Dopo lo scandalo sulle intercettazioni delle comunicazioni dei cittadini europei e in particolare dei capi di Stato di alcune delle più importanti nazioni alleate degli Usa, come la tedesca Angela Merkel e l’italiano Silvio Berlusconi, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama era stato indotto a firmare, circa un anno fa, il Judicial Redress Act. Una legge che ha esteso anche ai cittadini dei Paesi alleati le tutele della privacy già previste per i cittadini degli Stati Uniti. In questi giorni il Senato americano ha però rimesso in discussione l’intero impianto normativo.
Con il Judicial Redress Act si consentiva agli stranieri di fare causa agli Usa a tutela della loro privacy nell’ipotesi di accesso illegale ai dati da parte dell’amministrazione statunitense. Un diritto del quale già godono in Ue i cittadini statunitensi e che con la legge voluta da Obama era stato riprodotto per gli stranieri nei confronti dell’amministrazione o delle aziende americane in Usa. Con il Judicial Redress Act l’amministrazione federale aveva dato prova di avere in considerazione la problematica della privacy, problema sorto come diretta conseguenza dello scandalo sul programma di sorveglianza della National security agency (Nsa) rivelato nel 2013 da Edward Snowden.
La legge voluta da Obama estendeva, quindi, ai cittadini stranieri la copertura garantita agli americani dal Privacy Act del 1974. Anche i non residenti potevano, in forza di questa legge far causa al governo degli Stati Uniti nel caso in cui i dati personali fossero svelati in modo illegale. Il provvedimento era stato approvato con largo consenso tra i repubblicani e i democratici. Un passo considerato necessario dai servizi segreti americani per ristabilire un clima di effettiva collaborazione con le autorità di altri Paesi, in particolare quelli dell’Unione europea.
Anche le grandi società di tecnologia avevano fatto pressione sulla Camera dei rappresentanti e sul Senato affinché il clima fosse raffreddato dopo le esplosive rivelazioni di Snowden e così anche Apple si era impegnata sviluppando ulteriori misure di protezione applicate all’iPhone per renderlo impenetrabile. Garantirne quindi la segretezza dei dati, per evitare un calo nelle vendite nonostante le tensioni avutesi in seguito alle pressioni degli investigatori federali per aver accesso al telefonino usato da uno dei terroristi autori della strage di San Bernardino.
Un passo, quello dell’amministrazione americana, che era parso utile per finalizzare l’accordo fra Washington e Bruxelles per sostituire il cosiddetto Safe Harbor con il Privacy shield. Ora, con la nuova decisione del Senato e del Congresso e la firma del presidente americano, si potrà azzerare la privacy online e consentire la vendita dei dati senza consenso degli utenti, in quanto gli Internet service provider non dovranno più chiedere il permesso agli utenti per vendere le informazioni che li riguardano alle agenzie pubblicitarie.
Quella norme del Judicial Redress Act volute da Obama, quindi, che avrebbero dovuto entrare in vigore il 4 dicembre 2017 non vedranno mai la luce. La conseguenza è l’abolizione delle norme che avrebbero costretto gli internet service provider a chiedere il consenso degli utenti per poter vendere i loro dati. Ciò comporterà che gli internet service provider giocheranno un ruolo da protagonisti nel campo della pubblicità online per spartirsi milioni di dollari per la vendita dei dati degli utenti del pianeta: si pensi a Google e Facebook.
Ma non tutti godono: alcuni giganti del web potrebbero perderci. Come PornHub e YouPorn, che potrebbero subire un vero e proprio terremoto nei loro bilanci in quanto la privacy per un utente del web che si collega a un sito porno è un “prerequisito”. Se l’interessato sa che mentre consulta PornHub o YouPorn il suo internet service provider vende questa informazione potrebbe spaventarsi evitando il sito: ecco perché PornHub e YouPorn hanno annunciato il passaggio al “protocollo https“, che rende la connessione criptata e quindi più sicura. Queste vicende rendono sempre più evidente la necessità di un tribunale internazionale indipendente per la risoluzione dei conflitti in tema di privacy online.