DISAGGREGAZIONE SERVIZI TELECOM ITALIA

Ultimo miglio, Ovum: “Caso pericoloso senza precedenti in Europa”

Secondo la società di analisi l’obbligo di “scorporo” delle attività di manutenzione da parte di Telecom Italia è un unicum a livello comunitario. “Contrasta con la normativa Ue scavalcando le competenze dell’Autorità”. Poco chiaro l’impatto della misura sull’effettiva concorrenza di mercato

Pubblicato il 19 Mar 2012

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Impatto della norma poco chiaro sul fronte degli effetti sulla concorrenza, rischio di incompatibilità della misura con la normativa europea e un precedente senza eguali in Europa che potrebbe minare l’indipendenza delle autorità di regolazione. Queste le tre questioni su cui si sono accesi i riflettori della società di analisi Ovum in merito all’emendamento al Dl Semplificazioni (già approvato alla Camera) che se otterrà il disco verde da parte del Senato obbligherà Telecom Italia a “scorporare” le attività di manutenzione della propria rete di accesso lasciando la mano libera a società terze.

L’analista Luca Schiavoni ha messo nero su bianco le criticità della misura italiana. “In linea di principio – sottolinea l’analista – il provvedimento potrebbe essere positivo per la concorrenza, ma per un giudizio sul merito sarebbe necessario valutare il reale impatto sui prezzi al dettaglio”. “Il metodo utilizzato per introdurre tale misura crea poi problemi gravi – aggiunge Schiavoni -. Ci sono punti interrogativi sulla sua compatibilità con il quadro normativo europeo e la misura potrebbe minare la futura credibilità delle decisioni dell’Autorità italiana”.

L’impatto della misura sulla concorrenza potrebbe essere utile, ma attualmente è poco chiaro

Separare i prezzi dei servizi accessori quali la manutenzione e l’attivazione della linea dal canone mensile di noleggio per l’accesso disaggregato alla rete locale (ULL) potrebbe apparire ragionevole e pro-concorrenza, ma sotto certi aspetti è probabile che crei più problemi di quanti ne risolva. È vero che TI non debba necessariamente essere l’unico fornitore di servizi di manutenzione – e peraltro la società già esternalizza la manutenzione ad altre aziende, spesso a livello locale. Attualmente il servizio di manutenzione è incluso nel modello dei costi utilizzati per determinare le tariffe del servizio ULL, quindi la disposizione che il Parlamento sta cercando di approvare punterebbe a ridurre i costi sostenuti dagli operatori alternativi. Se le aziende che già forniscono questi servizi per conto di TI operassero per conto proprio in modo competitivo, gli operatori alternativi potrebbero ottenere risparmi sul prezzo totale pagato per l’unbundling.

D’altra parte però gli operatori che acquistano l’accesso alla rete locale non darebbero vita a team in-house per effettuare i servizi di manutenzione per conto proprio, se non ci fosse un reale risparmio sui costi di esercizio. Per queste ragioni, è difficile al momento valutare l’impatto pratico della normativa.

E ‘anche interessante notare che la separazione dei servizi di manutenzione dal canone di locazione non è una pratica comune in Europa. Le tariffe per i servizi di manutenzione sono raramente, se non quasi mai, separate da quelle del servizio di accesso principale: Telefonica non lo fa in Spagna, e Orange non lo fa in Francia. Nel Regno Unito, Openreach offre diversi livelli di servizi di manutenzione, ma i servizi base di manutenzione sono sempre inclusi nel prezzo di locazione delle linee.

La disposizione legislativa potrebbe essere incompatibile con il quadro normativo europeo

Nel complesso, la misura può avere un effetto positivo sul mercato, ma ci sono seri dubbi sul metodo utilizzato per realizzarla. Il contenuto della disposizione non è in conflitto con il quadro normativo europeo: l’articolo 9 della Direttiva per l’accesso del 2002 stabilisce che le offerte di riferimento devono essere sufficientemente disaggregate per garantire che le aziende non paghino per gli impianti che non sono necessari per il servizio richiesto. Tuttavia, questo stesso articolo afferma che il potere di vigilare sugli operatori designati come aventi presenza significativa sul mercato (Smp) spetta alle autorità nazionali di regolamentazione, non ai parlamenti.

L’indipendenza del regolatore è stata sottolineata ancor più chiaramente nel nuovo quadro europeo approvato nel novembre 2009, che l’Italia non ha recepito entro la scadenza del maggio 2011. Il quadro rafforza la capacità delle autorità di regolamentazione ad operare indipendentemente da qualsiasi altro organismo in relazione allo svolgimento dei compiti di regolamentazione.

La misura proposta si riferisce ad un cambiamento nel modello dei costi per l’offerta di unbundling una questione che rientra chiaramente nelle competenze del regolatore nazionale, l’Agcom. I poteri del regolatore sono legati alle analisi dei mercati inclusi nella raccomandazione CE del 2007 sui mercati rilevanti. Il Codice delle comunicazioni elettroniche del 2003, che ha recepito il quadro normativo Ue, stabilisce il potere dell’Autorità di svolgere le analisi di mercato e di imporre eventuali misure a carico degli operatori Smp. Agcom deve approvare l’offerta di Telecom Italia prima che essa possa entrare in vigore.

La proposta di modifica al disegno di legge rischia di essere messo in discussione da parte della Commissione Ue, che potrebbe aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia. L’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (Berec) ha già espresso preoccupazione in merito, osservando che la Commissione Ue ha intrapreso un’azione legale in situazioni simili in passato, e che la Corte di giustizia europea ha deciso a favore delle autorità nazionali di regolamentazione in un simile caso nel dicembre 2009.

Un tale precedente potrebbe compromettere la certezza regolamentare

Il tentativo di separare i servizi accessori al servizio principale ULL è probabile che sia in conflitto con la legislazione vigente e con il quadro normativo della Commissione Ue. Essa ostacola anche la certezza del processo di regolamentazione, e mina la credibilità dell’Autorità, aprendo la via alle azioni legali e capovolgendo le decisioni del regolatore. Il precedente stabilito da questo episodio potrebbe essere pregiudizievole per tutto l’ambiente normativo.

Se il governo, il parlamento, o qualsiasi altra istituzione intende proporre modifiche nel settore delle telecomunicazioni, dovrebbe farlo entro il processo di consultazioni pubbliche che accompagna ogni analisi di mercato. E spetterebbe comunque ad Agcom decidere se eventuali modifiche devono essere apportate.

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