Jeff Jones lascia la presidenza di Uber dopo appena sei mesi. “È ormai chiaro che le credenze e l’approccio alla leadership che hanno guidato la mia carriera sono in contrasto con quello che ho visto e sperimentato in Uber. Non posso continuare più come presidente”, spiega il manager in una nota diffusa dal portale americano Recode, che ha anticipato la notizia delle dimissioni.
Leggendo il comunicato pubblicato da Uber si capisce che sulla decisione di Jones abbia inciso l’annuncio dato dal ceo Travis Kalanick di voler assumere un nuovo chief operating officer. “Dopo aver annunciato di voler assumere un coo Jeff è giunto a questa decisione difficile – si legge in una nota firmata dal numero uno di Uber -. Vogliamo ringraziare Jeff per i suoi sei mesi presso l’azienda e gli auguriamo tutto il meglio”.
Secondo quanto riporta Recode le dimissioni di Jones sarebbero state dettate anche dal presunto caso di molestie sessuali subite sul lavoro da Susan Fowler, ex impiegata di Uber che lo scorso mese ha fatto piombare la società nella bufera. E non è da escludere che abbiano inciso altre questioni spinose sorte negli ultimi tempi, come la causa di Google nei confronti della società per presunto furto di proprietà intellettuale per le auto a guida autonoma o lo scandalo dell’app per aggirare i controlli delle autorità. Oltre alle varie proteste che da tempo accompagnano la presenza di Uber in diversi Paesi, come in Italia dove i tassisti sono sul piede di guerra e dove è in atto una difficile operare di mediazione del governo.
Jones non è il primo top manager ad aver lasciato Uber negli ultimi tempi. All’inizio del mese hanno rassegnato le dimissioni, tra gli altri, Ed Baker, vice presidente responsabile di prodotto e crescita, e Charlie Miller, uno dei principali ricercatori di sicurezza.