MONTECITORIO

Cyberbullismo, sì della Camera ma scoppia la polemica: “Rischio censura”

Approvato il provvedimento che prevede fino a sei anni di carcere per lo stalking informatico. L’opposizione si astiene, il M5S vota contro. Ora la legge torna in Senato. Le critiche alla proposta: “Potenziali effetti distorsivi, pericolo di limitazione alla libertà di espressione”

Pubblicato il 21 Set 2016

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Ha ricevuto l’ok dall’aula di Montecitorio la proposta di legge per il contrasto del bullismo e del cyberbullismo, ma senza ottenere l’unanimità con cui era uscita nel passaggio precedente dal Senato: a dire sì sono stati 242 deputati, 73 hanno espresso voto contrario e 48 si sono astenuti. Ora la legge dovrà tornare a palazzo Madama, accompagnata dalla scia di polemiche sollevate soprattutto dal Movimento 5 stelle, secondo cui “una buona legge approvata all’unanimità dal Senato, qui alla Camera è stata sabotata, sacrificando sull’altare della censura al web proprio coloro che avrebbe dovuto tutelare: i minori”.

Entrando nello specifico del provvedimento, la proposta di legge prevede che chiunque, anche se minorenne, potrà chiedere ai gestori dei siti internet la rimozione o l’oscuramento di contenuti che costituiscano oggetto di cyberbullismo. L’importanza del testo sta anche nel fatto che per la prima volta si fissa una definizione normativa del bullismo e del cyberbullismo, sulla base della quale si potrà richiedere la rimozione di contenuti dal web che siano “persecutori” nel confronti del minore o della sua famiglia.

A verificare l’intervento del gestore del sito sarà il garante per la Privacy, che se nulla succedesse nell’arco di 48 ore dalla richiesta avrà la possibilità di provvedere direttamente alla rimozione dei contenuti. I gestori dei siti dal canto loro dovranno dotarsi di specifiche procedure per il recepimento e la gestione delle richieste di oscuramento, rimozione o blocco dei dati; ed analoghi obblighi riguardano la comunicazione di tali procedure sull’home page degli stessi siti.

Il bullismo, secondo la definizione introdotta dalla legge, è “l’aggressione o la molestia, da parte di singoli o più persone, nei confronti di una o più vittime allo scopo di ingenerare in essi timore, ansia o isolamento ed emarginazione”. Tra le manifestazioni di bullismo la legge parla di “atti vessatori, pressioni o violenze fisiche e psicologiche, istigazione all’autolesionismo e al suicidio, minacce e furti, danneggiamenti, offese e derisioni anche relative alla razza, alla lingua, alla religione, all’orientamento sessuale, all’opinione politica, all’aspetto fisico o alle condizioni personali e sociali della vittima”. Il cyberbullismo inoltre è definito come “fenomeno che si manifesta attraverso un atto o una serie di atti di bullismo che si realizzano attraverso la rete telefonica, la rete Internet, i social network, la messaggistica istantanea o altre piattaforme telematiche”.

Quanto alle sanzioni, per atti di bullismo che non costituiscano reati procedibili d’ufficio, fino a quando non sia stata proposta querela o presentata denuncia, il questore potrà convocare il responsabile ammonendolo oralmente ed invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge. Se l’ammonito è minorenne, il questore convoca con l’interessato almeno un genitore. Lo stalking commesso per via informatica o telematica, secondo la proposta, sarà punito con la reclusione da 1 a 6 anni, anche in casi di scambio di identità e invio di messaggi o la divulgazione di testi o di immagini o con la mediante diffusione di dati sensibili immagini o informazioni private, carpiti con l’inganno o con minacce.
In ogni istituto scolastico, inoltre, tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo. Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, convocare tutti gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore.

Più di una critica alla proposta di legge. Secondo Stefano Quintarelli (Sceta Civica), autore di un emendamento, respinto, che non preveda la correlazione automatica tra mancanza di intervento e multa, ma semmai un contenzioso civile, la “Commissione bilancio ha approvato l’emendamento della Commissione che definiva la procedura di takedown, a condizione che fosse approvato senza alcuna modifica, per vincoli di bilancio (altrimenti ci sarebbero stati maggiori costi del Garante della Privacy, che avrebbero avuto bisogno di copertura)”.

Secondo il docente di diritto delle nuove tecnologie, Guido Scorza, il testo è “una brutta legge. Ha vinto la retorica, ha perso il buon senso”.

Per Cory Doctorow, giornalista e blogger canadese esperto di diritti digitali, se la legge entrasse in vigore in questa forma il “gestore del sito” (fornitori di contenuti su internet, esclusi gli access provider, i cache provider e i motori di ricerca) sarebbe obbligato a censurare qualunque “presa in giro” che la persona ‘criticata’ considerasse offensiva.

Innocenzo Genna su La Stampa, parla di “sicura incompatibilità con la Convenzione Europea dei diritti umani, che sancisce la libertà di opinione” e anche, “con la Direttiva europea 2000/31 sul commercio elettronico, che prevede meccanismi diversi per la rimozione dal web di contenuti illegittimi”.

Nel criticare la nuova versione del provvedimento i 5 stelle auspicano che “con il ritorno della proposta di legge a Palazzo Madama, i partiti della maggioranza mettano la testa a posto, riportando la Pdl alla sua natura originaria. In sintesi: questo provvedimento prevede che chiunque si senta offeso o leso da un contenuto sulla rete che lo riguardi, può chiederne la rimozione senza che vi sia un criterio oggettivo nella procedura”. Nel provvedimento, inoltre, secondo i deputati del M5S, “è diventato prevalente l’aspetto repressivo e di oscuramento del web. L’estensione della sfera di intervento anche ai maggiorenni rende insostenibile e pericoloso lo strumento dell’istanza a tutela delle vittime per far rimuovere i contenuti offensivi”.

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