E-Health

I big data? Fanno bene alla salute pubblica

Con l’elaborazione delle informazioni ricavate dai pazienti si potrà arrivare a profilazioni delle diagnostiche e terapie personalizzate per un servizio più efficace e finanziariamente sostenibile. L’approfondimento di Isimm-ricerca

Pubblicato il 18 Mag 2016

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Isimm – Ricerca ha promosso il 16/5 presso il Ministero della Sanità un approfondimento del tema Salute & big data. Massimo Casciello (Dg digitalizzazione Ministero della salute) ha introdotto i lavori, Giuseppe Greco (Isimm ricerche) ha moderato il dibattito cui hanno dato il proprio contributo di esperienza professionale e di studio: Claudio Bassoli (vice president Hp Enterprise Italia), Alessandro Campana (Accenture sanità), Gregorio Cosentino (Osservatorio Aica Competenze Digitali in Sanità), Andrea De Martino (Fisico-Genetista Università La Sapienza), Antonio Giorgi (Data Scientist), Loredana Mancini (Business-e progetto VisiOn) Luca Mazzarella (IEO Milano), Walter Ricciardi (Presidente Istituto Superiore di Sanità), Enrico Salvatori.

I big data fanno bene alla salute, potrebbe esser il motto che accomuna i diversi contributi, ma alcuni interventi hanno posto un’attenzione critica ad aspetti che sono il sale del tema. Ricciardi ha ricordato che la sanità fornisce in questi anni risultati straordinari per effetto dello sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie a disposizione delle terapie, frutto di un lavoro sempre più complesso e dai profili di responsabilità sempre più incisivi. Ma questi successi sono anche formidabili fattori di destabilizzazione degli equilibri finanziari dei bilanci pubblici della sanità, poiché comportano invecchiamento e correlato aumento delle terapie per assistito, e comportano spese crescenti di materiali e di personale nonché coperture assicurative crescenti (su entrambi i lati, quello dei medici e delle Asl e quello dei malati).

Se le opportunità offerte dai big data si tradurranno in profilazioni delle diagnostiche e delle terapie personalizzate potranno dare un contributo a rendere il “servizio salute” più efficace e più sostenibile anche sotto il profilo finanziario.

Ma in Italia c’è molta strada da fare se solo il 9% delle cartelle cliniche è digitalizzato, ha ricordato Bassoli; mentre Cosentino ha richiamato l’importanza della preparazione professionale e culturale, sia riferita agli aspetti scientifico-tecnologici, sia a quelli organizzativi, che il passaggio al digitale richiede per poter esplicare il suo impatto positivo sui costi e alla qualità del servizio. Negli altri paesi e non solo in Italia, come ricorda la letteratura che richiamiamo alla fine di questa nota, il tema etico e gli strumenti di ricerca per utilizzare i big data sono lungi dall’essere consolidati, checché ne dicano gli evangelizzatori da “megastore dei big data” che si esibiscono nella litania delle lettere greche che fanno da prefisso ai byte per esprimerne il logaritmo in base 1000.

Gli interventi di De Martino, Mazzarella e Mancini hanno illuminato alcuni degli scaffali che il megastore dei big data preferisce trascurare dietro promesse sempre più rutilanti: privacy, etica, capacità di porre le domande ai dati, capacità di modellizzarli.

De Martino ha insistito sulla carenza di competenze di alto livello per guidare l’analisi dei dati e trovare chiavi di lettura di evidenze empiriche che vanno costruite, analizzate e interpretate secondo protocolli di ricerca e applicando strumenti statistici che la grande quantità di dati rende più complessi nella applicazione e non più semplici.

E Mazzaralla ha aggiunto che i grandi dati continuano a porre la stessa domanda, che ponevano i set dei dati sperimentali che i ricercatori si ponevano nell’ideare gli esperimenti della scienza classica: che cosa sto cercando? E negli anni in cui la medicina si è sviluppata come scienza protesa alla ricerca della precisione crescente, questa domanda è più difficile e non più facile da formulare. Mancini ha richiamato l’attenzione sulle esigenze della privacy, che vanno tutelate anche in ambienti difficili come l’internet delle cose o nei processi di acquisizione dati per supervisione e controllo (Scada) che si applicano negli ospedali per la gestione dei dosaggi e delle assunzioni terapeutiche.

Questi richiami incontrano le più recenti riflessioni critiche espresse a livello internazionale. Al di là della discussione su ciò che qualifica i big data rispetto ai tradizionali processi di storage ed elaborazione dei dati (la scuola VVV o V3 volume/velocità/varietà piuttosto che la scuola VVVV o V4 che aggiunge il valore alle altre tre v), le possibilità aperte dalla epidemiologia digitale (o DDD – Digital Desease Detection) sollevano questioni di privacy e di etica. D’altra parte, l’economia della sanità e la ricerca sui risultati a sostegno della possibilità di sfruttare le opportunità offerte dai big data nella sanità, non offrono ancora evidenze sufficienti e vagliate dalla letteratura scientifica. Quando nel 2013 Google Flu Trends ha sovrastimato la diffusione dell’influenza negli Stati Uniti si sono avviate riflessioni non solo sulla semantica, ossia sui termini usati come proxy dai navigatori, diversi da quelli di coloro che hanno sviluppato gli algoritmi, ma anche sulla questione etica e politica. La diffusione di informazioni sensibili rispetto alla capacità che hanno di diffondere comportamenti che possono mettere, sia pur involontariamente, a rischio la sicurezza dei cittadini è un diritto che va riconosciuto a un soggetto privato?

Questa è la necessità: che il tema dei big data in sanità superi i toni del dibattito degli evangelizzatori ed entri in un dibattito tecnico scientifico realistico e competente, che esamini le questioni in una prospettiva critica. Lo conferma la più recente rassegna della letteratura1 scientifica: “Si dovrà essere sicuri che i big data forniscano più valore e non più rumore. La disponibilità di dati più complessi, non ci deve far dimenticare l’importanza che ha il programma di ricerca e l’interpretazione appropriata dei risultati. Non possiamo supporre che disporre di più dati significhi necessariamente disporre di più conoscenza. In effetti, al crescere della disponibilità di occorre sempre preoccuparsi della misurazione, dei pregiudizi, e degli errori rilevanti per l’analisi empirica e per l’interpretazione. Dovremmo tenere a mente gli spunti offerti nel commento di William Crown2 sulla specificazione del modello e dei big data, compreso il suo punto che una maggiore disponibilità di dati non riduce necessariamente il bias. E ‘anche importante tenere a mente punti di forza, debolezza, opportunità e minacce discussi da Brendan Collins”3.

La mappa delle questioni che si pongono per lavorare in modo serio sulle applicazioni dei big data alla salute, è rappresentata in questa eccellente tabella.

Mappa delle questioni etiche nella rilevazione digitale di malattie4

Categorie

sfide etiche

esempi specifici

valori

Sensibilità al contesto

Differenziazione fra uso dei dati per fini commerciali e utilizzo per la salute pubblica

È consentita l’identificazione?

È necessario il consenso per l’uso di DDD? Se è così, è stato ottenuto il consenso? Può essere revocato?

Privacy e contestuale

integrità

Accordi con l’utente, termini del servizio, epidemiologia partecipativa

Sono protetti gli utenti in tutti i contesti a prescindere dalle leggi sulla privacy che si differenziano in base alla giurisdizione?

Trasparenza

Problemi globali della salute

Sono aperti all’uso per la salute pubblica i dati raccolti privatamente?

Giustizia globale

Nesso di etica e

metodologia

Solida metodologia: validazione degli algoritmi, ricalibratura, filtraggio del rumore, e meccanismi di feedback

Falsa identificazione dei focolai e imprecise previsioni di traiettoria

Rischio di danni

Pressione per mobilitare risorse della sanità pubblica perla rapida diffusione di previsioni non convalidate

Uso equilibrato delle risorse

la provenienza dei dati

Consapevolezza dell’uso per la sanità pubblica dei dati personali (in forma aggregata)

Fiducia, trasparenza,

responsabilità

Requisiti di legittimità

Standard delle migliori pratiche

Esiste un codice condiviso di pratiche tra tutti coloro

lavorando su DDD?

Attendibilità

Organismi di controllo (politiche per il monitoraggio continuo e piani d’azione per la correzione di risultati falsi)

Esiste un meccanismo per una rapida risposta alle

inesattezze circa epidemie?

Fiducia, trasparenza,

responsabilità

lntegrazione dinamica delle DDD alla sorveglianza di standard dei sistemi

Ci sono meccanismi per correggere i danni causati da attività DDD?

Giustizia

La comunicazione al pubblico (evitare clamore)

Gestione delle aspettative

Bene comune

Nel progetto delle Nazioni Unite Global Pulse5 si indaga sul concetto di filantropia dei dati, ossia su quel territorio giuridico dove si formano partnership pubblico-privato. L’obiettivo della ricerca è di rendere condivisibili i dati della salute con finalità di bene pubblico. Questi “data commons” possono essere operati solo sulla base di regole chiare relative alla privacy e solo se vengono esplicitati e adottati codici di condotta condivisi: in questo modo, si entrerà nei “laboratori dei big data” e ci lasceremo alle spalle una parte almeno della retorica che li avvolge.


1 ) Onukwugha E., Big Data and Its Role in Health Economics and Outcomes Research: A Collection of Perspectives on Data Sources, Measurement, and Analysis, Pharmacoeconomics. 2016; 34: 91–93, Published online 2016 Jan 25. doi: 10.1007/s40273-015-0378-4

2 ) Crown W.H., Specification issues in a big data context: controlling for the endogeneity of consumer and provider behaviours in healthcare treatment effects models. doi:10.1007/s40273-015-0362-z. http://link.springer.com/article/10.1007/s40273-015-0362-z. Accessed 16 Dec 2015. [PubMed]

3 ) Collins B. Big data and health economics: strengths, weaknesses, opportunities and threats. doi:10.1007/s40273-015-0306-7. http://link.springer.com/article/10.1007/s40273-015-0306-7. Accessed 16 Dec 2015. [PubMed]

4 ) Vayena E, Salathé M, Madoff LC, Brownstein JS (2015), Ethical Challenges of Big Data

in Public Health. PLoS Comput Biol 11(2): e1003904. doi:10.1371/journal.pcbi.1003904

5 ) http://www.unglobalpulse.org/

*Membro del Comitato di Consulenza della Società Italiana di Telemedicina

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