il riassetto del settore

Consolidamento Tlc, i sindacati: “Puntare su concertazione e nuove competenze”



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La ricetta di Alessandro Faraoni, Riccardo Saccone e Salvo Ugliarolo per affrontare la trasformazione e uscire dall’impasse. “Comparto al bivio, bisogna invertire il trend negativo”

Pubblicato il 26 giu 2024



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I sindacati hanno le idee abbastanza chiare su cosa occorre fare per affrontare la rapida trasformazione che sta caratterizzando il mercato italiano delle telecomunicazioni. Ma perché possa essere vinta, la partita va giocata insieme: da una parte con le aziende, che devono sviluppare piani industriali in linea con lo spirito del tempo e coerenti con la sfida dell’intelligenza artificiale; dall’altra con il governo, che deve rifinanziare politiche attive, sbloccando i fondi necessari a sviluppare nuove competenze e a garantire, là dove ce ne sarà bisogno, solidarietà ai lavoratori in difficoltà.

Convergono in modo sostanziale i pensieri di Alessandro Faraoni, Segretario generale Fistel Cisl, Riccardo Saccone, Segretario generale Slc Cgil, e Salvo Ugliarolo, Segretario generale Uilcom Uil. I tre sindacalisti si sono confrontati durante la tavola rotonda “Il consolidamento delle Tlc e le nuove sfide per il lavoro”, che si è tenuta in occasione dell’edizione 2024 di Telco per l’Italia, di scena oggi a Roma.

Un settore al bivio: cosa serve per invertire la tendenza

“Il settore delle Tlc ha bisogno di nuove competenze, di un ricambio generazionale: la digitalizzazione è un processo continuo di trasformazione, e avanza, a prescindere da come vogliamo intenderla. Noi non la vogliamo bloccare, ma gestire in modo intelligente, assicurandoci che sia di supporto ai lavoratori e non un mero fattore di sostituzione”, ha esordito Alessandro Faraoni, che ha aggiunto: “Crediamo che le politiche attive siano fondamentali per garantire un’uscita eticamente corretta dei lavoratori che stanno per andare in pensione e per sostenere piani di riqualificazione professionale per quelli che continueranno a operare in un settore interessato da rapidissime trasformazioni”.

Faraoni allude al consolidamento Fastweb-Vodafone e alla cessione della rete Tim al fondo Kkr. “Auspichiamo che in entrambi i casi non si crei un problema occupazionale, ma pur non sottraendoci alla questione siamo consapevoli che non possiamo gestire la situazione da soli: serve aiuto, a partire dal governo e dalle stesse imprese. A ognuno le sue competenze”.

Riccardo Saccone, della Slc Cgil, ha qualche perplessità in più. “La situazione finora non è esplosa come avrebbe potuto, e non vorrei lo facesse proprio ora. Del resto stiamo parlando di un problema che l’intero settore affronta da più di un decennio: ogni anno il comparto delle Tlc perde circa un miliardo di ricavi, secondo Asstel, e il dato sull’occupazione non lascia adito a dubbi: all’epoca della privatizzazione di Sip erano 140 mila i lavoratori attivi nel settore, mentre oggi tutto il comparto non arriva a 100 mila occupati. Per ora questa erosione di valore è avvenuta in modo tutto sommato indolore, ma adesso siamo davanti a un bivio”.

Per Saccone siamo davanti a bivio: è il momento di ripartire e invertire tendenza oppure di subire un’ulteriore perdita di posti di lavoro, che stavolta potrebbe avvenire in modo traumatico. “Di fronte a questi fenomeni di consolidamento dobbiamo spingere gli operatori a intersecare di più il piano occupazionale con la strategia industriale. Sono due dimensioni che dovrebbero andare di pari passo, e invece si continua a tenere in piedi realtà complesse con strumenti conservativi, che non guardano allo sviluppo. La cartina di tornasole è il fatto che il settore risulta sempre meno attrattivo pure per giovani talenti”.

Salvo Ugliarolo, Segretario generale Uilcom Uil, ricorda che la situazione è anche figlia di quelle che definisce “non scelte della politica dell’ultimo ventennio. C’è un problema di carenza di visione industriale portato avanti dai vari governi, e l’incapacità di prendere decisioni ha portato alla guerra delle tariffe, che ha avvantaggiato solo il cliente finale. Ecco perché abbiamo visto con favore la fusione tra Fastweb e Vodadone. Poi ovviamente dovremo verificare nel dettaglio gli effetti dell’operazione, entrare nel merito per identificare eventuali ridondanze. Ma nel complesso non siamo preoccupati, visto che parliamo di due grandi realtà che vengono da mondi completamente diversi”.

Discorso diverso per lo scorporo della tra servizi e rete di Tim. “Siamo stati molto critici rispetto a quella scelta, soprattutto perché riteniamo che anche in questo caso come in molti altri l’Italia ha perso la possibilità di mantenere asset strategici. Di fatto la rete nazionale è stata data a un fondo di speculazione americano, che dopo un piano di investimenti a cinque anni, dovrà necessariamente ristrutturare e vendere. Senza contare che non parliamo di un’operazione che risolve i problemi del settore, che in assenza di strategie di sviluppo dovrà affrontare nuove criticità, che ci richiederanno di difendere ancora asset e lavoratori del comparto”.

La sfida dell’AI: occorre governare i processi, non gli algoritmi

C’è poi il tema della diffusione delle soluzioni di intelligenza artificiale. In che modo impatterà sui lavoratori delle telecomunicazione e qual è la ricetta dei sindacati? “L’AI avanza come è avanzata la digitalizzazione e non possiamo bloccarla, ma possiamo fare molto per metterla a supporto del capitale umano”, ha detto Alessandro Faraoni della Fistel Cisl. “Ci sono già regole europee che devono essere fatte rispettare nelle aziende italiane, e noi dobbiamo pretendere che siano introdotte nei contratti di primo e secondo livello del settore, spingendo le imprese non solo a investire sulle persone che gestiranno le nuove attività, ma anche a gestire eventuali problemi legati all’uso della tecnologia, in termini di stress da lavoro correlato. Le aziende devono aiutare i lavoratori confrontarsi in modo congruo con l’AI”.

Per Riccardo Saccone l’importante è pensare a governare i processi, più che gli algoritmi, senza fossilizzarsi su questioni etiche e morali su un processo che non solo è inarrestabile, ma che è già in stato avanzato. “Una volta che abbiamo determinato se l’AI è un bene o un male, qual è l’idea del Paese sull’uso della tecnologia? Non è che se diciamo che non ci piace, la trasformazione si ferma. È indubitabile che l’intelligenza artificiale crei un travaso di ricchezza, producendo oggettivamente un miglioramento della redditività di alcune attività. Certo, c’è il rischio che eroda l’occupazione, ed è per questo che dobbiamo tutti sederci intorno a un tavolo e capire come ridistribuire questa ricchezza, parlando del futuro e soprattutto di come governare i processi”.

Il problema è che sembra proprio che a quel tavolo non si voglia sedere nessuno. Almeno secondo Salvo Ugliarolo della Uilcom Uil. “È vero che la prima preoccupazione è il superamento del lavoro così come lo conosciamo e che la capacità di affrontare i rischi connessi sta nel governare i processi in fase di transizione, ma – lo dico in modo costruttivo – con chi dobbiamo confrontarci? Non abbiamo interlocutori istituzionali. Al netto delle parole che possono dire i politici sui temi, da anni è venuta meno la concertazione vera. Per quanto riguarda l’AI, cerchiamo un confronto con l’esecutivo da quasi venti mesi, soprattutto per approfondire i temi del futuro dei contact center del dumping contrattuale. Di queste cose avremmo la necessità di parlare col Mimit, o col Ministero del lavoro, per accompagnare la trasformazione e governare processi. Ma la verità è che non riusciamo ad avere un’interlocuzione seria con nessuno”.

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