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Telecom-3 Italia, il progetto non convince politici e sindacati

Cgil, Cisl e Uil parlano di progetto folle: “Così si consegnano le Tlc italiane in mani straniere, con effetti nefasti sulla competitività del paese e sui lavoratori”. Paolo Gentiloni (Pd) e Maurizio Gasparri (Pdl): “Della questione si discuta in Parlamento”. Analisti scettici

Pubblicato il 12 Apr 2013

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La possibile fusione tra Telecom e 3 Italia non convince politici e sindacati, entrambi preoccupati del futuro di un’azienda strategica per la competitività del Paese. “Se il progetto del Cda di Telecom Italia è quello di scorporare la rete e vendere il resto ai cinesi di Hutchison Whampoa è un progetto folle”. Non usa mezzi termini Michele Azzola, segretario della Slc-Cgil, per giudicare quanto emerso dal board. “Dico che è un progetto folle – puntualizza Azzola – perché consegna il settore delle Tlc italiane in mani straniere, con effetti nefasti sulla competitività del paese. E mentre i politici sono impegnati a confrontarsi su quanto costa un caffè alla buvette, l’economia sta distruggendo il Paese”. “Telecom paga le sciagurate privatizzazioni di fine anno Novanta che hanno spogliato la società della sue ricchezze – conclude il sindacalista – E oggi come allora le conseguenze di questa eventuale integrazione la pagheranno i lavoratori, vittime sacrificali di uno spezzatino aziendale che si profila all’orizzonte”.

Anche Uilcom è preoccupata per le conseguenze di un possibile merger. Salvo Ugliarolo mette in evidenza la non casuale scelta di approfondire la trattativa con il gruppo cinese e accelerare contestualmente sullo scorporo. “E’ chiaro – spiega il sindacalista – che se Hutchison Whampoa diventerà socio di riferimento si debba accelerare anche sulla separazione della rete. Non è pensabile passare di mano un’infrastruttura così ‘sensibile’, dove viaggiano dati importanti anche per la sicurezza nazionale, a una compagnia straniera. In questo contesto si verebbe a snaturare la natura stessa di Telecom che ‘è’ Telecom anche perché è proprietaria della rete”. “Ovviamente – conclude Ugliarolo – le due operazioni avranno impatti pesanti anche sulla tenuta occupazionale dell’azienda nonchè sulla competività dell’Italia”.

Non meno in allerta i metalmeccanici sottolineano. Fabrizio Potetti della coordinatore nazionale Fiom-Cgil del settore Ict guarda con perplessità alle operazioni e ricorda quanto fatto negli Stati Uniti per arginare l’ingresso di capitali stranieri nelle aziende di Tlc. “L’amministrazione Obama ha impedito l’ingresso di società straniere nel capitale del primo operatore nazionale – sottolinea Potetti – dimostrando quanto strategiche per l’economia nazionale siano considerate le telecomunicazioni. E non ci si è limitati a questo: a Huawei e Zte non è stato concesso di installare il proprio parco tecnologico sulle infrastrutture di rete, adducendo motivi di sicurezza nazionale. Il governo italiano dovrebbe battere un colpo e ragionare su questi temi”.

Altro rischio riguarda la nascita di un monopolio cinese nelle Tlc italiane. “La fusione 3 Italia-Telecom, vincolata al fatto che Hutchison Whampoa diventi socio di riferimento – evidenzia il sindacalista – andrebbe a rafforzare la posizione delle aziende cinesi in Italia, dove Huawei e Zte stanno progressivamente sostituendo Nsn, Ericsson e Alcatel-Lucent come fornitori di apparecchiature di rete, facendo leva su prezzi ultracompetitivi. Con impatti negativi non solo sul sistema produttivo italiano, ma europeo”.

C’è infine la questione delle conseguenze sul settore dell’informatica. “Per anni Telecom Italia è stata motore dello sviluppo dell’IT – ricorda Potetti – con il controllo dei cinesi e uno scorporo che risponde solo a logiche finanziarie, a rischiare non saranno solo le Tlc ma anche le aziende di Information Technology”. “Il risultato di queste due operazione sarà quello di impoverire ancore di più le Tlc e l’IT italiano che per anni sono stati all’avanguardia”, conclude.

Stefano Lombardi della Fim-Cisl di Roma evidenzia come “la separazione andrebbe ad impattare negativamente sulla situazione, già critica, in cui versano le aziende di manutenzione che lavorano in appalto e subappalto per Telecom: in questi ultimi anni la compagnia ha infatti puntato al massimo risparmio nei contratti in outsourcing, contribuendo ad indebolire un comparto in difficoltà così come le retribuzione dei lavoratori. In questo contesto, se lo scorporo dovesse essere effettuato in un’ottica di massimo guadagno e rispondendo solo a logiche di tipo finanziario, sarebbe molto rischioso per i lavoratori e per la capacità produttiva del paese”.

Intanto la politica entra nel dibattito post-Cda. Paolo Gentiloni, deputato e responsabile Ict del Partito Democratico chiede “al Presidente Monti e al ministro Passera di riferire urgentemente in Parlamento sul negoziato in corso tra Telecom e H3g”.
“Un silenzio assordante circonda infatti il futuro di un’impresa che, oltre ad essere la principale impresa italiana di telecomunicazioni, possiede anche la nostra infrastruttura di rete e l’accesso all’immenso patrimonio di dati che contiene – sottolinea Gentiloni – Se Telecom finisse sotto il controllo del gruppo cinese si tratterebbe di un fatto senza precedenti tra i grandi incumbent dei Paesi europei. Un fatto carico di ovvie implicazioni strategiche per l’Italia, oltre che di ripercussioni per tutto l’indotto del settore”

“‘Al di là di ogni pregiudizio di merito e, a prescindere dal tema controverso della Golden Share, ritengo doveroso – conclude Gentiloni – informare al piu’ presto il Parlamento sulla situazione”.

Sul ruolo che la politica può svolgere parla anche vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Pdl). “La rete della Telecom è fondamentale per la vita, le comunicazioni, la stessa libertà del nostro Paese – sottolinea – E’ bene capire quale destino potrebbe avere qualora ci siano assetti proprietari diversi alla luce dei negoziati tra Telecom e H3G. La confusione politica non consente di trascurare una questione fondamentale di cui dovremmo discutere in Parlamento”.

“Da tempo si discute della possibilità di costituire una societa’ della rete delle telecomunicazioni – prosegue Gasparri – Credo che questo tema debba essere ripreso alla luce delle iniziative che Telecom sta assumendo in vista di futuri assetti azionari. La rete è un valore strategico di Telecom che non può essere certamente espropriato. Tuttavia riteniamo sia arrivato il momento di cominciare a discutere di progetti che, fatti salvi i diritti dei proprietari, integrino in una società più ampia la rete di telecomunicazione”.

Per Linda Lanzillotta, senatrice della Lista Civica con Monti per l’Italia, le due operazioni “potrebbero avere effetti positivi per la ricapitalizzazione di Telecom Italia”. “Lo scorporo della rete – puntualizza Lanzillotta – è l’unico modo per rilanciare gli investimenti e garantire la neutralità della rete. Per quanto riguarda la possibile integrazione con 3 Italia, questa va letta in un contesto più ampio: ormai le grandi compagnie di telefonia non sono più italiane. Sono considerazioni che ineriscono la natura e la qualità stessa del capitalismo italiano”.

Parere positivo sullo sullo scorporo della rete fissa Telecom da Wind. Per l’Ad Maximo Ibarra sarrebbe “uno scenario molto positivo per Wind“. “Assieme ad una governance solida, lo scorporo è un elemento innovativo e moderno che permette agli operatori alternativi di competere in modo più efficace”, garantendo “lo stesso identico accesso per tutti alla rete fissa in fibra e in rame”. No comment invece sull’ipotesi di fusione tra Telecom e 3 Italia. ‘Vediamo come evolve la situazione”, dice Ibarra.

Anche gli analisti scettici sulla possibile integrazione Telecom-3 Italia. “Rimaniamo scettici sulla fattibilità e sulla creazione di valore di un eventuale deal”, scrivono oggi gli esperti di Ubs in una nota di commento. “La visibilità sulla strategia di Telecom Italia e sul potenziale esito delle negoziazioni in corso rimane molto bassa – puntualizza la nota – Siamo scettici sulla fattibilità dell’operazione di fusione con 3 Italia tra ostacoli politici e di antitrust”.

Ubs nota che anche che i flussi di cassa dell’azienda italiana potrebbero peggiorare nei due anni immediatamente successivi all’ipotetica fusione visto che 3 Italia brucia cassa. A questo vanno aggiunti gli eventuali costi di ristrutturazione, stimati dalla banca svizzera nell’ordine dei 500 mln di euro. Sul tema dello spin-off, invece, l’attuale stallo politico in Italia molto probabilmente ritarderà la capacità di Telecom Italia di finalizzare un qualsiasi tipo di accordo con la Cdp e di ottenere un potenziale deleverage, precisano da Ubs. Rating sell e Tp di 0,45 euro confermati

Anche gli esperti di Cheuvreux continuano ad essere scettici su una possibile integrazione. “Diverse questioni ci rendono scettici sulla fattibilità di un deal”, si legge in un report. La prima riguarda la valutazione di 3 Italia che, secondo i rumors, dovrebbe essere superiore ai 2 miliradi di euro – che implica un multiplo Ev/Ebitda di circa 7 contro i 4 di Telecom Italia. Il deal quindi sarebbe diluitivo per la società italiana. L’operazione, inoltre, porterebbe ad un cambio di controllo con Hutchison Whampoa che diventerebbe il primo azionista di Telco, ma mentre i soci italiani potrebbero essere interessati, “non crediamo che Telefonica sia favorevole a lasciare entrare un secondo socio industriale”. Infine, un cambio dell’azionista di riferimento probabilmente non sarebbe politicamente fattibile nel caso in cui Telecom continuasse a mantenere la rete. Due, comunque, in caso di effettiva fusione i vantaggi per il titolo: il primo, precisano gli esperti, è legato al fatto che la pressione competitiva nel mercato si attenuerebbe e il secondo che il deal potrebbe portare ad una strategia più efficace sulle attività e sul deleveraging. “I rischi ancora superano le opportunità”, conclude comunque il broker. Rating underperform confermato.

Per Societe Generale “viste le difficili condizioni del mercato italiano e il contesto politico ancora molto incerto, pensiamo che il rischio di un ulteriore deterioramento della performance operativa di Telecom Italia resti alta, mentre una fusione con 3 Italia rimane tutt’altro che certa”. Considerati gli alti ostacoli all’operazione (dai disaccordi sulla valutazione agli ostacoli normativi), che avrebbe un impatto positivo sulla posizione creditizia di Telecom, per gli esperti una delle soluzioni per aumentarne la fattibilità potrebbe essere lo scorporo della rete. In merito alla struttura dell’operazione, la banca d’affari spiega che Telecom, per integrare 3 Italia, dovrà emettere nuove azioni a un prezzo, prendendo come base le valutazioni di 3 Italia circolate sul mercato (1,5-2 miliardi di euro o 5,7-7,6 volte l’ebitda 2012, pari a 264 milioni), di circa un euro per azione (rispetto al prezzo di mercato di Telecom di 0,63 euro). Per gli analisti, però, tale valorizzazione (5,7-7,6 volte l’ebitda) sarà difficile da raggiungere. Hutchison avrebbe cosi’ tra il 10 e il 13% di Telecom, più un 16,9-19,9% acquisito direttamente da Telco, che detiene il 22,4% del gruppo tlc

Secondo Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia, “l’iniziativa intrapresa, per un eventuale accordo con l’azionista Hutchison Whampoa, su proposta del presidente esecutivo, sia da considerarsi positiva solo per aver rimesso al centro della attuale crisi grave in cui versa la società, il tema della governance e la definitiva posizione dell’ azionista di controllo, e quindi far uscire allo scoperto le vere intenzioni degli stessi soci Telco”. La notizia di un potenziale nuovo azionista che pone la condizione di diventare di riferimento attraverso operazioni senza lanciare un Opa “è da considerarsi – valuta Asati – utile allo scopo perché riaccende il dibattito per il futuro, ma è solo una provocazione”.

Asati continua a ritenere che “la soluzione migliore sia l’ingresso della Cdp su TI, ma con un governo inesistente a quando si avrà una risposta a questo importante tema nell’interesse fondamentale anche di tutto il Paese?”.

“Asati non presterà più il fianco ad operazioni di sostegno che fanno fuori gli interessi dei piccoli azionisti tutelati solo da una nuova Opa, che quindi auspichiamo, se non verrà al più presto l’intervento di Cdp”. “Infine non essendo stato dato cenno nel comunicato all’altro tema fondamentale della variazione dello statuto, degli articoli 7-19-22 riguardanti la composizione del Consiglio e la golden share, come richiesto da Asati e dal più grande azionista singolo di TI – conclude la nota – siamo certi che sia stato discusso nel cda e ci auguriamo che verrà riportata una proposta concreta nel corso della prossima assemblea, dove Asati rinnoverà la richiesta, prevedendo una assemblea straordinaria entro ottobre prossimo per votare ad aprile 2014 in condizioni più rispettose e dignitose riguardo alle minorities”.

Telecom Italia chiude a +3,76% dopo essere salita del 5% a metà seduta.

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