Privacy, su Apple e Google scatta l’allarme del Senato Usa

Autodifesa delle due aziende nel corso di un’audizione presso la sub-commissione alla Giustizia: “I dati raccolti sono anonimi e il tracking può salvare vite umane”. Ma secondo i legislatori serve una legge “anti-Far West”

Pubblicato il 11 Mag 2011

I senatori americani hanno messo Apple e Google sulla griglia ieri
nel corso di una attesa udienza della sotto-commissione alla
Giustizia. Le due aziende hanno difeso con forza le proprie misure
a protezione dei dati personali degli utenti, cercando di
rispondere alle pressanti domande dei senatori, ma Al Franken
(Democratico del Minnesota), presidente del Senate Judiciary
subcommittee che ha presenziato l’udienza, ha detto di nutrire
ancora "seri dubbi" sul fatto che la privacy degli utenti
dei cellulari sia protetta. "Dobbiamo affrontare la questione
subito, visto che i device mobili stanno diventando sempre più
diffusi”, ha sottolineato Franken.

A rappresentare Apple e Google di fronte alla sotto-commissione del
Senato sono stati il vice president del software della casa di
Cupertino, Bud Tribble, e il direttore della public policy di
Mountain View, Alan Davidson, che si sono adoperati per dimostrare
che i propri utenti hanno la possibilità di controllare la
raccolta dei dati sulla location tramite i loro smartphone e
l’uso che ne viene fatto. Il senatore Franken, tuttavia, ha
ribadito che una volta che un produttore di app, un’azienda come
Apple o Google, o anche un operatore mobile raccolgono le
informazioni sulla posizione dell’utente, la legge federale dà
loro e alle aziende con cui condividono quelle informazioni piena
libertà di “rivelare quei dati a chiunque vogliano, senza dirlo
alll’utente”.

L’udienza ha messo in chiaro che negli Stati Uniti manca una
legge adeguata per regolare e preservare la mobile privacy, in
grado cioè di indicare che cosa sia corretto o necessario fare per
proteggere i consumatori senza soffocare l’innovazione. Per il
senatore Richard Blumenthal la situazione è addirittura un “Far
west”.

“La legge oggi consente in pratica di fare qualunque cosa tu
voglia”, ribadisce Justin Brookman, rappresentante del Center for
democracy and technology.

I senatori hanno chiesto con insistenza a Tribble di Apple di
chiarire se l’iPhone registra o no i dati della location
dell’utente. “I dati sono del tutto anononimi e riguardano solo
le stazioni base e gli hotspot wifi”, ha garantito Tribble.
“Apple non è sincera”, replica Ashkan Solhani, ricercatore
indipendente esperto della privacy, secondo cui i dati raccolti da
Apple permettono addirittura di risalire alla user identity.

Altro punto toccato dall’udienza sono state le applicazioni di
terzi, un vasto ecosistema che popola tanto gli iPhone quanto i
telefoni Android. Queste applicazioni spesso hanno accesso ai dati
personali dell’utente che potrebbero essere passati ad altre
aziende senza informarne l’utente. Ma Tribble ha risposto che
“richiedere una policy per la privacy delle app non sarebbe
giusto, la trasparenza qui va oltre, nessuno legge la privacy
policy”. Il senatore Franken ha allora chiesto a Tribble quante
app Apple abbia rimosso dopo aver scoperto che i dati dell’utente
erano stati ceduti senza consenso. Tribble ha detto che tutte le
app di Apple hanno “sistemato questo problema”, quindi la
risposta è stata “nessuna app rimossa”, con scarsa
soddisfazione del chairman della sotto-commissione.

Da parte sua Google si è detta favorevole a una legge che aiuti a
proteggere meglio la privacy online, purché sia applicata in
maniera uguale a tutti i provider. "Google sostiene lo
sviluppo di un quadro normativo di base che possa dare più fiducia
agli utenti, promuovere l’innovazione e difendere la privacy dei
consumatori”, ha dichiarato Alan Davidson. "Il Congresso ha
un ruolo fondamentale da svolgere nello stimolare comportamenti
responsabili nell’ambito della sicurezza e della privacy",
ma, ha aggiunto Davidson, “un’eventuale nuova legge dovrà
applicarsi in modo uguale a tutti i dati personali
indipendentemente da come sono stati raccolti”.

Il messaggio insomma è: Google non è il nemico. "Ci vantiamo
di avere sistemi di sicurezza all’avanguardia, come la cifratura
per i servizi di ricerca e posta elettronica", ha ribadito
Davidson. "Ma abbiamo bisogno di aiuto dal governo per evitare
che l’attacco di hacker o sistemi di sicurezza inadeguati da
parte di altre compagnie danneggino i consumatori. Inoltre occorre
superare la frammentazione delle leggi statali e trovare una legge
federale uniforme”. Quanto al software di tracking, però,
Davidson non ha dubbi: “I dati della mobile location possono
salvare la vita, come per i bambini che si perdono o vengono
rapiti".

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