Una fintech italiana conquista Uber. In Gran Bretagna la società di trasporti ha scelto una startup tricolore per offrire ai propri autisti inglesi una pensione integrativa e servizi di consulenza finanziaria per la gestione del risparmio. Si tratta di Moneyfarm, fondata a Milano nel 2011 da Giovanni Daprà e Paolo Galvani con sede Londra.
La partnership con Moneyfarm sul mercato europeo segue quella siglata negli Stati Uniti con Betterment, uno dei leader mondiali della robo-advisory. La startup offre un servizio basato su una tecnologia molto simile a quella di Betterment, l’uso dei robot advisor, servizi di consulenza digitale, quasi completamente automatizzati, che offrono suggerimenti di investimento ai risparmiatori.
“Abbiamo trovato con Uber una unità di intenti immediata e facile – commenta Daprà – figlia dello spirito innovatore che accomuna le nostre realtà, e siamo felici di poter dare il nostro apporto per un futuro finanziario più sicuro agli autisti affiliati”. La strategia di crescita di Moneyfarm stapuntando molto sulle pensioni del futuro. Anche in Italia, dove entro l’estate sarà lanciata una nuova gamma di prodotti pensionistici.
Considerata tra le aziende tecnologiche italiane di maggiore successo internazionale, Moneyfarm ha raccolto finora 29 milioni da fondi di venture capital. L’ultimo aumento di capitale da 7 milioni, cruciale per le sue strategie di business, è stato firmato a settembre 2016 con il colosso tedesco delle assicurazioni Allianz.
Moneyfarm è un esempio di come player sempre più innovativi stiano rivoluzionando i servizi finanziari. Eppure l’ecosistema italiano del fintech non è ancora pronto a cogliere i grandi cambiamenti in corso e mostrando un ritardo nei trend tecnologici più significativi. A dirlo una ricerca dell’Osservatorio Digital Finance della School of Management del Politecnico di Milano presentata oggi al convegno “Digital rethinking nel banking e finance”. Dal 2011 a oggi sono nate a livello internazionale oltre 750 nuove aziende, con oltre 26,5 miliardi di dollari di finanziamenti raccolti, che stanno creando anche opportunità di collaborazione con un forte attivismo in particolare sui servizi bancari di base del mondo finanziario (funding & lending).
L’indagine svolta dall’Osservatorio rivela come la categoria più numerosa tra le startup, il 58%, sia quella dei servizi di Banking, seguita dagli Investment Services (21%) e poi da altri servizi (17%). Il banking è anche la categoria che raccoglie i maggiori finanziamenti, il 72% del totale, con un particolare successo per le startup di Lending & Financing che da sole rappresentano il 59% (circa 16 miliardi di dollari). Il 96% delle startup fintech si rivolge direttamente al consumatore o a un’azienda non finanziaria, ponendosi quindi come concreta alternativa alle banche anche come target. Seppure molte “non riusciranno a disintermediare il mondo finanziario tradizionale, ne diventeranno un partner utile per i loro obiettivi”.