Agenda digitale, Reda: “Riforma copyright e Iva comune priorità Ue”

L’europarlamentare tedesca del Partito Pirata a CorCom: “Le attuali leggi sul diritto d’autore non sono al passo coi tempi: bisogna innovare”. E sull’aliquota dice: “Serve una tassa comune per combattere l’elusione fiscale delle tech company”

Pubblicato il 08 Gen 2015

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La riforma del copyright deve essere la priorità d’azione per l’Europa. Ne è convinta l’europarlamentare tedesca del Partito Pirata, Julia Reda, classe 1986, che in un’intervista a CorCom elenca quelli che a suo avviso dovrebbero essere i temi centrali che la nuoca Commissione europea dovrebbe affrontare.

Perché considera la riforma del copyright prioritaria?

Il copyright sta per diventare completamente obsoleto, in quanto le attuali leggi sul copyright sono troppo complicate, frammentate ed è difficile persino rispettarle, se non lo rendiamo adeguato all’era digitale non possiamo proteggere i diritti degli utenti. Abbiamo anche bisogno di concludere con urgenza i progressi compiuti nel Parlamento europeo nell’ultima legislatura e fare in modo che i governi nazionali, infine, possano adottare le norme sulla protezione dei dati e la neutralità della rete. Questi sono i temi centrali: la protezione dei diritti fondamentali e mantenere Internet un’infrastruttura aperta che possa permettere alle persone di scambiare conoscenze ed essere ascoltati.

Con la nuova Commissione europea la responsabilità dell’Agenda digitale è stata divisa tra più commissari. È meglio avere più persone sui temi dell’agenda digitale o potrebbe essere dispersivo?

La nuova struttura della Commissione con il suo ruolo rafforzato per vicepresidenti è più simile a quella di un governo, credo sia un buon passo verso una maggiore responsabilità politica della Commissione. Dedicare uno dei vice-presidenze al Digitale nella sua totalità riconosce l’importanza di Internet per tutti i settori della società. Ovviamente dovremo vedere nella pratica se il vicepresidente Ansip sarà effettivamente in grado di guidare il lavoro del suo Commissario Oettinger sul digitale. Si deve anche tener conto del fatto che i nuovi “Commissari digitali” hanno guadagnato alcuni nuovi importanti competenze che prima erano di competenza di altri dipartimenti, in particolare sui diritti d’autore.

L’Agenda Digitale nasce nel 2010 per dare a tutti i paesi membri obiettivi da raggiungere entro un certo tempo. Crede ancora che quegli obiettivi siano ancora validi?

Se guardiamo al lentissimo roll-out di Internet a banda larga in alcuni Stati membri o la difficoltà di ottenere la regolamentazione della protezione dei dati e il nuovo pacchetto telecomunicazioni con la sua importante legge sulla neutralità della rete e l’abolizione delle tariffe di roaming attraverso il Consiglio, risulta evidente che molti Stati membri non hanno ancora preso in seria considerazione il tema del digitale. Alla fine anche le istituzioni dell’Ue dipendono dalla cooperazione degli Stati membri, quale che sia lo slogan o la strategia a livello europeo da sola l’Europa non ce la farà. Abbiamo bisogno di riprendere la discussione con gli Stati membri e ottenere una maggiore trasparenza di ciò che viene discusso in Consiglio, in modo che le persone che si occupano di problemi digitali possano poi a loro volta fare più pressione sul loro governo nazionale per non bloccare norme Ue che sono nell’interesse di tutti noi.

Restando sulla questione di come ogni singolo paese agisce o regolamenta i temi del digitale, in Italia abbiamo più volte tentato di legiferare sulla cosiddetta “web Tax”; in Inghilterra invece hanno appena adottato una nuova legge sul tema. Manca il coordinamento…

Non conosco le varie forme di imposizione adottate a livello nazionale, ma a livello Europeo c’è stato un recente cambiamento nel calcolo per l’imposta sul valore aggiunto, generalmente questa era dipendente dalla sede della società. Le nuove regole Ue dicono che invece va applicata l’aliquota Iva del paese dove risiede il cliente. Il problema che l’Ue stava cercando di risolvere è questo – le grandi imprese hanno la loro sede europea nei Paesi con l’Iva più bassa, eludendo così le tasse più alte, indirettamente è come se e chiedessero agli altri Stati membri di ridurre ulteriormente le tasse. Questo è ovviamente dannoso. Tuttavia, le nuove norme Iva sono un cattivo compromesso, in quanto hanno scaricato sulle aziende l’onere di calcolo 28 diverse aliquote Iva nazionali e di dover scoprire l’esatta posizione dei clienti online. Così facendo un sacco di piccole imprese on-line avrà problemi a rispettare queste nuove regole. Ciò di cui abbiamo veramente bisogno, per completare il mercato unico digitale, è maggiore armonizzazione fiscale, ad esempio un’aliquota Iva comune europea. Questa è anche la risposta ai complessi schemi di evasione fiscale rivelate nei LuxLeaks, che dipendono dalla combinazione della specificità delle molte leggi fiscali nazionali diverse.

Lei ha consigliato al vicepresidente Andrus Ansip, con delega al Mercato Unico digitale, di dialogare su Twitter con i cittadini europeo su Twitter con l’hastag #AskAnsip. Da dove nasce l’idea?

La Commissione europea redige leggi per conto di 500 milioni di persone, è necessario quindi che i Commissari abbiano la responsabilità di entrare in contatto diretto con le comunità che sono più colpite dalle loro decisioni. In questo senso, sono lieta che il vicepresidente per gli affari digitali Andrus Ansip abbia accettato il mio suggerimento di rispondere alle domande degli utenti di Internet direttamente. Facendo questa “udienza online” su Twitter è stato probabilmente il modo migliore per ottenere rapidamente un primo punto di vista, prima del voto del Parlamento europeo sulla nuova Commissione, ma aveva lo svantaggio di non permettere risposte molto dettagliate. Ansip mi ha detto che gli sarebbe piaciuto fare in futuro altre audizioni online, magari su un’altra piattaforma e intorno a un argomento specifico, al fine di permettere una discussione più approfondita e la possibilità di dare seguito alle domande più interessanti.

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