“La coesistenza in Rete di una grande varietà di servizi diversi fra loro è possibile solo se alla base c’è un’architettura in grado di gestire questo traffico a costi decrescenti, di inserire intelligenza di rete dove serve e di semplificare. La semplificazione è un elemento fondamentale, ma non è l’unico. Anche automazione, virtualizzazione e sicurezza sono caratteristiche imprescindibili per le reti Internet del futuro”. Paolo Campoli, head of Global service provider business per il Sud Europa di Cisco, delinea il profilo perfetto delle infrastrutture di Rete, che tra IoT, cloud e 5G sono destinate a gestire sempre più traffico.
Intervistato da CorCom, Campoli snocciola tutte le sfide che l’attuale scenario tecnologico, globale e italiano, pone di fronte a chi si occupa di mettere a disposizione delle imprese il substrato su cui costruire le fondamenta della trasformazione digitale. “Le piattaforme telco sono ben diverse da quelle delle banche, dei trasporti o degli Over-the-top – sottolinea il manager di Cisco -. Ci sono però dei fattori in comune, come la domanda di software intelligente per il controllo delle reti o di applicazione dei principi cloud per scalare capacità e velocità nella creazione di servizi”. Nell’era dell’evoluzione digitale e delle sfide legate allo sviluppo dell’industria 4.0, avverte Campoli, i vendor di soluzioni che intendono supportare le imprese italiane devono però uscire dall’ottica di essere dei semplici fornitori: “Portare tecnologia non basta: bisogna impegnarsi in un’ottica di trasformazione digitale del sistema Paese”.
5G, Internet of Things e cloud. In che modo questi driver stanno modificando le strategie di costruzione delle infrastrutture di rete?
La lista di driver tecnologici che rendono possibile la digitalizzazione e la trasformazione dei processi business è ormai chiara: la migrazione dei work-load verso cloud ibride pubbliche-private, l’Internet of Things e l’avvento del 5G e dell’ultrabroadband. La storia recente di Internet è scandita da alcuni passaggi fondamentali ed evidenti. Siamo partiti dalla creazione di Internet, durata fino alla fine degli anni Novanta, alla costruzione sopra Internet, che ha inaugurato l’era degli Over-the-top in cui viviamo ancora oggi. Davanti a noi si para ora la necessità di fare embedding, cioè di inserire i principi consolidati di Internet e del cloud in tutte le attività e i processi produttivi. Prima “build the network”, poi “build over the network” e ora “build into the network”.
A questa catena corrisponde uno spostamento del valore che è passato dalla connettività all’engagement, e dall’engagement ai dati. Le stime parlano chiaro: da qui al 2020 quadruplicherà il traffico da e verso cloud pubblico, privato o ibrido e fra 3 anni la metà delle connessioni sarà machine to machine. Ciò significa che il futuro appartiene ai dati e all’utilizzo intelligente della miriade di informazioni che sarà generata da persone, processi, cose, fabbriche, smart city, auto e altro ancora. Bisognerà essere bravi a scaricare a terra questo valore tramite gli analytics. Il valore dell’IoT è nell’immensa mole di dati real-time, nell’uso che i sistemi di analytics permettono di farne, per continuare a migliorare i processi, ad automatizzare e a fare analisi predittive sviluppando servizi sempre più rilevanti per imprese, cittadini e consumatori.
C’è poi lo spostamento del video che combina sempre più streaming 4K e broadcasting e che genererà fra qualche anno 7-8 volte il traffico che genera oggi e che al 2020 rappresenterà l’80% del traffico Internet. Le nostre reti saranno guidate dalle sfide imposte dalla domanda sempre crescente di video, dall’integrazione col cloud e dai requisiti di IoT e dovranno essere sempre più agili, intelligenti e semplici.
Il 5G è comunemente considerata la prima rete mobile business, in quanto fattore abilitante dell’industria IoT e più in generale della digital transformation. Cosa cambierà concretamente per chi fa impresa?
Il 5G offrirà un portafoglio di opzioni di accesso radio, spaziando da connessioni che consumano pochissima energia negli oggetti connessi IoT a connessioni ad altissima velocità e bassa latenza. Il tutto in ambiente dove le funzioni cloud vengono spinte molto vicino ai terminali, in modo da elaborare i dati e rispondere in tempo reale, come richiesto dalla realtà virtuale o dalle self-driving car. Per chi fa impresa significa la possibilità di avere un tessuto connettivo di networking e potenza di calcolo in modo fluido; si apre alla piccola e media impresa la possibilità di creare servizi digitali in mobilità, a chi fa design di offrire ai propri art director la prototipazione di ambienti in realtà virtuale da condividere immediatamente coi clienti, a chi si occupa di sicurezza del territorio di fornire e consumare informazioni geo-referenziate ovunque ed senza vincoli di velocità. In altri termini, se la Rete è presente con intelligenza distribuita ed alto livello di automazione, il 5G fornisce il modo migliore per sfruttare questo tessuto connettivo a tutto vantaggio delle nuove applicazioni, delle persone e dei processi.
Come si traducono questi concetti strategici all’interno delle infrastrutture?
Oggi c’è un grosso dibattito fra quanto vanno veloci gli OTT e quanto vanno veloci gli operatori di telecomunicazioni. Si rischia un gap tra la velocità richiesta per innovare città, fabbriche, macchine e altro ed i tempi richiesti per attivare la rete sottostante. Ecco perché è necessario automatizzare la creazione dei servizi di rete, tarandoli in fase di progettazione sulle richieste dei servizi web. Quando parliamo di esigenze di virtualizzazione ci riferiamo alla capacità di creare servizi di rete che possano essere accessi e spenti in modo dinamico ed offrano l’intelligenza richiesta a supporto della sicurezza e delle applicazioni. Le funzioni che consentono di accelerare l’esperienza video ne sono un esempio.
Oggi ci viene chiesto che il servizio video sia consapevole delle risorse in rete o che le funzioni di Rete permettano di monetizzare meglio l’esperienza video, facendo ad esempio zero-rating o migliore uso delle capacità delle celle radio per i partner dell’operatore. La qualità viaggia così di pari passo con lo stato di salute della Rete. Quest’ultima deve inoltre essere sempre protetta a dovere. Un elevato livello di cybersecurity non è una facoltà, bensì un obbligo. L’Internet of Things porterà in Rete una quantità gigantesca di oggetti IP che, per la loro natura di essere sempre connessi, potranno essere dei bersagli o addirittura essi stessi sorgenti di attacchi. Più connettiamo più dobbiamo dedicare attenzione alla sicurezza. Ma bisogna farlo in fase di progettazione delle reti e analizzando sintomi e segnali ai bordi della rete, identificando i prodromi di potenziali attacchi massicci e rendendo la rete automaticamente protetta
Banche, telecomunicazioni e trasporti. Ogni settore ha le sue necessità operative: l’esistenza di modelli su misura è il futuro delle reti?
Le telco non hanno le stesse esigenze della banche, dei trasporti o degli OTT. Ci sono però dei fattori in comune, come la domanda di sicurezza, automazione e controllo da parte di software delle funzioni di rete per farle parlare con le applicazioni, o di applicazione dei principi cloud per scalare con velocità. Stanno altresì emergendo delle necessità peculiari dei segmenti verticali, che stanno cementificando il rapporto fra chi fa reti e chi le usa. Questa sinergia è destinata a crescere grazie all’aumento degli investimenti sulla banda larga, trainata dalla domanda degli utenti finali.
Come impatta il paradigma dell’industry 4.0 sulle nuove infrastrutture?
Industry 4.0 da un lato spinge ad un investimento ancora maggiore in sicurezza e predictive analytics. Non possiamo permetterci che il cuore del tessuto industriale e della distribuzione dell’energia sia vulnerabile ad attacchi, nel momento in cui robot o stazioni di distribuzione sono connessi. Così come abbiamo bisogno, tramite predictive analytics, di anticipare manutenzione ed ottimizzare l’uso delle risore. In questo senso Industry 4.0 fa da driver.
D’altro canto, nell’automazione della filiera industriale c’è bisogno di criteri di intelligenza in Rete e capacità di assicurare prestazioni adeguate mutuate dalle reti telco. ‘Cloudificazione’ dei processi e utilizzo degli analytics sono gli altri due ingredienti fondamentali per far correre i processi di trasformazione digitale. Un livello di attenzione maggiore sarà richiesto a chi andrà a trasformare in ottica 2.0 le infrastrutture critiche. L’energia, i trasporti e gli altri mercati mission-critical hanno bisogno più di altri di connettività IP e sicurezza pervasiva.
Veniamo allo scenario italiano: siamo sulla giusta strada in termini di investimento ed evoluzione tecnologica?
Sono tornato in Italia dopo 17 anni e mezzo passati, come cto o come responsabile Sales per Cisco fra Europa, Medio Oriente e Africa, rimanendo piacevolmente colpito dalla forte competizione sulle infrastrutture fra gli operatori di Tlc. Abbiamo di fronte a noi una ondata positiva di investimento che è importantissima, perché lo strato ultrabroadband è essenziale per i progetti di digitalizzazione.
La composizione del nostro tessuto produttivo, con tante Pmi e pochi big, rischia di favorire uno scollamento tra la domanda di trasformazione dei processi business e i piano concertati delle imprese. Anche per questo motivo abbiamo lanciato il piano Digitaliani. Si tratta di un piano di accelerazione tramite cui Cisco intende sostenere e accelerare la trasformazione digitale dell’Italia, collaborando sia con il settore accademico che con le imprese per aiutare il Paese a cogliere appieno tutti i benefici dell’innovazione tecnologica. Sono stati messi a disposizione 100 milioni di dollari di investimento nell’arco di tre anni.
Crediamo che affrontare questo gap strategico sia un obbligo e stiamo lavorando con gli operatori di Tlc, il governo, la PA, le università e molti altri partner industriali per mettere in piedi le infrastrutture del futuro, cloud-based e orientate all’IoT. Lo facciamo per una convinzione precisa: chi porta tecnologia non può solo portare tecnologia, ma deve impegnarsi in un’ottica di sistema Paese.