Mai uno sguardo al computer. Quasi mai lo smartphone in mano. Il commissario Montalbano veleggia trionfante nelle sue inchieste nudo alla meta. A lui la tecnologia, 50enne campione di ascolti della Rai, non serve. A casa, seduto nel famoso terrazzino sul mare, usa il cordless. Può capitare di vedere qualche oggetto connesso spuntare dalle tasche di un collaboratore, questo sì. Ma nemmeno un’ombra digitale, per il commissario di Vigata macchina da guerra della Rai: la puntata di ieri sera ha toccato il 44,1% di share, record assoluto. La Tv pubblica ci ha costruito una fortuna: serie amatissima in Italia, è conosciuta in mezzo mondo. Il commissario va sui piccoli schermi degli Usa, della Russia, del Regno Unito. Il Kommissær Montalbano è amatissimo in Danimarca, in Francia, Svezia, Argentina, Australia… La Sicilia ricostruita da Tullio Camilleri, antica ma familiare, costringe le altre reti televisive a rivedere i palinsesti per non uscire malconce dalla guerra quotidiana sui dati d’ascolto.
Ma niente. Montalbano è pre-digitale. Eppure di occasioni ne avrebbe avute. In fondo ha debuttato insieme al primo Blackberry, un anno dopo il Mac e a pochi mesi dalla nascita di Google. Vero che il commissario è impermeabile a quanto accade nel mondo: non solo la tecnologia non lascia tracce, ma neanche la morte di D’Antona, per dire, o la comparsa dell’euro. Montalbano raddrizza i torti del mondo in totale digital divide. Si potrebbe obiettare: occasione mancata, per li servizio pubblico, che potrebbe veicolare con le avventure del commissario più famoso d’Italia qualche rudimento di quell’alfabetizzazione digitale tanto invocata dall’universo produttivo e istituzionale. Ma forse dietro il successo di Montalbano c’è anche questo: un Paese in digital divide, che esporta se stesso solo se nudo alla meta. La narrazione dell’Italia non ha ancora assorbito l’innovazione.