PUNTI DI VISTA

Scano: Web Tax, intervenga il governo

Il presidente di Iwa Italy: far slittare l’adozione al 2015 consentirebbe di prendere tempo e decidere meglio il da farsi. La nuova legge rischia di dare un duro colpo all’economia italiana

Pubblicato il 27 Dic 2013

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Il tema della Web tax, nome errato per identificare la adv tax, ossia una tassazione sulle pubblicità nel Web (che comprende quindi qualsiasi forma promozionale in rete), è particolarmente caldo in questo periodo. Da una parte abbiamo l’ideatore Francesco Boccia (PD) che la ritiene perfetta (a mio avviso peccando di eccessiva presunzione), supportato da uno sparuto gruppo di imprenditori e non, dall’altra gran parte dei player italiani della rete e del settore Ict, tra cui Confindustria Digitale, oltre all’associazione dei professionisti del Web che rappresento.

Molti esperti hanno già fatto notare le incongruenze di una norma procreata male e nata peggio, in particolare per l’assurda imposizione di applicazione a qualsiasi contenuto sia visualizzabile sul Web in Italia, rendendo quindi impositivo l’obbligo di acquistare pubblicità da società dotate di partita iva italiana anche da parte di società straniere che vogliono promozionare attività nel loro territorio e comunque senza specifico target italiano. Già questa ultima criticità dovrebbe far rizzare i capelli all’Europa (e non solo), la quale si è già informalmente espressa in materia facendo notare la dubbia validità e legalità della norma. La norma comunque è passata, in quanto furbescamente inserita nella legge di Stabilità a cui è stata posta per due volte la fiducia. In queste condizioni sarebbe passata pure una norma per il taglio obbligatorio dei capelli a tutti gli italiani, quindi l’approvazione non significa bontà della norma, al contrario di quanto afferma Boccia.

Anche i principali player politici e “colleghi” del medesimo partito politico del proponente hanno preso le distanze, al punto di far approvare un ordine del giorno degli on. Lorenza Bonaccorsi e Paolo Coppola in cui il governo si impegna a notificare quanto prima la norma alla commissione europea come previsto da direttiva 98/34/CE e ad intraprendere ogni iniziativa urgente utile a evitare che la norma introdotta procuri un danno anche solo indiretto allo sviluppo dell’economia digitale nel nostro paese, eventualmente anche sospendendo gli effetti della norma introdotta. Lo stesso Matteo Renzi a “Che tempo che fa” è stato ben chiaro: la webtax è “contraria alla normativa europea mentre internet dà lavoro e noi dobbiamo creare le condizioni affinché questo avvenga”. Insomma, in altre parole, è chiaro che c’è una volontà politica di sospendere tale norma quantomeno in attesa di chiarimenti da parte dell’Unione Europea, rendendo di fatto inapplicabile l’obbligo dal 1 gennaio 2014. Su questo Antonio Palmieri (FI) ha già proposto l’idea di un emendamento al decreto legge Destinazione Italia per rimuovere completamente la Webtax: ottima iniziativa che spero avrà seguito. Nell’attesa però, è necessario intervenire immediatamente, tra oggi e il 31 dicembre 2013.

Chi può intervenire è senz’altro il governo, inserendo in un prossimo decreto legge la sospensione della Webtax semplicemente modificando il comma di legge aggiungendo le parole “Dal 1 gennaio 2015”, dando così ossigeno ai cervelli per ragionare meglio sul tema. Si tratta di un’azione da fare subito, adesso, senza se e senza ma, proprio per garantire innanzitutto la continuità operativa delle aziende italiane che operano quotidianamente nel Web e che tramite Web ottengono visibilità e possono reggere la competitività all’estero, e dall’altra per non bloccare l’attività amministrativa.

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