“E’ giusto fare tagli sulle spese non efficaci e non efficienti se i fondi che lo Stato spende ogni anno sulla Ict, circa 7-8 miliardi, possono essere spesi in maniera più efficace”. Lo ha affermato il coordinatore dell’Agenda digitale, Francesco Caio, a margine della presentazione del secondo Osservatorio Assinform sulla Ict. “Magari c’è bisogno di meno soldi per fare informatica – ha precisato Caio – ma si deve fare meglio”. Piu’ in generale sulla digitalizzazione della Pubblica amministrazione, Caio ha osservato che “procede in modo non organico”. Infatti, spiega, “molte amministrazioni hanno fatto investimenti e sono andate avanti ma quello che sta succedendo troppo lentamente è un raccordo armonico di tutti i sistemi, che non si parlano tra di loro”.
Non a caso due dei tre progetti chiave del suo piano riguardano da vicino l’interoperabilità. “L’anagrafe unica digitale – spiegava Caio in un’intervista al nostro giornale – è lo scheletro logico e la base informativa unificante che svolge due funzioni abilitanti: dare certezza del dato su popolazione e residenza e funzionare come una sorta di “indice” per i servizi digitali della PA che vi si possono agganciare. Inoltre, l’anagrafe è un progetto sfidante per i rapporti tra centro e periferia nonché il primo grande esempio di un servizio in cloud, a cui i Comuni fanno riferimento per i dati, ma gestiscono in locale i servizi. Si tratta di uno schema di riferimento per impostare tutta la digitalizzazione in cloud della PA.
Altro progetto strettamente legato all’interoperabilità è l’identità digitale. “Avere una password unica per accedere ai servizi dell’amministrazione, che permetta di identificare il cittadino in maniera univoca dal sistema della PA, è la base per puntare a servizi erogati da sistemi interoperabili – sottolineava mister Agenda digitale – Mi spiego: oggi il cittadino dialoga con “le” pubbliche amministrazioni non con “la” pubblica amministrazione, diventando lui stesso il system integrator di sistemi sviluppati a sylos. Pensiamo alla nascita di un figlio, un evento che implica il “camminare” tra diversi uffici per registrare il nascituro all’anagrafe e alla Asl, per avere il codice fiscale. Questo perché i sistemi delle PA, a oggi, non si parlano, hanno poca interoperabilità e non si scambiano dati. Ecco, l’identità digitale crea le condizioni per superare questo modo di funzionare dello Stato. Si tratta di un salto culturale importanteper le PA, che sono spinte a cooperare tra di loro, e si traduce in una forte semplificazione nella vita dei cittadini”.
Ma affinché i sistemi si “parlino” serve un importante lavoro sui data center, in Italia eccessivamente frammentati. Per Francesco Caio,”il processo di consolidamento è un “movimento globale”, basato sullo sviluppo della banda larga e del cloud”. “È quindi una strada da perseguire anche nell’ambito della Pubblica amministrazione in Italia – ha detto al nostri giornale – Però è importante che il consolidamento delle infrastrutture fisiche sia guidato da una visione chiara dell’architettura “logica” dei sistemi della PA. Un’architettura di riferimento che indichi quali sono la Basi Dati di interesse nazionale, quali i flussi di interoperabilità e i processi di interazione e dialogo tra sistemi. In questa prospettiva è soprattutto l’adozione di standard comuni per le strutture di dati e metadati che fa fare il salto di qualità nell’erogazione e nella fruizione di servizi”.