Dagli albori la Repubblica è afflitta da logge, camarille, dossier e liste di varia attendibilità. I tanti nomi fatti affiorare coprirono quelli più misteriosi rimasti tuttora nell’ombra. Grandi fracassi conclusi con la medesima verità: il Palazzo mente o v’è chi mente per il Palazzo, o entrambe le cose. Sorpresa: l’anticorpo nacque agli albori delle menzogne. Il dipartimento della Difesa Usa istituì Arpa nel 1958. Nove anni dopo il suo direttore, Charles Herzfels, finanziò una rete sperimentale di computer su quattro (!) nodi, non immaginando che dagli anni ’90 la rete avrebbe consentito accessi indiscriminati. Nel 2013 oltre 2 miliardi di persone scrissero e-mail, con 246 milioni di domini.
Rammentai questi numeri, leggendo “Massoni”, primo tomo d’una trilogia annunciata di Gioele Magaldi per i tipi di Chiarelettere. Impensabile, solo dieci anni fa pubblicare un’analisi così approfondita dei sodalizi latomici. Non di meno la spedita lettura delle 600 pagine spesso pedanti individuò almeno due buchi insidiosi. Mi guarderò dallo svelarli, prima che l’autore diffonda il terzo tomo e confido che egli sia consapevole dell’impossibilità di mentire alla Rete: “Puoi mentire molte volte a uno ed essere creduto; una volta a molti ed essere creduto; non puoi mentire molte volte a molti e continuare a essere creduto”, disse Franklin D. Roosevelt che avrebbe amato Internet. Tre volumi sono “molte volte a molti”. Per Quintiliano il mendace necessita di buona memoria e – aggiungiamo – di interlocutori smemorati se traffica col Palazzo. La Rete tuttavia ha memoria, peculiare e ferma. Attendiamo dunque il terzo tomo.