Copyright, Dècina: “Tutelati gli utenti e salvaguardati i provider”

Il commissario Agcom spiega al Corriere delle Comunicazioni obiettivi e contenuti del nuovo provvedimento sul diritto d’autore: “Lo scopo non è colpire i pirati ma avviare una riforma complessiva del mercato dei contenuti digitali”

Pubblicato il 26 Lug 2013

“Non imporremo ai provider Internet di bloccare gli indirizzi Ip dei siti pirata, né tantomeno imporremo loro di usare sistemi Dpi (deep packet inspection) che analizzano il traffico degli utenti”. Maurizio Dècina, commissario Agcom, commenta così la delibera di ieri sul copyright . “Siamo stati attenti a tutelare i diritti degli utenti di Internet e la libertà della rete, stabilendo norme che non gravano sulla gestione dei provider”.

Obiettivo piuttosto ambizioso. La delibera del precedente consiglio dell’Agcom è stata accusata appunto di queste due cose. Di imporre ai provider procedure costose e complicate e di instaurare una forma di censura in rete.

Sì, ma la nostra delibera è diversamente articolata. Se un detentore di copyright ci segnala che su un sito c’è un’opera pirata, avviamo un procedimento. Per i siti di pirateria massiva, che sono oggetto di priorità, questo durerà dieci giorni, mentre ne servono 45 per tutti gli altri. Alla fine del procedimento, se verifichiamo che c’è violazione di copyright, chiediamo al titolare della pagina web di rimuovere l’opera pirata.

E se non ottempera?

Se la pagina è ospitata da un hosting provider italiano, possiamo chiedere a quest’ultimo di porre fine alla violazione. Se è ospitata da un provider straniero, dobbiamo chiedere ai provider Internet italiani di disabilitare l’accesso dei propri utenti al sito web che la ospita.

Ecco, appunto. Come farlo nei rispetto dei diritti di provider e utenti?

Primo, non imporremo ai provider nazionali di bloccare l’indirizzo ip del sito estero, cosa che equivale a impedire una comunicazione e potrebbe equipararsi a censura. I provider potranno agire alterando i sistemi Dns (domain name server). Inoltre, non sarà loro imposta la rimozione selettiva dei contenuti pirata. Cosa che richiede l’uso, lesivo della privacy, di dispositivi Dpi, peraltro costosi da acquistare e da gestire per un provider.

Alcuni sostenitori dei diritti della rete, tra cui l’avvocato Fulvio Sarzana e l’ex parlamentare Vincenzo Vita, affermano però che la nuova delibera è simile alla precedente per un punto: dà ad Agcom un potere che giuridicamente non le spetterebbe e che starebbe solo alla magistratura: ordinare l’oscuramento dei siti e la rimozione di contenuti su servizi hosting italiani; ottenere da questi il nome del titolare della pagina.

Che Agcom sia titolata o no a eseguire questi compiti che finora sono stati svolti dalla magistratura è una questione su cui non ho competenza specifica a rispondere e devo affidarmi ai giuristi. Quelli di Agcom sostengono di si, ma conosco anche le argomentazioni contrarie di altri giuristi. Posso fare solo un paio di commenti specifici. In primo luogo, opinione da ingegnere, l’alterazione dei sistemi Dns, a differenza del blocco dell’indirizzo Ip, non comporta intercettazione e blocco di comunicazioni in atto tra client e web server, in quanto non si crea alcun pacchetto Ip con gli indirizzi del mittente e del ricevente e non si stabilisce alcuna comunicazione in rete.

Nella delibera poi vengono distinti i titolari di pagine web (page owner) dai proprietari dei siti, in quanto un sito può essere condiviso da una miriade di titolari. Un tipico errore (in cui può incorrere anche la magistratura) è quello di ordinare il blocco dell’indirizzo Ip di un sito web, anche se una sola pagina riporta violazioni di copyright, commettendo grave violazione della libertà di espressione degli altri titolari. D’altra parte, il titolare della pagina web è l’attore principale per la realizzazione dei comportamenti virtuosi di autoregolamentazione in rete, a cui, insieme all’educazione dei navigatori all’uso legale, la società civile deve inesorabilmente tendere per risolvere il problema del copyright in rete, aldilà della repressione.

Inoltre, segnalo un significativo “plus” per Agcom: la trasparenza e il Comitato tecnico. Agcom dovrà dare tempestiva (giorni o settimane, e non mesi, semestri o anni) visibilità sul web delle proprie attività in merito al diritto d’autore, ed è un soggetto preciso e localizzato, contro cui qualunque cittadino può protestare direttamente. Comunque, sono sempre stato convinto che la soluzione migliore è che il Parlamento vari una legge sul copyright in rete che possa confermare e sostenere la competenza di Agcom nel dare ordini a Internet e hosting provider. Segnalo poi che questa delibera sul copyright è in consultazione, può recepire miglioramenti e l’iter di approvazione è lungo: tempo per una legge che tarda da tanto tempo, forse, ci sarebbe pure.

Perché?

Dopo i 60 giorni di consultazione pubblica e le interlocuzioni di rito con Bruxelles, il procedimento continua fino alla delibera finale, mentre per l’entrata in vigore del nuovo regime sul diritto d’autore passeranno alcuni mesi, necessari per organizzare e mettere a punto tutti gli aspetti relativi all’esecuzione della delibera. Si arriverà a primavera 2014. C’è tempo dunque. E anche dopo, il Comitato tecnico servirà per garantire equilibrio tra gli interessi di tutti gli stakeholder e potrà anche incidere sugli aggiornamenti del regolamento.

Ribadisco: lo scopo della delibera non è tanto colpire i pirati, quanto avviare una riforma complessiva del mercato dei contenuti digitali in Italia. Per questo motivo, il Comitato tecnico serve a varare soluzioni per sviluppare il mercato legale dei prodotti audiovisivi ed editoriali digitali, nonché per promuovere modelli di autoregolamentazione ed educare i navigatori all’uso legale.

In che modo?

Faccio un esempio; tra le priorità c’è la promozione dei modelli di autoregolamentazione che dovranno essere adottati dai titolari delle pagine web, ispirandosi sia al modello di Google per Youtube – e cioè il titolare riceve una segnalazione di violazione e, autonomamente, verifica e effettua la rimozione – sia al modello detto “follow the money”. In questo modello il page owner, che ospita a scopo di lucro opere digitali che violano il diritto di autore, è soggetto al blocco dei pagamenti sia della pubblicità online sia degli abbonati che scaricano opere illegali. Il blocco è effettuato volontariamente dai diversi protagonisti della filiera: intermediari di pubblicità e di pagamenti.

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