IL CASO

Diritto all’oblio, è scontro “territoriale” tra Google e l’Europa

A un anno dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue che ha sancito il diritto, per i cittadini europei, di chiedere la rimozione di link considerati lesivi per la propria reputazione, l’azienda di Mountain View solleva la questione della “residenza” dei dati. La versione .com risponde alle regole Ue o a quelle americane?

Pubblicato il 13 Mag 2015

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Il diritto all’oblio continua a creare attriti tra Google e l’Europa. In seguito alla sentenza della Corte di Giustizia europea di un anno fa, che ha sancito il diritto per i cittadini europei di chiedere a Google (e agli altri motori di ricerca) la rimozione dai risultati di ricerca di link che li riguardassero e non fossero più rilevanti, il colosso californiano ha istituito un sistema per adeguarsi a quanto imposto dalla Corte Ue e ha già rimosso centinaia di migliaia di link. Tuttavia la questione è lungi dall’essere risolta, perché Google discute sulla portata “territoriale” della decisione di Bruxelles e su questo punto potrebbe aprirsi anche una nuova battaglia legale.

Il nodo è se Google debba essere costretta a rimuovere i link che ha acconsentito a eliminare dai suoi vari siti in Europa anche dal sito globale o da altre versioni nazionali extra-Ue. Dopo la sentenza della Corte europea gli executive di Mountain View hanno ripetuto più volte che dal loro punto di vista Google è chiamata a rimuovere i link solo dalle versioni europee del motore di ricerca, come google.it, google.es, google.de, google.fr, ecc., ma non da google.com. I top manager di Google ritengono che la sentenza europea debba valere solo per l’Ue e non vuole creare quello che considerano un pericoloso precedente per cui una sola regione del mondo detta regole che valgono per Internet a livello globale.

Da parte loro i regolatori europei sostengono che – pur se soddisfatti dall’attenta cooperazione di Google con quanto deciso sul diritto all’oblio – l’azienda sta cercando di minare l’applicazione della sentenza e del diritto stesso proprio perché non rimuove i link su scala globale. Ciò rende fin troppo facile confrontare le ricerche su una data persone fatte su una delle versioni europee del motore di ricerca con quelle effettuate su google.com: ciò che eventualmente è scomparso in Ue riappare nel sito globale.

L’organismo pan-europeo che riunisce i vari Garanti Privacy dell’Ue ha pubblicato un’opinione lo scorso autunno secondo cui Google dovrebbe rimuovere i link in tutto il mondo e il capo del regolatore francese per la protezione dei dati Cnil, Isabelle Falque-Pierrotin, ha detto che potrebbe emanare una richiesta formale di compliance contro Google se continua a non eliminare i link in tutto il mondo.

Tale mossa da parte della Francia potrebbe protrarre e inasprire il braccio di ferro tra Google e le autorità europee: se Google non rispetterà l’ordine, infatti, il Cnil potrebbe procedere con delle sanzioni e Google a quel punto avrebbe il diritto di contestare in tribunale sia la decisione di imporre le multe che quella di ingiungere la compliance globale.

Esiste anche la possibilità di un compromesso, ha tuttavia chiarito Johannes Caspar, capo del regolatore sulla data protection ad Amburgo: pur sottolineando che la questione territoriale è una richiesta irrinunciabile, si potrebbe trovare un sistema in cui Google usa la geolocalizzione per rimuovere i link da google.com solo per le richieste condotte dall’interno dell’Ue. Chi accede a google.com da Roma, Parigi, Berlino o Londra non vedrà più i link eliminati; se lo fa, per esempio, da New York o Toronto, potrà ancora vederli.

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