“Reti e servizi di nuova generazione sono l’occasione di crescita e occupazione di cui il nostro Continente ha bisogno. Per non farcela scappare, dobbiamo rivedere il nostro sistema regolamentare e adattarlo alle sfide di oggi”. Ne è convinta Lise Fuhr, Direttrice Generale di Etno, l’associazione che in Europa rappresenta le principali telco. “L’innovazione, prima di tutto, per assicurarci che l’industria tech non stia solo negli Usa”, puntualizza. “E gli investmenti, naturalmente, per far sì che le telco possano trovare le risorse necessarie a costruire le reti del futuro – inclusa fibra e 5G. Con un quadro regolamentare propizio, avremo argomenti ancora migliori per convincere gli investitori a puntare sull’Ue”.
Secondo il Desi l’Italia sta facendo timidi passi in avanti ma non necessari a farci avanzare in classifica. L’Etno ha un punto di osservazione privilegiato, come stanno le cose secondo voi? Davvero siamo così indietro?
Sul broadband l’Italia ha fatto un balzo in avanti, guadagnando tre posizioni nella classifica europea. Vuol dire che le telco italiane hanno lavorato bene. Purtroppo il Paese è al palo, o è addirittura indietreggiato, su indicatori fondamentali come la digitalizzazione delle imprese o l’uso dell’internet. Questo è un problema di domanda e di integrazione delle nuove tecnologie nel tessuto industriale del Paese.
Quali interventi Ue potranno contribuire a rivitalizzare le Tlc europee?
La pressione regolamentare è ancora troppo alta. La Commissione europea ha lanciato un’interessante riforma del quadro legislativo tlc. Il Parlamento europeo e il Consiglio degli Stati Membri la stanno analizzando in questi mesi: è fondamentale che gli eurodeputati e il Governo italiano aiutino il settore del digitale a semplificare le norme e creare più spazio per innovazione e investimenti.
In Italia si attende l’arrivo di Iliad. Come vedete la questione? Non si era detto, fino a qualche tempo fa, che il consolidamento in Europa era alle porte? Davvero servono tutti questi operatori?
C’è stata una fase di consolidamento in mercati importanti come la Germania, l’Austria e l’Irlanda. Ad oggi, pare più difficile convincere la Commissione ad approvare i merger: è un’occasione mancata. I mercati europei sono troppo frammentati, hanno livelli di investimenti più bassi e le telco sono meno libere di innovare. Questa situazione non è positiva né per i consumatori né per il settore Tlc, che è strategico per la crescita e l’occupazione.
Cosa ne pensate della discesa in campo di altri operatori, come nel caso italiano di Open Fiber, che vanno a fare un mestiere tipicamente terreno delle telco?
In Europa, il 70% degli investimenti arriva dai membri Etno, ovvero dagli operatori tlc storici, come Tim. Se vogliamo portare l’internet ultraveloce nelle case di tutti i cittadini italiani ed europei, il modello di investimento privilegiato rimane quello delle Tlc. Le politiche pubbliche devono facilitarlo, abbassando la pressione regolamentare e assicurando che nessuno rimanga indietro. Altre iniziative, posto che sia garantita la parità di condizioni tra i diversi player, sono benvenute e complementari.
L’Internet of things sarà terreno di gioco forte per le Tlc?
L’IoT è già qui. Aziende come Ttim, Telefonica o Proximus collaborano già con moltissimi settori industriali: dal retail al food, all’auto. Sarà una sfida complessa, che richiederà di trasformare l’idea stessa di operatore di telecomunicazioni. Un nuovo modello di collaborazione verticale che consente nuove fonti di crescita per le telco e un’occasione di sviluppo del business per gli altri settori. A questo proposito, è fondamentale che la regolamentazione dei servizi evolva di conseguenza: il Codice delle Telecom e il Regolamento e-Privacy debbono essere pro-innovazione.
Il 5G: se ne parla molto ma gli investimenti delle telco sono ancora parecchio orientati sul 4G. Come stanno davvero le cose?
Il 5G non è una rete mobile. È l’integrazione di varie tecnologie, fisse e mobili, in una rete unica e intelligente. Le reti di oggi, la fibra, la densificazione delle radio-base e lo spettro radio sono tutti ingredienti fondamentali. I primi risultati a livello commerciale arriveranno già dal 2020. Il Governo italiano può aiutarci a raggiungere l’obiettivo. E’ essenziale che gli Stati Membri vadano incontro alla posizione della Commissione europea, armonizzando le regole sullo spettro e dando spazio a licenze che stimolano gli investimenti.