“Usare la via telematica, come la posta elettronica certificata, per assolvere alle proprie incombenze burocratiche, o per svolgere le proprie attività via internet con la PA o le aziende, non è semplice, eppure le regole che danno diritto ai cittadini di procedere con la Pec esistono e sono tante”. A sottolinearlo è Stefano Quintarelli (nella foto), deputato di Scelta Civica e Presidente del Comitato di Indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale, commentando il rapporto di Confartigianato che attesta l’uso della rete nella PA solo dal 36% degli utenti italiani.
Secondo Quintarelli, gli ostacoli più frequenti nell’uso del web sono di tipo culturali e i nodi da sciogliere per rendere davvero fruibile quanto previsto dall’Agenda Digitale italiana risiedono anche nella comunicazione e diffusione delle informazioni. “Le regole ci sono ma non sono pubblicate – specifica – manca cioè un repertorio dei diritti on line che chiarisca ai cittadini come possono agire nel loro pieno diritto” nella gestione delle pratiche telematiche con la PA e non, “ed io appoggio un servizio così”. Quintarelli segnala quindi che “c’è un indice degli indirizzi Pec di tutti gli enti della pubblica amministrazione, basta collegarsi a inipec.gov.it“.
Ma per far aprire le porte della PA e degli uffici via web, avverte Quintarelli, “ci sono molti nodi da sciogliere: culturali e pratici”. Il primo, spiega, “è quello culturale”, l’altro è “pratico: le regole andrebbero rese pubbliche e fruibili a tutti”. “La quantità di servizi pubblici telematici è enorme e – afferma Quintarelli – alla gente dico: esigete tutti i vostri diritti. Ma qui sta il problema culturale da sciogliere, solo il 40% dei cittadini usa internet in Italia”. Non solo. L’effetto, spiega, è a ricaduta perché, “molti dei cittadini che non utilizzano il web riportano questo gap culturale anche negli uffici in cui lavorano. Insomma è un gatto che si morde la coda”.
“Coloro che non usano internet a casa, sono spesso – evidenzia Quintarelli – quei funzionari-impiegati che io chiamo ‘digital divisi funzionali’, cioè quelli che scaricano sul lavoro questa loro ‘resistenza’ all’impiego della rete. E con la PA questo scenario rende ancora tutto più complicato”. Certo, conclude, “ogni volta che mi mettono un paletto sulla comunicazione via web, io mi impunto e affermo i miei diritti, c’è però un gap di informazione sui diritti telematici dei cittadini”.