell’adozione di applicazioni digitali e di intelligenza artificiale generativa. Le aziende più performanti hanno sviluppato percorsi digitalizzati per impostare sistemi di controllo avanzato e a distanza, piattaforme di gestione integrate con sistemi informatici, sensoristica, topografica di precisione con laser scanner e georadar.

Il ruolo delle tecnologie avanzate

Le tecnologie disponibili sono spesso frutto della ricerca Made in Italy e dei nostri enti scientifici, a partire da Ispra, Cnr, Enea e Copernicus, e permettono agli operatori di poter anticipare e affrontare ogni fase ordinaria e di gestione dell’emergenza, grazie a sistemi satellitari e di monitoraggio basati su sensori, IoT e IA per il controllo dei deflussi e delle quantità delle acque sotterranee e superficiali; consentono la gestione di circa 500.000 km di reti idriche e 1 milione di km di reti fognarie, con tratti “intelligenti” con controlli in real time dei consumi, tramite smart metering in grado di offrire una conoscenza dettagliata delle condizioni della rete; supportano i trattamenti di depurazione delle acque reflue e i sistemi di raccolta di acqua piovana per usi industriali e urbani, garantendo la massima qualità e riducendo l’impatto ambientale.

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