LA SENTENZA

Cellulari e tumori. La sentenza storica dell’Italia: “C’è un legame”

Il Tribunale di Ivrea ha riconosciuto, per la prima volta al mondo, un nesso causale fra l’utilizzo errato del telefono e una malattia invalidante. Un dipendente Telecom affetto da neurinoma acustico sarà risarcito con una rendita vitalizia da 500 euro al mese. Ma l’Oms precisa: “Campi elettromagnetici possibili cancerogeni. Ma nessuna evidenza di effetti avversi dall’esposizione”

Pubblicato il 20 Apr 2017

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“Per la prima volta al mondo una sentenza di primo grado ha riconosciuto un nesso causale tra l’uso scorretto del cellulare e il tumore al cervello”. Gli avvocati torinesi Renato Ambrosio e Stefano Bertone commentano così la sentenza del Tribunale di Ivrea che ha previsto per un lavoratore di Telecom una rendita vitalizia da malattia professionale.

La vicenda riguarda Roberto Romeo, a cui è stato diagnosticato 7 anni fa un neurinoma dell’acustico, un tumore benigno comunque invalidante, che secondo i giudici è stato causato dall’uso prolungato del cellulare. “Per quindici anni ho utilizzato il telefono cellulare anche 3-4 ore al giorno, a casa e in macchina, senza gli auricolari. Poi, nel 2010, ho cominciato ad avvertire una persistente sensazione di orecchie tappate e mi è stato diagnosticato un neurinoma al cervello – racconta Romeo – Ho subito l’asportazione del nervo acustico e oggi non sento più dall’orecchio destro”.

La sentenza emessa dal Tribunale di Ivrea ha previsto per il lavoratore una rendita vitalizia da malattia professionale, che sarà corrisposta dall’Inail. Il consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice del lavoro di Ivrea ha infatti riconosciuto a Romeo un danno biologico permanente del 23%, che sarà risarcito con un’indennità di circa 500 euro al mese per tutta la vita della vittima.

La sentenza ha monopolizzato in pochi minuti il dibattito in Rete, in particolare sui social network. E sulla vicenda è intervenuta anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ricordando il “gran numero di studi condotti negli ultimi vent’anni per capire se l’uso del telefonino rappresenta un rischio potenziale per la salute umana. Ma al momento non sono stati provati effetti avversi” provocati dall’impiego del cellulare. L’Oms precisa che gli studi finora hanno indagato gli effetti dei campi a radiofrequenza su attività elettrica del cervello, funzione cognitiva, sonno, battito cardiaco, pressione e tumori, sottolineando che il gruppo di esperti dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato nel 2011 i campi elettromagnetici a radiofrequenza quali “possibili cancerogeni” per l’uomo (gruppo 2B).

Il gruppo di lavoro – 31 scienziati di 14 Paesi – aveva concluso che l’analisi dell’uso dei telefoni cellulari per oltre 10 anni non aveva dimostrato un aumento del rischio di glioma o meningioma, ma per gli esperti Oms c’erano “alcune indicazioni di un aumento del rischio di glioma” per i super-utenti che stanno per ore e ore al giorno al telefonino. Le evidenze al momento disponibili, precisava la Iarc, sono limitate a queste due neoplasie.

Potrebbero dunque esserci rischi legati all’uso dei cellulari ma, aggiunge l’Oms, occorre continuare a monitorare con attenzione il legame fra telefonini e tumori. Nell’attesa di ulteriori dati, la raccomandazione degli esperti Iarc era quella di ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, per esempio utilizzando gli auricolari o preferendo gli sms alle telefonate. Una raccomandazione ribadita dall’Oms, che sottolinea l’aumento in questi anni dell’uso del telefonino, anche da parte di gruppi vulnerabili come ad esempio i giovanissimi. Attualmente l’Organizzazione mondiale della sanità sta realizzando anche indagini su bambini e adolescenti. “Al momento nessuno studio suggerisce una evidenza consistente di eventi avversi per la salute dall’esposizione” alle onde dei telefonini, ricorda infine l’Oms, concludendo anche che gli studi sugli animali non hanno mostrato un “aumento di rischio di tumori dall’esposizione a lungo termine”.

Anche Carmine Pinto, presidente dell’Aiom, l’associazione italiana di oncologia medica, sottolinea l’assenza di evidenze scientifiche circa un rapporto causa-effetto fra l’uso del cellulare e l’incidenza del cancro. “Non conosco la sentenza – premette Pinto commentando all’Agi la sentenza del tribunale di Ivrea – ma posso dire che in 20 anni la letteratura scientifica non ha prodotto evidenze certe sulla correlazione tra cellulari e cancro, ci sono diversi studi contraddittori, non esaustivi”. Il punto, ricorda l’oncologo, è che i cellulari emettono campi elettromagnetici a bassa frequenza, e “su questi campi non ci sono studi completi. Non ci sono prove che anche basse frequenze riescano a influire sui neuroni tanto da provocare un cancro cerebrale”. Anche perché, prosegue, “dal momento che l’irradiamento di questo tipo di campi è molto tenue, ci vogliono 30 anni per poter valutare in maniera attendibile i possibili effetti sul cervello. Senza contare che in questi decenni la tecnologia è enormemente cambiata ed è difficile fare comparazioni”.

Il Codacons commenta il provvedimento dei giudici chiedendo di Inserire indicazioni e avvertenze sui cellulari circa i rischi per la salute umana, al pari di quanto avviene per le sigarette. “Questa sentenza apre la strada alla class action che attualmente il Codacons sta studiando in favore di tutti i possessori di telefoni cellulari, per i rischi alla salute corsi attraverso l’utilizzo dei telefonini – spiega il presidente Carlo Rienzi – Una azione collettiva che vedrà tra i destinatari anche l’Inail, che ancora non ha inserito tra le malattie professionali quelle causate dall’uso dei cellulari”. Intanto, aggiunge Rienzi, “attendiamo la decisione del Tar sul nostro ricorso volto ad ottenere avvertenze sulle confezioni del telefonini circa i rischi per la salute umana, al pari delle indicazioni presenti sui pacchetti di sigarette”.

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