Nicita: “Frequenze, serve un approccio sistemico. Agcom è in pista”

Il commissario Agcom: “Non si deve guardare solo al prezzo di assegnazione ma anche alla corretta allocazione dello spettro e ai servizi che verranno forniti. Presto al via la consultazione per la banda 3.6-3.8 Ghz”

Pubblicato il 08 Giu 2015

La valorizzazione di una risorsa finita, come lo spettro, deve essere orientata da un lato al principio dell’assegnazione efficiente (il bene deve andare nelle mani di chi lo valuta di più, perché chi più paga ha i maggiori incentivi a massimizzarne il valore), dall’altro agli obiettivi sociali delle politiche pubbliche (l’allocazione degli usi dello spettro deve essere finalizzata a realizzare determinate finalità, quali l’accesso a determinati servizi per il maggior numero di cittadini-utenti).

Nella storia delle spectrum policy non sempre l’accoppiata di assegnazione (tipologia di titolare) e allocazione (usi definiti per la risorsa frequenziale) è stata ottimale. Non solo per fenomeni di spectrum hoarding (l’incentivo da parte degli incumbent di monopolizzare le risorse per svantaggiare nuovi entranti), ma anche in ragione del fatto che i crescenti fenomeni di rapida innovazione tecnologica hanno man mano ‘rivelato’ che una diversa allocazione degli usi avrebbe potuto favorire una più efficiente assegnazione delle risorse, e viceversa. L’armonizzazione degli usi di determinate bande tra Paesi diversi è apparsa come il requisito necessario per fornire ai produttori di software e apparati economie di scala transnazionali irrinunciabili. Di qui, l’introduzione di secondary trading e delle politiche di refarming.
La valorizzazione della risorsa deve accompagnarsi con decisioni di investimento e di copertura efficienti da parte degli operatori: la definizione dei meccanismi di assegnazione delle frequenze non deve dunque guardare esclusivamente al ‘prezzo’ delle risorse, ma anche alla sua compatibilità economica rispetto all’erogazione dei servizi al consumatore.

Il governo di questi trade-off nella politica regolatoria dello spettro è reso sempre più necessario in ragione della crescita esponenziale nell’uso della banda larga mobile. Esistono diversi modelli che possono essere adottati in funzione delle diverse caratteristiche nazionali. Per questa ragione, la Commissione europea sta procedendo spedita all’armonizzazione e alla liberazione di risorse frequenziali nonché alla loro allocazione efficiente, in una prospettiva dinamica, nel tempo e negli usi. L’Italia è stata tra i primi paesi europei a liberare la banda 800 Mhz per gli operatori mobili, il primo dividendo dello switch off della televisione analogica. Ma altre frequenze sono in arrivo.

La ‘fame di spettro’ potrà trovare un parziale ristoro anche nella imminente disponibilità della Banda L per supplemental downlink. Agcom ha completato la consultazione e ha inviato al Mise i criteri ritenuti idonei per un’assegnazione efficiente, prevista entro la fine dell’annodall’Ue. Un tempo congruo per risolvere eventuali residue interferenze, vere o presunte, le quali, in ogni caso – data la modesta entità e l’uso co-primario SDL – non interferiranno con il valore minimo messo a gara né con i suoi tempi.

L’Autorità ha inoltre approvato la consultazione relativa all’assegnazione e all’allocazione degli usi per la banda 3.6-3.8 Ghz, di imminente pubblicazione. Si tratta di risorse che possono essere impiegate tanto per LTE – LTE advanced che per Fixed wireless, secondo le indicazioni del Piano BUL per la copertura delle zone a bassa densità/copertura di banda larga. Una delle novità che saranno proposte in consultazione, potra’ consistere nell’accoppiare un meccanismo di beauty contest con la predisposizione di obblighi sociali, quali la connessione gratuita, per un certo periodo, alle istituzioni che il MISE individuerà in determinate aree (scuole, musei, siti turistici e così via).

Ciò dimostra che i meccanismi di assegnazione selettiva delle risorse spettrali possono essere diversi in funzione degli specifici obiettivi di policy prefissati, in via coerente, dalla Commissione europea, dal Governo, dalla legislazione. Il ‘pacchetto’ di liberazione di risorse frequenziali per la banda larga e ultra larga mobile potrebbe poi completarsi con un ‘efficientamento’ della banda 2.3Ghz. Più lungo è invece il processo pensato per la liberazione della banda 700 Mhz che, in Europa, in Rapporto Lamy fissa al 2020, con facoltà agli stati di anticipare o posticipare di 2 anni tale data.

I processi di refarming – specie quelli che comportano una ) sostituzione tra operatori televisivi e operatori telefonici – sono lunghi e complessi. Sotto questo profilo, avere un tempo lungo permette una pianificazione ordinata e l’individuazione di misure idonee di compensazione, prima tra tutte quelle della compensazione ‘in natura’. In Italia – dove un processo di refarming analogo si è compiuto tra molte difficoltà in relazione allo switch off tra analogico e digitale – i tempi potrebbero essere meno rapidi di quelli osservati in altri Paesi.

Va tuttavia considerato che l’accelerazione di paesi quali Francia e Germania, proprio sulla banda 700 Mhz costringono ad aprire la discussione sulla tempistica. Innanzitutto partendo da due questioni ‘televisive’: da un lato l’eccesso di capacità trasmissiva, dall’altro le spinte concentrative osservate nel cosiddetto ‘mondo delle torri’. Proprio per l’eredità del vecchio refarming, il nostro paese presenta, infatti, un numero record di Multiplex, con un ampio numero di canali sottoutilizzati. È lecito chiedersi se davvero al Servizio pubblico servano 5 MUX, se la pay tv sul terrestre possa reggere la concorrenza con quella satellitare o in streaming ip, se l’emittenza locale possa sostenere sei volte tanti canali trasmetteva in analogico. Sotto il profilo del consumo di banda il passaggio all’HD e al DVBT2 sembrano compensarsi.

Appare quindi evidente che per il refarming del 700 e, successivamente, di altre porzioni della banda UHF, non esiste un problema attuale o prospettico di scarsità di banda per uso broadcast, ma solo un problema di percorso, di diritti acquisiti e di indennizzi, complicato da una normativa complessa e stratificata. Ad aiutare la regolamentazione e i negoziati dovrebbe aiutare la consapevolezza che la situazione attuale e un ritardo sui tempi scelti dagli altri paesi europei costituiscono una situazione lose-lose per i consumatori, per le finanze pubbliche, per gli operatori mobili e, in ultima analisi, per gli stessi broadcaster.

Un ulteriore aiuto a semplificare il processo può venire da un operatore unico delle torri di dimensioni europee, non integrato verticalmente con i fornitori di contenuti e sottoposto a regolazione dell’accesso e dei prezzi. Un soggetto con tali caratteristiche oltre a realizzare sinergie, economie di scala e di scopo e a incoraggiare l’ingresso di nuovi operatori televisivi ai diversi livelli della filiera, può diventare il braccio operativo dei refarming che ci attendono, complicati anche dall’anomalia italiana nel comparto dell’industria del towering.

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