I FORUM DEL CORRIERE DELLE COMUNICAZIONI

Tv e satellite alla sfida di Netflix

Luca Balestrieri, Augusto Preta ed Emilio Pucci a confronto sul ruolo del satellite al tempo della nuova tv al Forum organizzato dal Corriere delle Comunicazioni. Riflettori puntati sul rapporto con il web e sulla ricerca di nuovi business model

Pubblicato il 16 Dic 2013

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Come si sono evolute le piattaforme free to air, inizialmente pensate per sostituire il digitale terrestre laddove non c’era disponibilità di reti terrestri?

Emilio Pucci – E-Media Institute

Le piattaforme di televisione satellitare gratuita nascono come piattaforme “integrative” che servono inizialmente a integrare il segnale terrestre a seguito della migrazione al digitale. Servivano, cioè, per raggiungere quella percentuale di popolazione non coperta dalle reti terrestri.

In Gran Bretagna Freesat, in Francia Fransat e in Italia TivùSat nascono con questa funzione. Nel tempo queste piattaforme si sono evolute assumendo una mission di mercato più ampia – lo dimostrano anche i risultati ottenuti – con l’obiettivo di divenire piattaforme televisive a tutti gli effetti e in grado di soddisfare una domanda di Tv multicanale che via satellite era soddisfatta solo dalle offerte a pagamento. Si può dire, dunque, che le offerte freesat diventano col tempo più ricche e a volte ospitano contenuti esclusivi e divengono vere e proprie piattaforma Tv a tutto campo, con una loro modernità e un’offerta di servizi di avanzati anche dal punto di vista over-the-top. Si pensi, ad esempio, alle Epg (guide elettroniche ai programmi) di nuova generazione che integrano servizi lineari e non lineari. Il caso della piattaforma britannica Freesat (piattaforma di Bbc e Itv) è forse il caso più significativo e avanzato da questo punto di vista. Grazie a Freesat gli operatori terrestri hanno presidiato con efficacia il satellite svolgendo anche una, seppur limitata, competizione nei confronti dell’operatore di Pay-Tv satellitare o comunque proponendo un’alternativa gratuita alla multicanalità satellitare che era solo pay. Naturalmente Freesat non poteva essere una piattaforma minore rispetto a Freeview (la piattaforma Dtt britannica) ed è per questo che si è fortemente evoluta divenendo dal punto di vista tecnologico una piattaforma moderna che compete con le altre dal punto di vista della ricchezza dei servizi offerti.

Augusto Preta – ITMedia Consulting

Il digitale terrestre ha determinato nel tempo fenomeni rilevanti sul sistema televisivo, non solo sostitutivi, come la crescita del numero di canali e di nuove modalità di fruizione rappresentate in particolare dall’offerta tematica, che hanno certamente trasformato e per molti versi messo in crisi la struttura di mercato così come si era manifestata per decenni. Si può dire che il digitale terrestre ha fatto emergere una domanda latente, che fino ad allora non aveva trovato risposta. Nel momento in cui cioè si sviluppa un mercato di canali specifici, personalizzati, tematici, la funzione dell’offerta Dtt diventa più rilevante ma ancora di più lo diventa in prospettiva quella del satellite.

Il satellite trova una possibilità di sviluppare biz model distinti e una giustificazione di un’offerta che prima della diffusione del multicanale non aveva altro che una funzione tecnica. E in questo le piattaforme free to air hanno dato un forte contributo anche aumentando la pressione competitiva sul pay. Se in una prima fase, caratterizzata dalla nascita di Mediaset Premium, questa rappresenta l’unico concorrente di Sky, quando si sviluppa il digitale terrestre free e poi la stessa TivùSat il pay nel suo complesso raggiunge una fase di saturazione: la possibilità cioè che ci sia un’offerta gratuita qualitativa in chiaro è la prima condizione per mettere in crisi il modello consolidato del pay, sia satellite che terrestre. Complessivamente sul piano dell’evoluzione del modello broadcasting non vi è dubbio che il satellite è stato e continua ad essere il meglio attrezzato per rispondere alle sempre maggiori sfide competitive che il settore si trova ad affrontare.

Luca Balestrieri- TivùSat

Ricevere la Tv anche nelle zone d’ombra del digitale terrestre, in quelle aree orograficamente non coperte dal segnale, è fin dalla nascita la mission di TivùSat che permette di colmare il gap grazie al satellite: abbiamo raggiunto la soglia di due milioni di smart-card attive, pari a 1,7 milioni di famiglie italiane. È stata dunque data risposta ad una effettiva, consistente domanda del mercato. In qualche modo la piattaforma al suo inizio è “stupida”, basica, un primo step che vede una Lcn governata e un Epg molto rudimentale. È chiaro che oggi la sfida è l’evoluzione di un ecosistema che vede diventare più complessi sia il fronte editoriale sia quello tecnologico.

La piattaforma deve diventare anche un insieme di servizi offerti all’utente, a cominciare da una Epg evoluta, che interagisce con televisori sempre più “intelligenti”, connessi alla rete. Dobbiamo essere consapevoli che la fruizione dell’audiovisivo ormai avviene in un ambiente multiscreen, in un ecosistema dove l’utente vuole servizi che lo aiutino a scegliere i contenuti, che semplifichino le modalità di accesso in un mondo multipiattaforma, e che favoriscano la personalizzazione del consumo. In questa prospettiva va letta l’attenzione di TivùSat per l’evoluzione dei decoder: puntiamo a specifiche tecniche sempre più evolute, per assicurare alla piattaforma satellitare gratuita una infrastruttura tecnologica capace di supportare i servizi del futuro.

Proprio sulle modalità di fruizione via Internet, Netflix in prima linea, si gioca la partita del futuro. Le piattaforme satellitari sono pronte per raccogliere la sfida?

Augusto Preta

Ritornando a quanto prima affermato, il satellite rappresenta la soluzione più efficiente sotto vari profili. Il primo profilo riguarda l’offerta, in particolar modo la sua qualità, a cominciare dall’alta definizione per arrivare al 3D passando per il 4k, il cui lancio su vasta scala è previsto in occasione dei prossimi mondiali di calcio. Queste nuove modalità di offerta richiedono capacità sempre più ampia – che il satellite al contrario delle reti terrestri già possiede – e potranno determinare vantaggi competitivi importanti sia rispetto ai concorrenti tradizionali, come i broadcaster, sia rispetto agli Ott. Il satellite si trova dunque a giocare una partita importante, come protagonista di una stagione nuova della tv, caratterizzata da una sempre più ampia e aperta concorrenza tra i vari attori della nuova catena del valore, nella quale la tv connessa, insieme al modello multi-device, diventa un ulteriore elemento di sviluppo strategico.

Emilio Pucci

I broadcaster della Tv gratuita che hanno presidiato storicamente la piattaforma terrestre hanno sempre guardato al satellite con una certa diffidenza: questo era il regno del dominio incontrastato dei temuti operatori di Pay Tv. Ora dovrebbero forse tenere in maggiore considerazione la piattaforma satellitare. Questa è stata finora configurata come piattaforma di narrowcasting (offerte criptate per pubblici paganti) divenendo il terreno di crescita della Tv multicanale a pagamento.

Tuttavia le offerte gratuite “gestite” e cioè le offerte freesat mostrano che il satellite può essere anche terreno importante di crescita della Tv multicanale gratuita. La piattaforma satellitare ha maggiore efficienza in termini di costi e di capacità di distribuzione del segnale oltre che in termini di risorse di banda (si pensi all’Hd e all’ultra Hd). La Tv terrestre ha solo parzialmente colmato il gap che aveva con il satellite grazie alla migrazione al digitale. Solo parzialmente e solo temporaneamente. Nei prossimi 10 anni questo gap si può riprodurre perché la necessità di risorse di banda continua a crescere e gli operatori della Tv terrestre si trovano già in una situazione di carenza strutturale. Due recenti documenti, uno del Csa francese e uno dell’Ofcom britannica mettono in evidenza che se la rete digitale terrestre non procede subito a un aggiornamento tecnologico si ritroverà nuovamente in una condizione di povertà tecnologica fra il 2018 e il 2020. Ofcom addirittura in un documento pubblicato alla fine dello scorso mese di novembre ipotizza che l’intero digitale terrestre potrebbe migrare sulla piattaforma Freesat, liberando le frequenze occupate che sarebbero interamente a disposizione della telefonia mobile. Sarebbe una grande rivoluzione che darebbe al satellite una centralità nel sistema dell’offerta televisiva. A mio parere i broadcaster dovrebbero ragionare già da subito su questa prospettiva costruendo offerte satellitari forti e attraenti e tecnologicamente pronte all’ibridazione con Internet.

Luca Balestrieri

Credo sia il momento di una riflessione di lungo periodo sul ruolo del satellite nel sistema televisivo italiano. La nascita di TivùSat, portando anche l’offerta gratuita sul satellite, ha contribuito ad allineare il sistema italiano all’Europa. Detto questo si deve evidenziare che l’Italia presenta un’anomalia rispetto al resto d’Europa: a differenza di paesi come la Francia, che hanno tenuto da parte frequenze per gli sviluppi futuri, in Italia abbiamo “bruciato” tutte le frequenze disponibili al momento del passaggio dall’analogico al digitale, perché avevamo un numero enorme di multiplex da pianificare. Oggi la Commissione europea chiede di spostare frequenze dalla televisione alla telefonia mobile, una tendenza che appare difficile contrastare soprattutto in un’ottica di lungo periodo. E allo stesso tempo dobbiamo trovare le risorse per nuovi servizi, innanzitutto l’alta definizione e in prospettiva l’ultra-Hd. Anche tenendo conto del Dvb-T2 e dei futuri standard di compressione, la coperta è comunque corta. Riequilibrare in parte sul satellite può essere nel medio-lungo periodo una scelta obbligata.

Quale può essere il modello di business che può consentire alle piattaforme di essere realmente competitivo?

Augusto Preta

Di fronte alla sfida di internet, il problema per i broadcaster è quelle di adottare – e come farlo – un modello “disruptive” ed utilizzarlo per continuare a rimanere competitivi anche nel nuovo contesto. Due aree di sviluppo possono essere la social tv e gli schermi secondari. Ma le opportunità non sono affatto chiare. La monetizzazione tramite pubblicità non è al momento sostenibile, mentre permangono barriere dovute alla frammentazione delle app e alla carenza di economie di scala. D’altra parte però Netflix dimostra che si può passare a modelli di business legali ed efficienti, superando i modelli di acquisto a impulso del transactional Vod (iTunes) dove si paga per titolo, sviluppando modelli subscription a costi ridotti (meno di 10 dollari al mese), in concorrenza con le offerte premium molto più care dei broadcaster pay tv. Basti considerare che Netflix è anche leader nel traffico Internet negli Usa con circa il 30% di utilizzo totale in primetime. La lezione Netflix è un modello orizzontale, aperto, accessibile da più piattaforme e device, in controtendenza rispetto ai modelli chiusi dei broadcaster pay e di alcuni Ott. In questo senso aver sviluppato una piattaforma orizzontale da parte di TivùSat potrebbe rappresentare un’opportunità per i broadcaster che decidessero insieme, con qualche possibilità di successo, di competere con i grandi operatori globali.

Emilio Pucci

La competizione è oggi più che mai sui contenuti e sulla loro capacità di essere attraenti e accessibili sempre e ovunque. È però anche una competizione che richiede importanti “strategie di piattaforma” che sono quelle strategie che permettono di rendere maggiormente efficiente e vantaggioso per l’utente l’accesso ai contenuti lineari e non lineari. E questo è un aspetto che coinvolge tutti i broadcaster, non solo satellitari e non solo pay, che sono chiamati ad affrontare un processo di trasformazione e di riposizionamento strategico che deve camminare sulla strada di un sistema più efficiente sul fronte delle piattaforma distributiva. Dal satellite alla Tv terrestre, dall’ambiente app all’ambiente Ott-Tv, i broadcaster si dovrebbero congiuntamente porre il problema di quali sono le migliori strategie per valorizzare il proprio prodotto, i contenuti che veicolano e le modalità di accesso. Molte esperienze consortili a mio parere indicano una strada importante e mostrano casi di ambienti co-opetitivi in cui gli operatori televisivi si collocano per competere e cooperare. Nell’ambiente aperto dominato da Internet – che vede l’ascesa di soggetti meta-editoriali e offerte multi-editore – le esperienze consortili, hanno una marcia in più perché possono offrire agli utenti importanti vantaggi. Ad esempio, una Epg evoluta, può essere solo frutto di una cooperazione tecnica e di sostanza e non dello sforzo di un soggetto solo.

Luca Balestrieri

Sono d’accordo con Pucci che tutto si giocherà in primo luogo sulla capacità di innovare il prodotto e di sviluppare la capacità di produrre. Certo, c’è la difficoltà di competere con i global player che si propongono agli utenti come macro-aggregatori di contenuto e facilitatori della navigazione. Da questo punto di vista, l’esperienza di TivùSat dimostra che, se si costruiscono strumenti di cooperazione tecnica, ne traggono vantaggio sia i singoli broadcaster sia la funzionalità del mercato. Cooperare sul piano tecnico per consentire ai singoli editori di competere in termini di prodotto editoriale è una formula che potrebbe rivelarsi valida anche sul terreno delle nuove modalità distributive online, ossia nel confronto con i cosiddetti Ott.

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