Aprite le finestre! Tra i princìpi ispiratori del disegno di legge firmato da Felice Casson sulla tutela del diritto d’autore, spicca l’“abbattimento” delle cosiddette windows, che regolano nel tempo la distribuzione dei film e più in generale dei prodotti audiovisuali sui vari canali. Il sistema ad oggi invalso a livello internazionale prevede una rigida successione tra la disponibilità del titolo al cinema, in home video, in video on demand e poi in Tv, a pagamento e in chiaro. Un sistema messo duramente alla prova dalla sempre maggiore fluidità del panorama tecnologico, con un numero crescente di dispositivi in grado di riprodurre video ovunque e in ogni momento, e dalla domanda ormai restìa a farsi confinare in scadenze predefinite. Che sia necessario superare le windows è largamente riconosciuto dall’Agcom ma anche in ambito europeo: lo schema di regolamento appena approvato dall’Autorità presieduta da Angelo M. Cardani, così come i più recenti interventi del commissario Neelie Kroes, accennano in questo senso. Ma come ottenere il risultato?
La migliore alleata della pirateria è l’indisponibilità legale del contenuto. Il problema non riguarda però soltanto il periodo di latenza che intercorre tra l’uscita cinematografica e la pubblicazione in dvd (su cui ha puntato il dito di recente anche Stefano Parisi), ma più in generale l’impossibilità di accedere liberamente al contenuto lungo il suo ciclo di vita. Lo dimostra il fatto che, dove è disponibile un’offerta legale estesa, la pirateria arretra sensibilmente: gli ultimi dati diffusi da Sandvine sul traffico dati negli Usa mostrano il consolidamento di una tendenza già visibile da alcuni anni, che vede il real-time entertainment superare il filesharing (con il 60% circa della rete occupata da servizi come YouTube, Netflix, Hulu e Amazon, e solo il 9% circa da servizi come BitTorrent). Il cambiamento è osservabile anche in ambito commerciale: non è un caso che siano stati operatori come Netflix e Amazon a “rompere” lo schema delle windows, prima esordendo nella produzione Tv e ora puntando anche alle premiere cinematografiche.
Il problema fondamentale del sistema delle finestre è la sua ridigità, che impedisce la reperibilità on demand dei titoli estesa nel tempo e nello spazio. Come ha dichiarato Pascal De Mul di Spotify, il problema è che i consumatori televisivi, così come quelli musicali, non sono disposti ad attendere per accedere ai contenuti di loro interesse: perché gli spettatori olandesi dovrebbero fermarsi alla stagione 2 di “Breaking Bad”, trasmessa in Tv, quando la serie è già terminata con la quinta stagione negli Usa? La stessa domanda avrebbe potuto essere posta per il pubblico italiano, uno dei meno propensi ad abbandonare la visione clandestina: secondo la Fapav il danno è quantificabile in 500 milioni, di cui oltre 106 sottratti alle sale cinematografiche. Invece di conservare e difendere il valore, gli steccati eretti all’interno del sistema delle finestre rischiano insomma di distruggerlo.
Al contrario, incoraggiare la disponibilità più ampia possibile dei titoli, oltre a rispondere all’esigenza degli utenti, drenerebbe risorse verso le nuove piattaforme, incoraggiandone la crescita e quindi la capacità di investire. Ancora: consentirebbe una maggiore valorizzazione dei titoli, ampliando la circolazione anche dei prodotti meno fortunati al botteghino o nelle rilevazioni dell’audience: la disponibilità in un catalogo dal quale possano essere liberamente visionati a richiesta dell’utente offre ai contenuti una seconda possibilità. La serie “Arrested Development”, interrotta in Tv e recuperata da Netflix, ne è un ottimo esempio: film e produzioni che non hanno incontrato il favore del pubblico sul grande o sul piccolo schermo possono rivelarsi più adatti al canale on demand – che a sua volta può investire in questo senso, se gli si consente di raggiungere una massa critica adeguata. Come può l’iniziativa legislativa puntare a questi obiettivi, escludendo interventi indebiti sul mercato? Secondo Piero De Chiara, una possibile via è intervenire sulle produzioni direttamente o indirettamente finanziate dal denaro pubblico, prevedendo l’obbligo della disponibilità su canali legali. Ancora, si potrebbe contemplare la disponibilità legale del film come aggravante per perseguire i distributori illegali online, secondo la prassi del notice and takedown: in modo che i distributori, senza essere obbligati, siano incentivati a garantire che il contenuto resti sempre disponibile. Vedremo se il disegno di legge Casson miri a soluzioni del genere, o se ne proporrà altre; l’importante è che faccia presto ad aprire le finestre, prima che il vento le mandi in frantumi.