L'INCONTRO

Taxi, Uber rilancia: “Trasporto low cost per tutti”

La proposta dell’azienda nel corso dell’incontro al ministero dei Trasporti: “Serve aprire il mercato, servizio anche per chi non se lo può permettere”. E sul registro delle app previsto dal decreto Delrio sul riordino del settore dice: “Condizione necessaria a garantire trasparenza”. Intanto il Tribunale di Torino conferma stop a Uber Pop: “E’ concorrenza sleale”

Pubblicato il 22 Mar 2017

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Aprire il mercato con servizi di mobilità per tutti i cittadini, non solo per chi se lo può permettere o chi vive nei grandi centri urbani: è questa la proposta che Uber ha portato al tavolo con il ministero dei Trasporti. Il dicastero, fanno sapere da Uber, “ha ascoltato la nostra proposta”. E’ stato un tavolo interlocutorio in cui la multinazionale ha raccontato ciò che immagina per il futuro. Il top manager di Uber Italia, Carlo Tursi, ha sottolineato che si tratta di un’opportunità molto grande per cambiare il servizio di mobilità non di linea ancorato a una legge vecchia di 25 anni.

Uber ha proposto di aprire il mercato e di offrire un servizio low cost non solo nelle grandi città ma anche nelle periferie e nei piccoli centri, un servizio su scala nazionale. Per arrivare a questa soluzione si dovrà considerare un periodo di transizione e come anticipato nei giorni scorsi Uber è pronto a forme di compensazione per i tassisti. “Siamo pronti a pagare ai taxi una tassa per la liberalizzazione del mercato”, aveva detto ieri Tursi, “siamo comunque pronti a fare la nostra parte”.

Quanto al registro per le app – uno dei pilastri del decreto di riordino a cui sta lavorando il Mit – che collegano il cliente con il servizio auto Tursi ha sottolineato che “è una condizione necessaria, di trasparenza su cui siamo tutti d’accordo ma non può che “essere un primo passo”. In merito invece alla messa a punto di ambiti territoriali, anche questo previsto dal provvedimento – per Uber “non fa la differenza: quello che conta è non fissare un tetto alle autorizzazioni”.

Al tavolo anche MyTaxi. Per Barbara Covili, general manager per l’Italia, l’incontro “rappresenta un momento importante nello sviluppo delle potenzialità della categoria taxi”. “Le regole – ha spiegato la manager – dovrebbero, infatti, essere rispettate da tutti gli operatori e la riforma fatta in armonia con il settore. La tecnologia può e deve esprimere il suo potenziale positivo, portando con sé innovazione e legalità, allo stesso tempo”.

I sindacati dei tassisti non hanno visto di buon occhio l’icontro Mit-Uber. “Lo sciopero di giovedì è confermato anche perché abbiamo di fronte un atteggiamento irresponsabile e provocatorio da parte di Uber che cerca di inserirsi nella vertenza in maniera scorretta e illegittima – spiega Riccardo Cacchione di Usb Taxi – Dall’altra è irresponsabile e incomprensibile l’atteggiamento del governo che in una fase così delicata non trova di meglio da fare che ricevere chi agisce in maniera illegittima contribuendo a gettare benzina sul fuoco. Di fronte a questo non ci può essere altra risposta se non la piu’ ampia partecipazione possibile allo sciopero del 23″.

Anche per Loreno Bittarelli, presidente di Uri (Unione Radiotaxi Italiani), “è molto grave che il governo riceva Uber, questa cosa ci spiazza e non aiuta la trattativa. Uber – spiega – è una multinazionale estera che non ha sede fiscale in Italia e fino a oggi opera illegittimamente. Ci sorprende il fatto che invece di inibire il loro servizio il governo li vada a ricevere”.

Intanto è al rush finale il decreto Delrio sul riordino del settore. Stando a quanto risulta a CorCom, il ministero dei Trasporti starebbe lavorando su tre punti chiave. Per prima cosa verrebbero istituite delle “aree protette” per gli Ncc: in pratica delle zone di competenza, libere, per gli autisti di auto a noleggio, che una volta lasciato il cliente non dovrebbero rientrare nelle autorimesse di partenza (vincolo per altro mai applicato, come chiarito da ultimo nel Milleproroghe), ma limitarsi a restare in un ambito territoriale ottimale, forse su base regionale (o forse più circoscritto). Il secondo aspetto riguarda una stretta sui controlli nei confronti delle app che permettono l’incontro tra domanda e offerta di viaggi con autista. Sarebbe invece da leggere come una apertura ai tassisti l’innovazione allo studio in termini di maggiore flessibilità sul cumulo delle licenze, sui turni e sui prezzi da applicare (mantenendo però le tariffe fisse per alcuni servizi come il collegamento agli aeroporti).

Ma non arrivano buone notizie per Uber. Il Tribunale di Torino conferma lo stop a Uber Pop. Nella causa intentata da Uber contro le associazioni di categoria dei tassisti ha respinto il ricorso della multinazionale e ha dichiarato “la concorrenza sleale svolta” attraverso il servizio UberPop, inibendo “l’utilizzazione sul territorio nazionale dell’app”. Lo hanno reso noto a Milano i legali delle associazioni dei tassisti. Due anni fa a Milano i giudici avevano disposto il blocco accogliendo il ricorso presentato dai tassisti.

L’esito della causa è stato reso noto dalle associazioni dei tassisti e non dai legali, come scritto in precedenza. I giudici della prima sezione civile del Tribunale torinese nella causa intentata dal gruppo statunitense contro le maggiori sigle sindacali e strutture economiche del settore taxi hanno accertato e dichiarato “la concorrenza sleale svolta” da Uber con i “drivers reclutati attraverso il servizio già denominato UberPop”. Una delle richieste del gruppo era proprio quella di stabilire che Uber non compisse alcuna attività di concorrenza sleale, istanza però bocciata. Il Tribunale, dunque, come si legge nella sentenza, ha inibito al gruppo “l’utilizzazione sul territorio nazionale dell’app denominata ‘UberPop’ e, comunque, la prestazione di un servizio – comunque denominato e con qualsiasi mezzo promosso e diffuso – che organizzi, diffonda e promuova da parte di soggetti privi di autorizzazione amministrativa e/o di licenza un trasporto terzi dietro corrispettivo su richiesta del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta”.

La causa civile, durata circa un anno e mezzo, era stata intentata da Uber a Torino contro le sigle sindacali dei tassisti pochi mesi dopo che a Milano i giudici avevano deciso lo stop della app UberPop (la conferma del blocco era arrivata con una decisione del luglio 2015) per “concorrenza sleale”. UberPop è’ uno dei servizi messi a disposizione dalla multinazionale americana e che permette a chiunque di fare il tassista senza licenza.

Il Tribunale di Torino ha anche condannato il gruppo Uber a rimborsare ai tassisti le “spese processuali”. Domani, invece, si terrà alla nona sezione civile del Tribunale di Roma l’ultima udienza della causa intentata dai tassisti contro Uber per inibire su tutto il territorio nazionale anche il servizio Uber Black per concorrenza sleale

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