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Stop all’elusione per Google & co: l’Italia si adegua al piano Ocse

Approvato il decreto ministeriale per il “country by country reporting”: le società che fatturano più di 750 milioni di euro l’anno dovranno trasmettere i dati sulla propria attività alle autorità fiscali dei Paesi in cui operano, e questi li “scambieranno” tra loro

Pubblicato il 14 Mar 2017

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L’Italia si adegua al progetto Beps dell’Ocse, e adotta le misure necessarie per impedire alle multinazionali, quelle tradizionali come Starbucks o McDonalds, ma anche quelle della new economy, come Apple e Google, di trovare scappatoie legali per mettere in pratica quella che in gergo tecnico viene chiamata “ottimizzazione fiscale”, la possibilità cioè di dichiarare gli utili in giurisdizioni che offrono tasse molto basse pur mantenendo altrove le proprie attività produttive. Tale pratica, sottolineava nel 2015 all’approvazione del piano l’Organizzazione per la coesione e lo sviluppo economico, ha un costo stimato per difetto tra i 100 miliardi e i 240 miliardi di dollari all’anno per i Paesi al cui erario queste aziende riescono a sfuggire.

Per l’applicazione delle norme suggerite dall’Ocse nei giorni scorsi è diventato operativo in Italia il decreto ministeriale che norma il “country by country reporting”, che obbliga le società che fatturano più di 750 milioni di euro a trasmettere ogni anno alle agenzie fiscali dei Paesi in cui operano le informazioni su ricavi, utili, imposte, dipendenti e componenti patrimoniali. La misura approvata dal Consiglio dei ministri, che dà attuazione allo scambio automatico dei dati sui ruling preventivi, è contenuta nel pacchetto Beps (base erosion and profit shifting) varato dall’Ocse nel 2015. Le misure dell’Ocse sono raccolte in un piano composto da 15 azioni contro ottimizzazione ed elusione fiscale. Oltre ai sette punti già concordati nel 2014, tra cui un capitolo sull’economia digitale, il pacchetto comprende misure contro trasferimenti finanziari fittizi, indebite deduzioni di interessi e filiali fantasma, e un sistema di monitoraggio dei risultati. La lista è stato l’ultimo atto di una vicenda nata nel 2012, quando i Paesi del G20 avevano chiesto all’Ocse di occuparsi della questione.

Insieme all’Italia, intanto, anche gli altri Paesi stanno implementando i provvedimenti, a formare una “rete” che renderà sempre più difficile per i giganti multinazionali aggirare le norme per pagare meno tasse.

Una delle principali raccomandazioni messe a punto dall’Ocse è quella di cambiare le norme che consentono alle società di fare vendite da miliardi di dollari in un Paese senza avervi stabilito una “residenza fiscale”, grazie a contratti di vendita con società che hanno sede in paradisi fiscali. Sul cosiddetto “transfer pricing”, l’applicazione cioè di prezzi di trasferimento non a valore di mercato tra società che hanno sede in Paesi diversi, l’Ocse prescrive nel programma Beps (Base erosion and profit shifting) che venga introdotta una documentazione dettagliata Paese per Paese per limitare le pratiche aggressive in questo campo.

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