COPYRIGHT

Google tax, ok dal Bundesrat: Germania apripista

Cambia la legge sul copyright. Per la pubblicazione online di articoli servirà pagare gli editori tedeschi. Rimangono fuori però titoli o brevi sintesi. Ora la palla passa al governo e al presidente della Repubblica. Intanto 11 aziende chiedono all’Ue un giro di vite sul search

Pubblicato il 22 Mar 2013

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La Germania fa da apripista alla Google Tax. Dopo il Bundestag anche il Bundesrat ha approvato il progetto di legge sul nuovo copyright online che prevede che Google (o altre piattaforme) paghi le royalties agli editori per la pubblicazione di contenuti, esentando però dalla tassa gli “snippets” (brevi frammenti di testo). Per diventare legge il testo dovrà ora passare al vaglio del governo federale e della firma del presidente. Un portavoce di Mountain View ha replicato che l’azienda “Continua a credere che invece di una legge, le negoziazioni commerciali sarebbero state il modo migliore di procedere. Detto questo, l’emendamento approvato oggi solleva reali questioni circa il concetto stesso di ancillary copyright”. Intanto, 11 aziende europee e americane, fra cui Tripadvisor ed Expedia, tornano alla carica contro il motore di ricerca e chiedono un giro di vite al commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia, contro l’abuso di posizione dominante di Mountain View.

Ostacolo sulla strada della Google-tax: la Federazione tedesca degli editori di magazine (Vdz) chiederà al presidente di non firmare in quanto la legge sarebbe incostituzionale, ma secondo gli esperti del settore il tentativo avrà poche probabilità di successo.

Il progetto di legge nella sua forma originaria prevedeva una tassa sul copyright a favore degli editori per tutte le notizie giornalistiche indicizzate sui motori di ricerca. Con l’approvazione da parte del Bundesrat, lo scorso 1° marzo, si è alleggerita questa parte stabilendo che gli editori avessero il diritto esclusivo di commercializzare i loro prodotti o parti di essi, tranne nel caso di singole parole o frammenti di testo molto sintetici. Quindi diventerebbe possibile per motori e aggregators aggirare almeno in parte la legge e fornire gratis agli utenti brevi sintesi degli articoli. Secondo Google i voti dei due rami del parlamento tedesco rappresentano “uno sviluppo positivo” perché la legge, nella sua forma orginaria, avrebbe determinato difficoltà operative del servizio Google News.

La proposta di legge, ribattezzata “link tax”, era stata presentata ad agosto dalla coalizione di Governo che sostiene Angela Merkel (i crisitiano democratici della Cdu e i liberaldemocratici della Fdp), e puntava a redistribuire i miliardi di introiti che Google realizza dalla pubblicità sul search engine. La stessa linea della Germania è condivisa in Francia da Governo e editori, nonché dalla Fieg in Italia. Google aveva risposto con petizione online in difesa della libertà della Rete.

In Francia il braccio di ferro fra editori e Mountain View si è chiuso con la creazione di un fondo di 60 milioni di euro a favore degli editori, in cambio della pubblicazione degli articoli giornalistici. Una soluzione che in Germania non è mai stata presa in considerazione.

Google, nuova levata di scudi a Bruxelles

Nuova levata di scudi di 11 aziende europee e americane, comprese tre associazioni tedesche che difendono i diritti delle net company, contro Google accusato di abuso di posizione dominante da parte dei competitor. Il gruppo degli 11 ha inviato una lettera alla Commissione Europea, indirizzata al commissario Ue alla Concorrenza Joaquin Almunia, per sollecitare la chiusura dei negoziati in atto fra Bruxelles e Mountain View, volta a trovare un accordo “pacifico” sul tema rovente delle ricerche di Google, accusate di favorire in maniera anticoncorrenziale risultati e siti associati a Mountain View a scapito della concorrenza.

Le società che hanno firmato la lettera sono Foundem, Streetmap Ue, Twenga, Visual Meta, Hot Maps, Euro-Cities, Expedia e TripAdvisor. Queste aziende esprimono la loro crescente preoccupazione sul fatto che “rimedi effettivi e a lungo termine potrebbero non scaturire dall’accordo (fra Google e l’Ue ndr)”, si legge nella lettera. I firmatari ribadiscono che Google continua a promuovere sistematicamente i suoi servizi penalizzando o addirittura escludendo i competitor dalle ricerche. I firmatari chiedono a Bruxelles di pretendere impegni chiari ed espliciti da parte di Google per sanare questa situazione di svantaggio anti competitivo.

Secondo le aziende, Google deve essere costretta ad uniformarsi a principi di parità di trattamento, “gestendo i servizi, compresi i suoi, esattamente con gli stessi standard, utilizzando esattamente gli stessi algoritmi di indicizzazione, ranking (posizionamento ndr), display, visualizzazione e penalizzazione”.

In questo periodo Google ha cercato di proporre alcune soluzioni che fossero in grado di soddisfare i regolatori europei e convincerli così a chiudere il caso. A luglio 2012 aveva inviato una lista di proposte e lo stesso presidente Eric Schmidt aveva scritto una lettera ad Almunia, evidenziando i passi che la company intendeva intraprendere per risolvere la questione. Il Commissario Ue aveva poi parlato con Schmidt chiedendo ulteriori chiarimenti. Comunque la Commissione aveva respinto le iniziali proposte, dando tempo a Google fino al 31 gennaio 2013 per formularne altre.

Non è noto quali siano state le proposte di Google all’Unione europea, perché non sono mai state rese pubbliche, ma secondo fonti dell’agenzia Reuters, BigG “si sarebbe offerta di etichettare i propri servizi nei risultati del search in modo da differenziarli da quelli dei competitor, e inoltre avrebbe proposto di imporre meno restrizioni alle agenzie pubblicitarie”.

I dirigenti di Google sono sotto esame non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti e in altri Paesi per la gestione del motore di ricerca, che detiene oltre il 60% del mercato internazionale del search. Secondo i competitor, gli algoritmi usati da Google favoriscono i suoi prodotti, dando loro un vantaggio iniquo nel search e nel web advertising.

Un verdetto di colpevolezza potrebbe significare una multa fino al 10% dei ricavi annuali di Google, che, in base ai risultati annuali 2011, equivarrebbe a circa 4 miliardi di dollari.

La Commissione europea ha aperto un’indagine contro Google il 30 novembre 2010 a seguito delle denunce presentate da altre società, tra le quali il portale Ciao, rilevato nel 2008 da Microsoft. La stessa Microsoft ha depositato nel 2011 un ricorso contro Google, puntando l’indice sull’abuso di posizione dominante del search engine. Anche i siti di viaggi Expedia e TripAdvisor si sono rivolti alla Commissione europea, nell’ambito dell’inchiesta aperta contro il gigante Internet per abuso di propria posizione dominante. A questo punto la Commissione sta cercando di verificare se Google stia favorendo i propri servizi e stia penalizzando quelli dei concorrenti nell’ambito dei risultato che fornisce il motore di ricerca. L’inchiesta si allarga inoltre alle possibili clausole di esclusiva imposte ai partner pubblicitari.

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