La quotazione del social network Snapchat (Snap Inc) ha interrotto una lunga stagione di vacche magre per gli “unicorni”, cioè per le società innovative e a elevato contenuto tecnologico che sono state valorizzate sopra il miliardo di dollari da investitori privati prima ancora di cercare finanziamenti in borsa. Per ora le cose sono andate piuttosto bene: al debutto (giovedì 2 marzo) il titolo è cresciuto del 44 per cento rispetto al prezzo di 17 dollari per azione fissato nell’offerta iniziale, e ha continuato a crescere venerdì, per poi ripiegare il lunedì successivo. Snap Inc viene dunque valutata intorno ai 29 miliardi di dollari, che è poco rispetto ai quasi 400 miliardi di Facebook e ai quasi 600 miliardi di Google, ma comunque largamente sopra Twitter, che finora è stato uno degli unicorni più deludenti rispetto alla quotazione iniziale.
Snapchat si autodefinisce una “società della fotocamera” (camera company) in quanto il suo modello di business è fondato sullo scambio di immagini e video che “spariscono” dopo pochi secondi, con ricavi che derivano (quasi) esclusivamente dalla vendita di pubblicità personalizzata. Come ammesso nello stesso prospetto informativo, all’inizio foto e video “che si autodistruggono dopo pochi secondi” venivano percepiti – soprattutto dall’esterno – come un modo di fare sexting, cioè di scambiarsi immagini a sfondo sessuale. A detta di Snap Inc, questo utilizzo non è quello preponderante: moltissime altre esperienze e immagini sono più facilmente condivisibili se si sa che si autodistruggeranno, così da mitigare timidezza e perfezionismo in chi le manda. Non solo: sperando di fare meglio dei Google Glass, Snapchat ha introdotto alla fine dello scorso anno gli Spectacles, occhiali con fotocamera pensati proprio per essere utilizzati dai suoi utenti per condividere i contenuti. Potrebbe essere un modo per produrre ricavi aggiuntivi allargandosi a monte dal software all’hardware.
Quali sono i numeri di Snapchat? Come raccontato da Luca Tremolada su Il Sole 24 Ore, gli utenti attivi al mese sono 235 milioni (ancora molto lontani dal miliardo e 700 milioni raggiunti da Facebook) mentre quelli attivi giornalmente sono all’incirca 100 milioni. I numeri economici sono ancora pesanti: la perdita nel 2016 è leggermente sopra il mezzo miliardo di dollari, con un fatturato di 400 milioni circa, che è tuttavia sette volte tanto quello del 2015 (60 milioni circa). Il grande punto di domanda è naturalmente sulla data futura – o futuribile – in cui Snapchat riuscirà a produrre utili in maniera stabile e consistente.
Chi sono i suoi concorrenti
Nel prospetto informativo Snap Inc mette in evidenza il fatto che un investimento nelle sue azioni sia particolarmente rischioso, anche perché dal punto di vista della corporate governance tutte le nuove azioni messe sul mercato non hanno diritto di voto: da ciò consegue che i due fondatori – Evan Spiegel e Bobby Murphy – avranno potere decisionale sui destini della società anche nel momento in cui cedessero ogni loro partecipazione. E dal lato dei ricavi potenziali futuri, sono in molti – a partire da Nicole Bullock e Hannah Kuchler sul Financial Times – a sottolineare la forte concorrenza da parte di Facebook, Instagram e ora anche Whatsapp nel permettere di creare “storie”, cioè sequenze di filmati e di video che possono essere visualizzati solo una sola volta da parte degli altri utenti. Dal lato dei vantaggi competitivi, bisogna però tenere presente tre aspetti cruciali nella proposta di Snapchat:
1) ha il vantaggio di chi si è mosso per primo nel proporre l’idea di video e immagini che si autodistruggono;
2) è molto forte tra i teenager e i giovani, ovvero gruppi molto appetibili dal punto di vista di chi vuole vendere pubblicità, e che sovente disdegnano Facebook come luogo virtuale “troppo vecchio” e peraltro frequentato dai loro genitori (e pure dai nonni);
3) l’utilizzo da parte dei suoi utenti è molto intenso, perché lo si condivide con la cerchia più ristretta di amici, virtuali e non: si tratta dunque di un’esperienza molto più intima di Facebook e Twitter.
Tuttavia, se vogliamo pensare a scenari di medio e lungo termine, il vero rivale per tutti è il social network tuttofare ideato dalla Tencent, che si chiama WeChat e che nel 2016 – forte della sua presenza monopolistica in Cina – ha raggiunto quasi 900 milioni di utenti. Amici europei che lo usano in Cina lo descrivono come un social network tuttofare perché combina l’aspetto di microblogging di Twitter, le storie di Snapchat e Facebook, le conversazioni di Whatsapp e un uso sempre più frequente come application per effettuare piccoli pagamenti.
WeChat è oggi relativamente poco usato fuori dalla Cina (comunque da almeno 150 milioni di utenti), ma come cambierebbe il panorama competitivo dei social network nel momento in cui WeChat decidesse di investire pesantemente nei mercati occidentali? Ritroveremo Spiegel e Murphy di Snapchat a fianco di Mark Zuckerberg nel chiedere a Donald Trump robuste – e inedite – dosi di protezionismo virtuale?
* Tratto dal sito www.lavoce.info