L’ignoranza informatica nella PA locale costa 205 milioni di euro
all’anno. Il dato emerge dalla ricerca di Aica (Associazione
italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico) “Il costo
dell’ignoranza informatica nella Pubblica Amministrazione
Locale”, condotta in collaborazione con la Scuola di Direzione
Aziendale della Bocconi.
In media, chi lavora nella Pal utilizza il computer per il 69% del
proprio tempo lavorativo, ma denuncia anche una perdita di tempo
lavorativo di 47 minuti alla settimana, dovuto a problemi
nell’utilizzo dello strumento informatico. Questa improduttività
si traduce in un costo annuo, per addetto, attorno ai 1000 euro. In
base a quanto dichiarato dagli utenti intervistati, un terzo di
questa perdita di tempo va direttamente attribuita ad una scarsa
conoscenza informatica, mentre il restante tempo deriva da problemi
nei sistemi Ict.
Confrontando questo valore con il costo medio di un dipedente della
Pal, la perdita di tempo per ignoranza informatica equivale a un
costo di tempo improduttivo pari a 346 euro all’anno per
dipendente. Moltiplicando il dato per il numero dei dipendenti, si
scopre che l’ignoranza informatica di coloro che utilizzano
l’informatica per lavorare costa al nostro paese ogni anno oltre
205 milioni di euro mentre il ritorno della formazione: 2,2
miliardi di euro di potenziale aumento di produttività nella
Pal.
“Da sempre Aica mette l’accento sull’importanza di tenere al
centro dell’attenzione la questione delle competenze informatiche
e della riduzione del gap digitale – sottoliena Rodolfo Zich,
presidente di Aica – Quando finalmente si decide di investire in
ICT spesso si pensa che mettere a disposizione strumenti basti a
migliorare le performance e la produttività del lavoro, spesso
senza porsi il problema della formazione di chi li dovrà
utilizzare, sicché nel tempo le scarse competenze impediscono di
sfruttare appieno i vantaggi della tecnologia, se non addirittura
creano ostacoli. Sapere quali sono le reali capacità informatiche,
fare formazione per colmare le lacune è essenziale, così come
affidarsi per questo a modelli certificati e standardizzati in
grado di assicurare in modo uniforme la conoscenza. Questo può
dare alti ritorni anche con piccoli investimenti, come dimostrato
dalla ricerca”.
Aica ha inoltre misurato, con un test empirico, l’effetto della
formazione informatica sulla produttività dell’utente. Sono
stati sottoposti ad un corso di formazione di base ( propedeutico a
Ecdl ) oltre un centinaio di dipendenti pubblici di diverse
amministrazioni locali. Dopo il corso si è misurato un aumento del
livello delle conoscenze del 23% in termini assoluti, e un aumento
di produttività (riduzione del tempo impiegato per svolgere il
proprio compito) del 12%.
In termini economici si è stimato come il valore dell’aumento di
produttività sia di circa 3.900 euro l’anno per ogni soggetto.
Estrapolando i risultati all’intero comparto si può calcolare
che un piano di formazione su tutti gli utenti informatici potrebbe
generare un aumento di produttività di ben 2,2 miliardi di euro
l’anno nella Pubblica Amministrazione locale; un ritorno
decisamente significativo specie se confrontati con
l’investimento modesto richiesto per un corso di formazione.
“Queste stime devono fare riflettere – commenta Camussone, di
Sda Bocconi – La PA, nel suo insieme, dà lavoro al 14,6% dei
lavoratori italiani, e con questo studio si dimostra l’impatto
enorme che può avere un incremento della produttività. La PA
locale, in particolare, è il soggetto più vicino a tutti noi, le
sue efficienze o inefficienze influenzano la vita quotidiana e le
attività delle aziende: pertanto la sua capacità di innovarsi con
le tecnologie rappresenta una opportunità per i cittadini e un
volano per le imprese”.
Un secondo problema affrontato dagli esperti di Aica riguarda gli
errori di progettazione e aggiornamento dei sistemi informatici.
Analizzando le chiamate all’help desk in alcuni grandi enti
pubblici locali, si è scoperto che circa un 40% delle chiamate
deriva da ignoranza dell’utenza, ma solo 17% delle chiamate ha
come origine guasti nelle infrastrutture. Un 26% dei problemi
segnalati sono invece imputabili a comportamenti degli specialisti,
che non hanno correttamente progettato l’infrastruttura o hanno
trascurato il suo aggiornamento. Ne consegue che non esiste solo il
problema della ignoranza informatica degli utenti, ma bisogna anche
fare fronte alla impreparazione degli specialisti, prevedendo
un’adeguata formazione. Se si considera che i problemi nei
sistemi Ict si riflettono non solo sull’operatività individuale
ma anche sull’organizzazione nel suo complesso, è evidente che
la connessione fra sviluppo delle competenze degli utenti e
sviluppo delle competenze degli specialisti può produrre un
circolo virtuoso in grado di moltiplicare ulteriormente la
produttività.
“Le amministrazioni devono sapere quali competenze hanno già al
proprio interno e saper definire i propri bisogni rispetto alla
gestione dei sistemi, così da poter individuare correttamente i
fornitori esterni o le risorse interne necessarie – prosegue Zich
– Anche in questo caso, la certificazione delle competenze secondo
modelli riconosciuti e standardizzati è una scelta corretta: in
Europa esiste lo standard Eucip, che definisce 22 profili
professionali del mondo dell’IT, dall’amministratore di sistemi
al responsabile della sicurezza, fino ai profili di alta
managerialità necessari negli enti di maggiori dimensioni”.
Per la prima volta quest’anno alla ricerca sull’ignoranza
informatica è stato affiancato un ulteriore studio sugli effetti
dei progetti per l’inclusione digitale dei cittadini portati
avanti dagli enti locali. L’indagine ha riguardato oltre 2000
cittadini di quattro regioni, che hanno sviluppato in vario modo un
percorso formativo di alfabetizzazione basato sul programma
eCitizen: Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio, Valle
d’Aosta. La ricerca dimostra come siano stati pienamente
raggiunti gli obiettivi regionali di un utilizzo più allargato
della rete. Il 78% dei cittadini che hanno partecipato ai corsi di
alfabetizzazione ( cittadini a rischio di esclusione digitale ) usa
Internet, contro un 48% relativo a tutta la popolazione italiana
sopra i 20 anni e, soprattutto, contro un 31% riferito ai cittadini
italiani appartenenti a categorie socio- economiche simili a quelle
dei cittadini “ alfabetizzati”. Gli scostamenti più
significativi si hanno per le casalinghe ( 82% contro un 13% a
livello nazionale) e per i pensionati ( 67% contro un 13% ).
“Il fatto che sia la Pal a promuovere le iniziative di
e-inclusion è un valore aggiunto importante, in quanto gli enti
locali hanno quella vicinanza e conoscenza del territorio che
permette di creare offerte formative aderenti alla realtà e ai
bisogni dei propri cittadini. Anche in questo caso, sulla base di
una proposta comune – il percorso delineato dal programma
riconosciuto a livello europeo e-Citizen, che fornisce le
competenze essenziali per vivere la società dell’informazione
– sono nate iniziative pensate ad hoc per le fasce a maggior
rischio di esclusione – conclude Fulvia Sala di Aica, che ha curato
direttamente la ricerca – Per il futuro possiamo solo augurarci che
questi interventi si estendano e vengano sostenuti dalle
amministrazioni”.