26 miliardi di euro. Tanto è intenzionato a spendere Agostino Ragosa, dg dell’Agenzia per l’Italia digitale, per l’Ict della PA nei prossimi 5 anni. Di questi miliardi, circa 10 sono reperibili già nel biennio 2013-2014 tramite gare Consip. Nel dettaglio, l’azione dell’Agenzia si concentrerà sull’acquisto di progetti Ict per 3,5 miliardi e di commodity Ict per altri 3,5 miliardi e, infine, su infrastrutture di rete (Spc e servizi cloud, soprattutto) per ulteriori 3,5 miliardi. I restanti 16 miliardi saranno spesi per mettere in campo, nel lungo periodo, interventi complessi di pre-commercial procurement e di razionalizzazione dei data center dell’amministrazione.
Secondo Ragosa infatti la frammentazione del sistema Ict pubblico è ormai giunta a livelli insostenibili, con almeno 4mila data center (un numero che però potrebbe essere sottostimato) di natura e stadio evolutivo diversi: in pratica si tratta di punti di erogazione dei dati non sempre visibili, perché non censiti, e la cui sicurezza non in tutti i casi è certificabile. Soprattutto, i data center della PA non sono interoperabili, mentre il dialogo tra tutti i sistemi nazionali, e di questi con i sistemi europei, è imprescindibile per portare a cittadini e imprese servizi veramente utili e efficienti e al tempo stesso permettere alle amministrazioni di ridurre i costi.
“Consolidare e ottimizzare questa pletora di sistemi vuol dire liberare risorse che ancora spediamo sul vecchio per investirle nel nuovo – aveva sottolineato Ragosa, in occasione del convegno Assiter e Corriere delle Comunicazioni – Dobbiamo puntare su un’opera di standardizzazione delle applicazioni, ridisegnare le architetture per arrivare a un’infrastruttura unica per tutti i servizi. Solo l’integrazione dei servizi ci garantisce efficienza e risparmi; frammentazione e particolarismi ci hanno reso ultimi in Europa nel processo di digitalizzazione”.
E il cloud permetterà di semplificare la situazione dell’infrastruttura pubblica che, soprattutto al Sud, vive una situazione difficile. “Da Roma a Palermo abbiamo difficoltà a dire che c’è un datacenter degno di questo nome per allocare i servizi della PA – avvertiva il dg – E se poi ci fosse una regola tecnica che chiedesse certi livelli di affidabilità e sicurezza sui 4.000 ne rimarrebbero in piedi forse due o tre”.
La riorganizzazione dell’infrastruttura pubblica significa fare della spending review: “Perché se i 4.000 siti li portiamo a 40 certificati facciamo innovazione, creando domanda per nuova professionalità e offrendo anche un nuovo ruolo di gestione alle società in house”.
In questo contesto particolare rilievo assumono anche gli interventi da parte delle amministrazioni di controllo della spesa, favorevoli all’adozione della contabilità economica per una visione “di sviluppo” della spesa per i sistemi e le soluzioni informatiche e di rete. Come detto più volte da Ragosa infatti “lo sviluppo nasce da una visione degli acquisiti da parte della PA, come esito di scelte di investimento per l’efficienza e la competitività del sistema, a partire dai servizi della PA e dall’efficacia della sua spesa”. In questa prospettiva va letta anche la convenzione tra Agid e Consip, firmata il 15 marzo la convenzione che disciplina il rapporto di collaborazione tra i due enti. La convenzione avrà una durata di quattro anni, rinnovabile ed è volta a sviluppare un’azione comune tra l’Agenzia e Consip per mettere in atto interventi e azioni mirate alla innovazione della pubblica amministrazione e alla realizzazione dell’Agenda Digitale Italiana. L’Agid scriverà le regole tecniche e i requisiti, mentre la Consip sarà garante di trasparenza nel definire e svolgere le procedure di gara.