TELECOM ITALIA

Tim Brasil, Fossati e Asati: “Fusione con Gvt”

Sul futuro dell’asset Findim e piccoli azionisti non hanno dubbi: “l’accordo creerebbe grandi singergie”. Dimostrando l’indipendenza di Telecom Italia da Telefonica e accelerando la trasformazione della compagnia in public company

Pubblicato il 29 Mag 2014

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Findim e Fossati tornano ad accendere i riflettori sulla necessità di tenere Tim Brasil in pancia a Telecom. Sia società di Marco Fossati sia i piccolo azionisti di TI sono contrari alla vendita dell’asset sudamericano, la cui eventuale cessione non farebbe altro che dimostrare la “dipendenza” del gruppo da Telefonica.

Marco Fossati, in un’intervista a Class, ha ribadito la necessità di agire sul Brasile. “Il management – spiega il numero uno di Findim – dovrà adoperarsi entro il terzo, quarto trimestre di quest’anno per portare a termine operazioni in grado di creare valore aggiunto per la società”. Il riferimento è ad un’eventuale fusione per incorporazione con Gvt – secondo Findim – “complementare a Tim Brasil nelle offerte di contenuti” ma soprattutto perché è una società basata su fibra e quindi in grado di offrire “un potenziale di crescita enorme, sia in termini di offerta multipla che contenuti”.

“Le sinergie sarebbero enormi, si creerebbe un grande player che darebbe del filo da torcere ai nostri concorrenti, Telefonica e America Movil – evidenzia Fossati – Un’operazione da chiudersi attraverso carta e denaro, probabilmente con un piccolo aumento di capitale per rimanere con Tim Brasil consolidata in Telecom Italia, e quindi sopra al 50%”.

Ed in questo scenario auspicabile di crescita per TI, Fossati ribadisce che il futuro di Telecom Italia è necessariamente quello di una public company: “spero venga dimostrato dalle decisioni che prenderà il nuovo cda e dalle deleghe che verranno conferite sulla parte strategica”, dice.

“Per quanto riguarda, invece, Telefonica, non sono suo azionista, non mi compete giudicare, ma dovrà calibrare bene le sue scelte per non trovarsi all’angolo in Sud America – sottolinea – Oggi Telecom Italia ha un’ultima chance. Rilanciare sé stessa, sia sul mercato italiano che su quello internazionale, quindi Sudamerica e Brasile, ma i tempi a disposizione sono molto limitati”.

Il finanziere spera insomma che l’immediata cessione di Tim Brasil non sia necessaria. “Se dovesse rappresentare un’alternativa, occorrerebbe del tempo per massimizzare la vendita, ridurre l’indebitamento e procedere con gli investimenti necessari per recuperare terreno sul mercato domestico, dove c’è ancora molto da fare”.

Fossati non si dice contrario ma dovrebbe essere giustificata da un progetto italiano in grado di creare valore e dovrebbe avvenire a valori molto alti, cosa difficile da realizzarsi oggi.

“E’ una riflessione strategica molto importante, da non sottovalutare, basti pensare che quando Moody’s ha dato un giudizio negativo al bond da 1,5 mld di dollari ha sottolineato l’importanza della presenza internazionale di Telecom Italia – ricorda Fossati – Nel mercato brasiliano l’operazione con Gvt potrebbe avere risvolti interessanti perché potrebbe creare una piattaforma di convergenza diversificata e a valore aggiunto. Questo significherebbe intercettare, potenzialmente, l’interesse da parte di DirecTV, oggi proprietario quasi al 100% di Sky Brasil: 5 milioni di utenti che potrebbe viaggiare sulla nostra piattaforma creando sinergie interessanti. Esiste un percorso di valorizzazione per poter diventare un buon player in Sudamerica. Il sacrificio di una cessione di Tim Brasil, per una riduzione del debito, avrebbe risvolti positivi nell’immediato ma potrebbe giocare contro l’azienda nel lungo termine”.

Sulla stessa scia anche le riflessioni di Asati. “Senza Tim Brasil – è scritto nella nota dell’associazione – Telecom con il solo business domestico non ha futuro e sarebbe destinata a fare la fine di un compagnia regionale con margini in forte diminuzione”.
Secondo Asati potrebbe essere considerata una potenziale cessione solo con un nuovo piano industriale di acquisizioni, e a condizione che si parta da una valutazione della società carioca non inferiore ai 20 miliardi di euro.

Anche i piccoli azionisti focalizzano l’attenzione sul ruolo di Telefonica. ”Nessuno conosce le vere intenzioni di Telefonica a Telco sciolta, ma sicuramente non sarà una vera pubblic company finché ci sarà la sua presenza al 15% con interessi in conflitto in Brasile con Telecom Italia, anzi potrà più agilmente di prima agire in Brasile per perseguire i suoi interessi contrari a quelli del gruppo italiano”. Infatti sciolta Telco, “Telefonica dimostrerà che non controlla più Telecom”, prevede l’associazione.

”Se l’attuale Cda è veramente indipendente”, prosegue l’associazione guidata da Franco Lombardi, ”colga al più presto una straordinaria occasione di crescita in Brasile attraverso una fusione con Gvt realizzando così un vero percorso di sviluppo (con un campione nazionale fisso-mobile ) e si limiti solo a strategie difensive volte allo smantellamento del gruppo”.

“Tra l’altro – conclude la nota – questa proposta trova d’accordo tutti i piccoli azionisti e la stessa Findim come più volte espresso nelle ultime assemblee”.

Anche per Fossati il cda di Telecom Italia non è indipendente “perché è stato eletto al 100% dall’azionariato di Telco e non dal mercato”. Nella stessa intervista a Class, spiega infatti la decisione di inoltrare un esposto a Consob in cui denuncia il controllo di fatto di Telco su Telecom, dissotterrando, di fatto, l’ascia di guerra “sepolta” all’indomani dell’assemblea di aprile con la decisione di scendere sotto il 5% del capitale della compagnia.

“Il nostro esposto rivendica l’esistenza di un controllo di fatto di Telco (azionista al 22,4% ndr) su Telecom Italia – spiega il numero uno di Findim – Dopo l’ultima assemblea, ci è sembrato doveroso dimostrare che questo consiglio non è indipendente perché è stato eletto al 100% dall’azionariato di Telco e non dal mercato. Lo stesso presidente Giuseppe Recchi, nominato invece a maggioranza dall’assemblea, ha perso ultimamente il requisito di indipendenza. Una decisione che accettiamo ma che non è certo gradita”.

Secondo il manager lo scioglimento del patto Telco “può avere ripercussioni molto interessanti sulla società” perché la renderebbe contendibile e darebbe possibilità al nuovo Cda “di compiere scelte strategiche senza nessuna limitazione o influenza da parte di Telefonica e Telco”. Con conseguenze positive uno scenario di consolidamento nel mercato brasiliano e opportunitè strategiche in Italia. Al contrario, se il patto non dovesse sciogliersi “sarebbe imbarazzante, dopo il nostro esposto, sia da parte della Consob che dal nuovo cda, che si definisce indipendente, accusare dell’influenza e comunque un condizionamento da parte di Telefonica sulle scelte del futuro di questa società”.

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