“Le sperimentazioni sulle 5 città in 5G annunciate dall’Italia vanno nella direzione giusta. Ma tutto ciò deve essere poi riflesso nelle regole d’asta per la banda 3.4-3.8 GHz”. Questo significa che va rivista “la delibera Agcom per la banda 3,6-3,8Ghz: per il 5G il fattore chiave 400 Mhz di frequenze non frammentate”. Lo dice a Corcom Dino Flore, fra i massimi esperti di 5G essendo Chairman of 3GPP RAN e Director General della 5G Automotive Association oltre che Head of Technology & Modem for EMEA in Qualcomm. Per lo standard delle comuicazioni mobili del futuro,la partita più calda si gioca ora sulle frequenze.
Intorno al 5G ci sono molte aspettative: secondo lei ben riposte? Perché?
Uno studio della Commissione europea sui benefici socio-economici del 5G, stima che nel 2025 i benefici dovuti all’introduzione del 5G potrebbero raggiungere il valore annuo di €113 miliardi in quattro settori chiave (fra i primi a beneficiare della connettivita’ in 5G): Automotive , Health, Transportation e Energy. Investimenti per circa 56,6 miliardi di € potrebbero portare alla creazione di circa 2,3 milioni di posti di lavoro in Europa e la Commissione europea ha individuato nella “early introduction” del 5G prima del 2020 una priorità chiave per il settore delle telco e non solo in Europa. Tutto cio’ e’ stato sottolineato nella comunicazione 2016/588 del 14 settembre 2016 in cui la Commissione Europea ha individuato il dispiegamento tempestivo del 5G come un’opportunità strategica per l’Europa, evidenziando la necessità di un approccio coordinato e di un calendario comune per l’introduzione del 5G che preveda l’avvio sin da subito della messa in opera del 5G attraverso azioni concrete quali ad esempio sperimentazioni a partire dalla fine del 2017.
La questione della liberazione frequenze quanto è centrale?
La disponibilità dello spettro radio è un requisito fondamentale per consentire il testing e il roll-out delle reti 5G in Italia entro il 2020 e per permettere agli operatori di pianificare gli investimenti in maniera appropriata e a tempo debito. Come raccomandato da RSPG (Radio Spectrum Policy Group) nel range di frequenze fra 1 e 6 GHz, la banda 3.4-3.8 GHz sarà quella principale per l’introduzione del 5G in Europa prima del 2020. Questa banda (3.4-3.8 GHz) è stata identificata nell’Action Plan della Commissione Europea come “banda pioniera” insieme alla 26 GHz (24.25 – 27.5 GHz) e alla 700 MHz.
Cosa chiedete agli Stati, e in particolare all’Italia, su questo fronte?
In linea con quanto chiesto dalla Commissione Europea agli Stati membri, Qualcomm, così come tutta l’industria delle telecomunicazioni, sottolineano l’importanza di sviluppare, entro la fine del 2017, tabelle di marcia nazionali per il dispiegamento del 5G, come parte dei piani nazionali per la banda larga e la definizione di una roadmap per liberare, deframmentare e mettere a disposizione 400 MHz nella banda 3.4-3.8 GHz entro e non oltre il 2018 in modo da perfettere un roll-out del 5G in Italia già a partire dalla seconda metà del 2019. Tutto ciò permetterebbe anche al nostro Paese di raccogliere i frutti di un vantaggio competitivo importante e attrarre investimenti da attori globali, alimentando la trasformazione industriale e sociale e la crescita economica in Italia e posizionare il Paese come leader in Europa per i servizi 5G.
Al seminario Agcom lei ha detto che il fattore chiave è uno spettro non frammentato: perché?
Certo, mettere a disposizione 400 MHz di frequenze non frammentate (quindi 4 blocchi da 100 MHz, un blocco per ciascun operatore) è un fattore chiave per permettere un roll-out del 5G in Italia entro il 2020. I sistemi 5G NR (New Radio) permetteranno agli operatori di sfruttare al meglio le potenzialità della nuova piattaforma (traendone i massimi benefici) e di offrire servizi adeguati e performanti agli utenti finali operando su blocchi di frequenze contigue di almeno 80-100 MHz per operatore. Le sperimentazioni annunciate dall’Italia su 100 MHz di frequenze contigue vanno nella direzione giusta ma tutto ciò deve essere poi riflesso nelle regole d’asta per la banda 3.4-3.8 GHz.
Quindi non basta, per l’Italia, la gara Agcom 3,4-3,8Ghz?
La gara di Agcom è ad oggi prevista solo sulla porzione di spettro radio 3.6 – 3.8 GHz. Le regole d’asta così come sono oggi non permetterebbero agli operatori di lanciare il 5G su blocchi contigui di 100 MHz (essendo prevista un’asta solo su due blocchi da 50 MHz e un cap a 50 MHz per operatore) e sfruttare al meglio le potenzialità della nuova piattaforma. Ci sarebbe bisogno di rivedere urgentemente la delibera Agcom (regole d’asta) per la banda 3.6-3.8 GHz. In particolare, si dovrebbe formulare e implementare un piano di refarming della porzione 3.6 – 3,7 GHz ad oggi occupata da un centinaio di ponti radio principalmente della Rai, eliminare il cap di 50 MHz e mettere all’asta entro il 2018 due blocchi contigui da 100 MHz (3.6-3.8 GHz). In parallelo, si dovrebbe far partire un tavolo di lavoro con i key stakeholders e individuare una strada percorribile nel breve termine per permettere la liberazione quanto prima di altri 200 MHz di frequenze in banda 3.4 – 3.6 GHz.
Sarebbe preferibile un rilascio (con gara) per tutte le frequenze, sia 3,4-3,8Ghz sia 700Mhz?
Entrambe le frequenze sono importanti per lo sviluppo dei servizi 5G come sottolineato dalla Commissione Europea nell’Action Plan. Nel brevissimo termine, mettere a disposizione (gara) blocchi contigui da 80-100 MHz nella banda 3.4 – 3.8 GHz è di primaria importanza per il nostro paese per posizionarsi come leader in Europa per i servizi 5G, attrarre investimenti e dare un grosso impulso alla crescita economica.