«Non si fanno le nozze con i fichi secchi». Linda
Lanzillotta, deputato dell’Api ed ex ministro per gli
Affari regionali, si affida a un vecchio proverbio per
“smontare” la strategia digitale del governo.
Lei dice che non si fanno le nozze con i fichi secchi.
Eppure il ministro Brunetta ci tiene a sottolineare che la sua
innovazione è a costo zero e che, nonostante la crisi, sono stati
raggiunti importanti successi..
Questo governo non ha in alcun modo finanziato l’innovazione. E
quando dico “finanziare” non mi riferisco certo ad un aumento
di spesa, tutt’altro. Mi riferisco invece a una ristrutturazione
della spesa che faccia leva su una forte riorganizzazione dei
processi, che non mi pare ci sia stata finora. Quello che è
mancato è un “piano manageriale” di riassetto della Pubblica
amministrazione settore per settore, linea di attività per linea
di attività, in grado non solo di iniettare tecnologia, ma
soprattutto di generare risparmi facendo efficienza. Per quanto
riguarda i successi del piano E-gov 2012, vorrei capire dove sono:
il ministro aveva promesso di dare conto dei passi avanti fatti
nelle singole iniziative e invece non l’ha fatto, soprattutto
negli ultimi tempi.
È innegabile però che sulla giustizia digitale e sui
certificati di malattia online dei risultati sono stati
raggiunti.
Riconosco che l’unico settore in cui la digitalizzazione ha fatto
dei passi avanti è la giustizia, ma con risorse in capo a via
Arenula. Diverso il discorso dei certificati digitali: non si può
sostenere che la PA è cambiata perché si inviano per via
telematica dei documenti. In termini di miglioramento del servizio
pubblico cosa ci guadagna il cittadino? E soprattutto come impatta
il progetto su una sanità che si differenzia fortemente da Regione
a Regione? Anche in questo caso è mancata la governance
dell’innovazione.
Dove ha sbagliato Brunetta a suo avviso?
Il governo ha sbagliato ad abbandonare i tavoli di confronto, come
la commissione permanente per l’innovazione tra governo ed enti
locali voluta dal governo Prodi. Uno strumento che oggi, mentre si
rafforza il federalismo, sarebbe utilissimo per definire politiche
ad hoc condivise che evitino ridondanza di investimenti e, quindi,
di progetti, per facilitare il dialogo con le imprese Ict italiane,
contribuendo a mettere a sistema l’innovazione. Ma per far
funzionare una commissione così articolata serve un impegno
continuo e faticoso che, evidentemente, il ministro non si è
sentito, di mettere in campo.
L’impegno c’è stato per il nuovo Cad. Come giudica le
regole aggiornate?
Il testo contiene un esorbitante numero di disposizioni di
carattere programmatico prive di effettivo valore giuridico.
Sancisce, ad esempio, il diritto dei cittadini e delle imprese alla
fruizione dei servizi informatizzati da parte della pubblica
amministrazione. Ma qualcuno ha più visto gli 800 milioni di euro
destinati a modesti interventi per la banda larga? Allora come
potranno i cittadini e le imprese far valere questi nuovi diritti
telematici se intanto è loro negato l’accesso ad una rete
veloce? Come potranno ottenere un servizio online se non si innova
sull’organizzazione dei processi organizzativi? Ciò non
significa che non si debba affermare il diritto a fruire di servizi
amministrativi digitalizzati, ma che questo deve essere il punto di
arrivo di una potente azione di modernizzazione di tutti i livelli
e di tutte le aree della nostra complessa governance amministrativa
oltre che di una massiccia ristrutturazione della spesa. Non
parliamo poi delle strutture pubbliche che si occupano di
innovazione…
Parliamone invece…
Per ridurre la spesa pubblica il ministro aveva annunciato una
riorganizzazione per Sogei, Consip, Poligrafico e DigitPA che
spesso svolgono attività similari. Ma della riorganizzazione non
c’è traccia.
L’ex Cnipa è stato riformato e il Cad gli affida nuove
funzioni.
Sì, peccato non si capisca bene cosa debba fare in questa sua
“seconda vita”.
Una delle attività è i monitoraggio della diffusione
della Pec tra cittadini e imprese, ad esempio.
La Pec non funziona. Il perché è di facile intuizione: non ci
sono servizi annessi e, dove ci sono, i cittadini preferiscono
fruire delle prestazioni via Web, dato che almeno dal 2005 gli enti
locali dialogano tramite Internet con l’utente. Stando così le
cose, a cosa serve la Pec?
Lanzillotta: “All’innovazione manca un governo”
L’ex ministro per gli Affari regionali: “Senza un piano industriale che preveda una ristrutturazione della spesa non è possibile nessuna riforma”. E accusa: “Sbagliato aver chiuso il confronto con Regioni ed enti locali”
Pubblicato il 09 Mag 2011
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