Condividere e apprendere nuove conoscenze, collaborare con nuove figure professionali, costruire processi condivisi e collaborativi, rispondere a un cittadino-paziente sempre più autonomo e informato. Ma anche inaugurare linee di governo e di sviluppo che siano integrate con gli scenari futuri della digitalizzazione e orientate al medio e lungo periodo. Sono questi gli obiettivi alla base dell’attività della neonata Associazione Italiana di Sanità Digitale e Telemedicina (Aisdet), che è stata presentata oggi a Roma nella sala Aldo Moro della sede di Federsanità.
La conferenza è stata l’occasione per spiegare le strategie di un’associazione che punta ad essere un network di professionisti e di competenze trasversali, che abitano in primo luogo nei territori protagonisti della trasformazione. Una rete nata all’interno della quotidiana esperienza di lavoro del mondo sanitario e aperta a tutte le collaborazioni e proposte che aiutino il Sistema sanitario nazionale a innovare tutti i tasselli del sistema.
“Il mercato sta dedicando una crescente attenzione alla digitalizzazione della sanità. È senza dubbio un segnale positivo ed è in questo che vogliamo collocare le nostre competenze, mettendoci al servizio dello sviluppo delle nuove tecnologie ma non solo – spiega il segretario nazionale di Aisdet, Massimo Caruso, che è coordinatore nazionale Rete di Sanità digitale eSanit@ -. Siamo convinti che la digitalizzazione si giocherà al Sud e che lo scambio di competenze sarà fondamentale. In Italia c’è troppa propaganda e confusione su questi temi e il mercato è dominato dall’industria, troppo legata alle logiche commerciali che pesano poco i reali bisogni e spesso si fermano alle sperimentazioni”. Secondo Caruso la progettazione digitale deve passare innanzitutto dalle aziende ospedaliere: “Sono loro a dover guidare lo sviluppo. Le tecnologie stanno rimodellando i percorsi di relazione e di cura, ma non dobbiamo pensarle come strumenti di sostegno bensì di reingegnerizzazione dei processi e dei lavori. Ecco perché è importante fare formazione, non sulle competenze digitali in senso stretto ma sulle capacità di capire il proprio ruolo nello scenario futuro”.
Sotto questo punto di vista l’Aisdet farà rete con enti di ricerca e formazione. Sarà avviato un master di innovation management con il Cefpas (Centro per la formazione della sanità) della Regione Sicilia e in tandem con il dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano prenderà vita l’Osservatorio Ict Sud. L’Associazione lavorerà inoltre con le università di Catania e Foggia per fotografare la digitalizzazione del Meridione e ha già in pancia accordi importanti con la Società internazionale di telemedicina di New York e quella di management sanitario di Londra. “Vogliamo diventare il soggetto di validazione clinica delle applicazioni digitali. Misurare cioè l’efficacia degli impatti su qualità e cura e non solo il rapporto costo-efficacia – sottolinea Caruso -. Attorno al nostro tavolo devono sedersi non solo l’industria e anche i media, perché la comunicazione aiuta a fare sistema”.
La presidenza dell’Aisdet è affidata a Ottavio Di Cillo, direttore Cardiologia d’urgenza al Policlinico Bari e responsabile del Centro di telecardiologia regionale della Regione Puglia. “La sanità è bloccata dalla burocrazia e lo dimostrano sia il numero limitato di sperimentazioni sia l’assenza di certificazione. C’è bisogno di fare un passo in avanti – spiega Di Cillo -. Spendiamo solo l’1,2% della spesa sanitaria in digitale contro la media europea che oscilla fra il 2 e il 4%. Un altro problema riguarda l’utilizzo dei dati: Eurostat e Ocse ci dicono che abbiamo troppi dati frammentati, anche perché le istituzioni usano sistemi non uniformi”. Per questo motivo, aggiunge il presidente di Aisfet, “è necessaria una struttura tecnologica e informativa comune. Questo ci consentirebbe di ridisegnare tutto il sistema salute, permettendoci di risparmiare e di utilizzare tecnologia per migliorare l’assistenza sul territorio, la prevenzione, l’integrazione socio-sanitaria e le attività di deospedalizzazione”. Il processo sarà naturalmente lungo e avrà bisogno di una guida sicura: “Serve una governance dell’innovazione nazionale e un’infrastruttura adeguata che renda omogenei i dati. E fare attenzione al tema della privacy. Per noi è importante avere riferimenti istituzionali. Ogni regione deve avere una struttura di telemedicina che si colleghi a un sistema nazionale. E’ chiaro che bisogna dare più autonomia alle strutture e supportarle”.
“Non sono gli organigrammi o l’immissione delle tecnologie a garantire il successo – avverte il vicepresidente Remo Bonichi, senior Consulting Agenas e vicepresidente dell’Accademia Nazionale della Formazione -. Dobbiamo costruire anche nuovi modelli organizzativi. Stiamo costruendo dei contatti con gli enti territoriali per coinvolgere chi dirige le strutture, anche per stimolare la creazione di una vera cultura digitale del mondo sanitario”.
Chiusura della presentazione dell’Aisdet affidata al direttore della Struttura complessa tecnologie Ict del Niguarda di Milano, Gianni Origgi, che in Aisdet svolgerà la funzione di consigliere: “La sanità ha fatto passare il treno del digitale, al contrario di molti settori in cui lo sviluppo è stato quasi naturale. Il rapporto sanità-tecnologia viene anzi vissuto pure male – aggiunge Origgi -. Basta riproporre modelli già sperimentati: bisogna allargare il campo collegandosi con l’estero e collegamenti più avanzati. Reimpiegare e riprogettare, non replicare. E soprattutto accelerare sul fronte della validazione. Avere una misura dell’impatto delle tecnologie è fondamentale”.