LA CONFERENZA

Big data: sono loro i veri nemici del libero mercato?

Price discrimination, privacy, nuova distribuzione delle leve del potere al centro del dibattito sul futuro delle informazioni sull’utente al centro della conferenza organizzata alla Camera. Agcm, Agcom e Garante Privacy pronti a lanciare un’indagine congiunta in Italia sui nuovi scenari

Pubblicato il 30 Ott 2015

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L’erosione della privacy nella società e nell’economia odierna è uno dei temi più dibattuti ed eventi recenti – la sentenza della Corte di Giustizia europea sul diritto all’oblio e la decisione sul Safe Harbor – ne hanno sottolineato quanto mai l’urgenza. La privacy però non è solo questione per gli uffici legali o i giudici, né solo una conquista dei diritti dell’uomo: nell’era di Internet e dei Big data è sempre più un tema economico. In questi termini ne ha parlato il professor Andrew Odlyzko della School of Mathematics della University of Minnesota nella conferenza organizzata dall’Intergruppo parlamentare per l’innovazione tecnologica.

Secondo la tesi del professore, l’erosione della privacy, e quindi lo sfruttamento dei dati personali per il profitto delle imprese, in particolare per creare fasce di prezzo differenziate (price discrimination), può portare, in uno scenario estremo, alla distruzione stessa del capitalismo e del libero mercato. “Due eventi recenti che hanno colpito l’opinione pubblica americana ne sono l’esemplificazione: il forte aumento dei prezzi dei farmaci generici e lo scandalo Volkswagen“, ha spiegato Odlyzko. Perché questi eventi sono un campanello d’allarme per il buon funzionamento del capitalismo? Nel caso dei produttori dei farmaci generici è chiaro che esiste un tentativo di creare monopoli: le aziende si fondono tra loro o comprano diritti esclusivi sui brevetti, alzando poi i prezzi. Il caso Vw (ma non è l’unico) evidenzia le pratiche “opache” di aziende che preferiscono non giocare lealmente nel libero mercato. Il professore ha citato anche l’intesa con cui alcuni colossi della Silicon Valley si sono promessi di non “rubare” ingegneri e specialisti l’una all’altra negli anni 2005-2009 (il caso è poi finito in tribunale come High-Tech Employee Antitrust Litigation). “La verità è che tutti diciamo che il libero mercato è un modo sano ed efficace di far funzionare l’economia, ma a nessuno piace veramente: le aziende preferiscono aggirarlo”, ha commentato Odlyzko.

La price discrimination, in particolare, minaccia il libero mercato sovvertendo i tradizionali meccanismi di adeguamento domanda-offerta. La price discrimination non è ovviamente un fenomeno nuovo, ma è la tecnologia che la rende oggi così sofisticata: le aziende – alcune, almeno – sfruttano le enormi quantità di dati che raccolgono (i Big data), e quindi i profili sempre più accurati che riescono a costruire sui loro utenti, per proporre a ciascuno un prezzo diverso del loro prodotto o servizio. Il prezzo sarà tanto più alto quanto maggiore è la disponibilità del cliente – calcolata in base all’analisi dei Big data – a spendere per quel prodotto. Questo sistema viene presentato come efficiente, perché teoricamente “su misura”; in realtà secondo Odlyzko crea forti disparità e si basa anche su massicce violazioni della privacy, visto che solo con l’intrusione nei dati personali si arriva a conoscere a fondo l’utente. Si arriva al paradosso per cui la tecnologia, anziché motore di innovazione, diventa strumento per una price discrimination sempre più perfetta, mentre la capacità di alcune aziende di raccogliere e analizzare dati con algoritmi potenti e complessi le rende simili a dei monopoli. I dati diventano la nuova discriminante competitiva, ponendo una barriera all’ingresso sul mercato per chi non li ha. Quale soluzione a questa deriva? Odlyzko non ha dubbi: le regole. Anche se l’America è nota per l’approccio regolatorio light touch, il professore pensa che si dovrà spostare verso un maggiore “interventismo” se si vuole salvare l’economia di mercato.

Il tema è stato ripreso nel dibattito seguito alla conferenza del professor Odlyzko: la tavola rotonda, moderata da Francesco Sacco, esperto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha visto la partecipazione di Giovanni Pitruzzella, presidente dell’autorità garante della Concorrenza e del Mercato, di Antonio Nicita, commissario dell’Autorità per la garanzia nelle Comunicazioni, e di Roberto Lattanzi, dirigente del servizio studi e documentazione del Garante per la protezione dei dati personali.

“I Big data hanno un impatto enorme perché cambiano la distribuzione delle leve del potere e pongono una difficile sfida per il regolatore. Oggi la concorrenza si gioca tra chi ha piena conoscenza dell’utente e chi no. Non avere dati sul consumatori può rappresentare una barriera all’ingresso su un mercato”, ha indicato Pitruzzella. “I dati sono la nuova forma di market power”. Per mitigare i rischi è fondamentale la cooperazione tra authority. “Oggi come non mai è chiaro che la legge sulla privacy e le policy in materia di concorrenza sono collegate. Le autorità devono lavorare insieme non solo in Italia ma a livello Ue”. Per l’Italia Pitruzzella ha lanciato la proposta di un’indagine congiunta di Agcm, Agcom e Garante Privacy, raccolta con favore tanto da Nicita che da Lattanzi.

“Bene un’indagine di mercato tra le tre authority che faccia il punto della situazione sul tema dei Big data, chiarisca meglio come procedere caso per caso e sappia magari anche proporre delle linee guida”, ha detto Nicita. Il commissario Agcom ha osservato che, in tema di discriminazione di prezzo generata dalla profilazione dell’utente, alcune proposte di prezzi diversi per fasce di utenti o per servizi offerti (per esempio, i bundles) possono generare efficienza accrescendo la domanda, ma “solo a determinate condizioni: gli effetti escludenti da un lato per soggetti dominanti in dati mercati rilevanti e la correlazione positiva o negativa delle preferenze dei consumatori rispetto ai prodotti contenuti in bundle”.

Le autorità dovranno vigilare proprio per garantire che le discriminazioni dirette o indirette di prezzo, mentre migliorano l’efficienza e l’innovazione, non si trasformino da vantaggio in freno alla concorrenza e all’innovazione o ostacolo al consumo. “Ha ragione Odlyzko a dire che un eccesso di estrazione di rendita ai consumatori, via discriminazione di prezzo, può inibire la concorrenza e colpire al cuore le caratteristiche precipue di mercati concorrenziali generando una sorta di ‘informational after-markets’ ovvero di ‘informational capture’. Occorre coniugare spinta all’innovazione, e i grandi ‘doni’ del web e di Internet, che vanno sempre ricordati e apprezzati, con un maggiore potere contrattuale dell’utente-cittadino sulla Rete”, ha concluso Nicita. Nell’economia digitale, infatti” la tutela di sé non è più solo difesa di un diritto alla privacy: deve essere anche restituzione di potere contrattuale sulla gestione della propria proiezione sul web (privacy, copyright, proprietà e portabilità dei dati) e, perché no, anche capacità di guadagnare al soggetto che, con la propria espressione sul web, crea il dato”

La price discrimination non è tema da Garante della privacy, è intervenuto Lattanzi, ma lo diventa nel momento in cui le aziende violano la privacy per collezionare quei dati che servono per segmentare l’utenza e creare diverse offerte di prezzo. Lattanzi ipotizza la possibilità di esigere maggiore trasparenza dalle aziende che raccolgono dati, chiedendo di conoscere almeno in parte i loro potenti algoritmi, ma anche, in linea con quanto espresso da Nicita, di ridare controllo ai consumatori. “Per cogliere le opportunità del nuovo mercato è importante non discriminare tra gli individui”. Lattanzi ha sottolineato anche la necessità di una carta internazionale dei diritti di Internet: i temi della privacy, della concorrenza e della discriminazione sono senza confini come il web. “Tanto più che i grandi attori dei Big data non sono europei e si pone un problema di giurisdizione”, ha chiarito Lattanzi. “Non ci si può basare sulle singole entità nazionali, occorre una carta dei diritti sovranazionale, e questo è un tema di cui dovrà occuparsi in prima istanza la politica”.

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