TELECOM ITALIA

Patuano: “No a scorporo rete per legge”

In audizione al Senato l’Ad affonda: “Telecom è un’azienda sana che non necessita di misure dirigistiche”. E rilancia sulla sostenibiltà del debito: “Abbiamo la copertura per 4 anni”. Tim Brasil: “Non sollecitiamo offerte, l’asset è strategico”. Convertendo: botta e risposta con Fossati sui contatti con Siniscalco

Pubblicato il 21 Nov 2013

Federica Meta

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Telecom Italia è un’azienda ”solida” che non ha bisogno di ”misure dirigistiche” come nazionalizzazione o scorporo ”ex-lege” della rete. Lo ha detto l’amministratore delegato Marco Patuano nel corso di un’audizione al Senato. ”Telecom Italia – ha sottolineato – è un’azienda solida che non necessita di interventi di salvataggio o di misure dirigistiche, quali la nazionalizzazione o lo scorporo ex-lege della rete di accesso finalizzate al raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali posti dall’Agenda Digitale”.

Patuano ha ribadito che il modello di separazione volontaria disegnato da Telecom, basato sull’equivalence of input e approvato dal Cda lo scorso 7 novembre, ”rappresenta una best practice europea secondo quanto prescritto dalla raccomandazione Kroes”.

“Con il nuovo piano di investimenti – ha proseguito Patuano – garantiremo un contributo decisivo per consentire al Paese di assicurare la realizzazione dell’Agenda digitale, colmando il divario esistente con i Paesi più avanzati e avviando un circolo virtuoso per la ripresa economica”.

Telecom accoglie quindi “con favore l’annuncio del Presidente del Consiglio di un public assessment sugli investimenti nelle reti che, siamo convinti, non potrà che valutare positivamente i nostri piani di sviluppo per le infrastrutture di nuova generazione”. Nei giorni scorsi il governo ha messo in piedi una sorta di task force guidata da Francesco Caio con lo scopo di analizzare lo stato della rete telefonica e definire gli investimenti necessari per la banda ultra larga.

Secondo Patuano, inoltre, il piano appena presentato “segna una forte discontinuità rispetto al passato, focalizzandosi su due direttrici principali: il rilancio del mercato italiano e la crescita di quello brasiliano”.

Telecom Italia, ha poi detto, “può contare, a fine settembre 2013, su oltre 13 miliardi tra liquidità e linee di credito; un importo che ci garantisce una copertura delle quote del debito in scadenza per oltre 3 anni. L’aggiunta di ulteriori 4 miliardi di liquidità porterà la copertura delle scadenze finanziarie ad oltre 4 anni”.

“Questo cifre testimoniano come risulti ampiamente garantita la sostenibilità del debito”, malgrado i downgrade di Moody’s e S&P. Proprio su questi giudizi, Patuano ha chiarito che “i parametri della struttura del capitale di Telecom Italia sono in realtà superiori a quelli del suo rating, che tiene conto non solo della struttura patrimoniale dell’azienda, ma anche di una valutazione più ampia del contesto in cui il gruppo si trova oggi ad operare”. Ne deriva che “il principale timore espresso dalle agenzie di rating è che la capacità di Telecom Italia di generare cassa si stia contraendo per motivi in molti casi fuori dal suo controllo e per le difficoltà evidenziate dal business domestico”. Patuano ha ricordato tuttavia che dal 2007 al settembre 2013 il debito si è ridotto di 8 miliardi e “alla fine dell’anno scenderà sotto i 27 miliardi continuando a diminuire nell’arco di piano”.

Telecom Italia intende “affrontare il problema della struttura finanziaria in un’ottica diversa dal passato”, per cui “il deleverage rimane certamente una priorità”, ma “non deve andare a discapito della necessaria flessibilità operativa e finanziaria, di cui l’azienda ha bisogno per sviluppare il proprio business”. Il piano 2014-2016 vede una “visione industriale” a cui “va ricondotta la visione finanziaria, e non viceversa, come accaduto in passato”. Patuano ha detto che “per la prima volta negli ultimi 15 anni, il nostro Piano ha dato una risposta concreta al tema del rafforzamento della struttura patrimoniale del gruppo”.

Parlando del convertendo, l’Ad ha spiegato che era lo strumento “più adatto per cogliere gli obiettivi della società”. “L’esenzione del diritto d’opzione nel caso del convertendo – ha aggiunto – è stata anche dettata dalla volontà di non collocare presso il pubblico indistinto uno strumento finanziario complesso, il cui profilo di rischio-rendimento richiede abilità tipiche degli investitori qualificati per una scelta d’investimento pienamente consapevole”. Inoltre “i soci italiani di Telco non hanno investito nel bond convertendo da 1,3 miliardi, lo ha fatto solo il socio non italiano”.

“Sto facendo predisporre una perizia che fa l’algebra dell’equivalenza del diritto d’opzione per darla al comitato di controllo interno -ha annunciato davanto ai senatori – La perizia non farà altro che confermare che il pricing è giusto: ho avuto tre banche che me l’hanno asseverato, ma per togliere tutti i dubbi prendo un altro e chiedo di rifarmi tutti i conti. Sono veramente tranquillo su quello che dico”.

Al senatore Pd, Massimo Mucchetti, che chiedeva se la Findim sia stata contattata per l’emissione, il manager ha risposto che “mi risulta che Marco Fossati sia stato contattato telefonicamente da Siniscalco”, presidente di Assogestioni. Ma su questo punto è arrivata la smentita di Fossati stesso. “Ribadisco di non aver ricevuto l’offerta di acquisto del convertendo da parte di Domenico Siniscalco, né di essere stato messo in grado di partecipare alla sottoscrizione – precisa il patron di Findim in una nota – Inoltre, come Domenico Siniscalco potrà confermare, sono stato io la sera di giovedi 7 novembre a contattarlo via sms alle ore 22.44 chiedendo informazioni più precise relative al convertendo. A domanda Domenico Siniscalco rispondeva di non essere al corrente dei termini della transazione, e comunque a lui risultava essere un aumento di capitale contingente offerto a tutti”.

La replica di Telecom non si è fatta attendere. “In merito ai contatti intercorsi con l’azionista Findim SA durante il processo di collocamento del bond “convertendo” di giovedì 7 novembre 2013, Telecom Italia precisa che i Joint Bookrunners – anche su indicazione della società – hanno cercato di mettersi in contatto telefonico con l’azionista, non ricevendo risposta – precisa una nota della compagnia – Successivamente, e sempre a processo di collocamento aperto, sono intercorsi contatti fra l’azionista medesimo e un rappresentante dei Joint Bookrunners, da cui non è emerso un interesse dell’azionista a prendere parte al collocamento. Tale interesse è stato, invece, manifestato in una conversazione telefonica avvenuta nella tarda mattina di venerdì 8 novembre 2013, a collocamento ormai chiuso da alcune ore, come reso noto dalla società con comunicato stampa delle ore 7:40, non essendo quindi più possibile dar seguito alla richiesta”.

Mucchetti, che ha incalzato l’Ad di Telecom con una serie di domande relative ai temi e alle modalità del convertendo, ha anche chiesto se il numero uno di Findim fosse stato contattato in tempo utile per avere le informazioni sul collocamento. “Su questo – ha aggiunto Patuano – si pronuncerà la Consob”. Telecom, ha continuato Patuano, ha messo a disposizione tutte le informazioni disponibili delle banche collocatrici del convertendo. E i collocatori non hanno operato per gli amichetti loro, perché i mercati finanziari non si basano sulle amicizie, ma su annunci pubblici a cui potevano partecipare tutti. Erano tutte sono informazioni pubbliche”, ha aggiunto. L’Ad si è detto disponibile ad incontrare Fossati “perché è un’azionista che ha il 5%, ha presentato un piano che ha contenuti neanche troppo dissimili dal mio e io voglio trattare sempre con il massimo rispetto il capitale umano, il capitale di debito e il capitale di equity”.

Mucchetti ha presentato un emendamento alla Legge di Stabilità che modifica l’attuale normativa sull’Opa. A questo proposito Patuano crede che sia “fondamentale è dare certezza e prevedibilità. Poi se il Parlamento decide di alterare i criteri, lo faccia avendo ben presente questi due principi”. “So come ragionano i mercati e i mercati chiedono due cose – ha puntualizzato – Regole certe, per cui quale che sia la soglia basta che sia certa e non ci siano elementi di discrezionalità altrimenti è complesso andare ad agire, e regole prevedibili”.

Rispondendo, invece, alle critiche ricevute sull’operazione di vendita di Telecom Argentina al gruppo Fintech per 700 milioni di euro, il manager ha chiarito: “Telecom Italia deve concentrare gli investimenti nei suoi core markets e ripagare il proprio debito: il miglior contributo di Telecom Argentina al nostro piano industriale era quindi la sua cessione”.

Sul fronte Brasile, Patuano ha sottolineato che Telecom non sta sollecitando offerte per l’acquisizione dei suoi asset. ”Non abbiamo sollecitato e non stiamo sollecitando offerte sul Brasile perché, lo sto ripetendo, per noi è asset strategico”. In ogni caso, ha aggiunto, non potrebbe essere un’operazione bilaterale per motivi di conflitto di interesse. “Non è tanto determinante se arriva qualcuno con un grande assegno, ma cosa si fa – ha evidenziato – Se si vende per pagare i debiti, non va bene perché si rinuncia a una strategia per una non strategia” sottolinea Patuano, ma oggi “non abbiamo un grande assegno davanti a noi”. Se poi “dovesse arrivare un grande assegno, il mio compito non e’ tanto di portarlo al Cda, che sarebbe un dovere, ma di andare e dire quale sarebbe una strategia alternativa: investire in Europa? Perché no. Ulteriormente investire in Italia?”.

Per cedere Tim Brasil, in ogni caso, “non potrebbe esserci che un’asta, non potrebbe essere un procedimento bilaterale perché alcuni dei soggetti bilaterali potrebbero avere un importante conflitto di interesse”. A chi gli domanda perché non ci sia stata una gara per Telecom Argentina, Patuano ricorda che “in Argentina c’é stata un’asta non più tardi di un anno fa. Non è vero che e’ andata deserta, ma si sono presentati personaggi con scarse garanzie di copertura finanziaria”.

Continuando a parlare del mercaro sudamericano, Patuano ha detto che “con Telefonica abbiamo l’assoluto divieto di parlare di mercati su cui siamo in sovrapposizione”, e “in questo momento siamo molto maniacali nel non confrontarci sulle tematiche del Sudamerica”. In Brasile e Argentina tra Telecom Italia e la società di Cesar Alierta “sono botte tutti i giorni, ci stiamo affrontando in maniera piuttosto dura”. E ancora parlando del rapporto con gli spagnoli, questo “va letto a vari livelli: esiste un rapporto in cui c’è un azionista che ha un potenziale conflitto di interessi, su cui non bisogna abbassare la guardia, che va gestito evitando situazioni di imbarazzo; esiste un azionista importante, che va trattato come tutti gli altri azionisti, con la massima trasparenza; ed esiste la possibilità di avere un altro operatore con cui fare ragionamenti industriali e su questo si fa quello che si può fare quando lo si può fare”.

Il manager non vede “la necessità di fare fusioni con altri competitor” in Italia, “anche perché dal punto di vista antitrust non sarebbe semplicissimo fare fusioni che determinerebbero posizioni asimmetriche sul mercato”. Diverso il discorso per l’acquisto di “pezzi di infrastruttura”. Patuano ha sottolineato che “Metroweb è una straordinaria infrastruttura in fibra a Milano, Hera a Bologna ha un’eccellente qualità di fibra, quasi tutti i Comuni hanno messo giù fibra, da qui a dire che riescano a tirarci fuori del valore. Questo potrebbe essere un elemento interessante”. Telecom Italia ha maggiori margini di manovra, “prima facevamo i conti con un bilancio un po’ risicato, oggi avendo riguadagnato un po’ di flessibilità dobbiamo ragionare in un’ottica diversa, fare quello che e’ opportuno fare. Il nostro bilancio è migliorato, dobbiamo sicuramente continuare a lavorarci, ma la rete rappresenta un elemento molto importante del nostro stato patrimoniale”.

In audizione è stato affrontanto anche il tema occupazione. “Il mio problema è che Telecom Italia è da 8 anni che non assume e ogni anno che passa è ogni anno più vecchia”, ha messo in evidenza il manager, spiegando che, a seguito della riforma delle pensioni “non abbiamo gente da pensionare” e questo fa sì che “non assumiamo”. Ne deriva un aumento dell’età media della forza lavoro e “vado a parlare di Internet con un lavoratore di 55 anni, quando dovrei parlarne con suo figlio”.

“Noi da otto anni – ha aggiunto – assumiamo solo decine di unità. Questo non va bene. Non posso neanche spogliarmi dal ruolo di manager e dire porte aperte. L’unico modo, visto che ho dei sindacati di categoria in gamba, è sedersi al tavolo con loro”.

Patuano ha quindi difeso l’accordo con i sindacati del 27 marzo scorso, dicendo che “prevede uno scambio virtuoso fra recupero di efficienza, aumento della produttivita’, riduzione dei costi e garanzia del mantenimento degli attuali livelli occupazionali”. La sfida del nuovo Piano è quella di “assicurare una transizione non traumatica verso il necessario cambio di mix delle competenze”.

Infine l’annuncio sulle buonuscite milionarie a Telecom Italia. ”Abbiamo scelto di non dare mai più contratti paracadute” ha spiegato ”Io non ho contratti paracadute. Se vado via mi danno quello che mi spetta da dirigente come dal contratto collettivo”.

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