REGOLE

Net neutrality, via alla “rottamazione” delle regole di Obama

Deregulation in vista per l’Open Internet Order nel nuovo piano del presidente Fcc del governo Trump: “Meno lacci per incrementare gli investimenti nelle nuove reti broadband”. A maggio presentazione in commissione, poi consultazione

Pubblicato il 28 Apr 2017

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“Internet è la più grande storia di successo del libero mercato. E questo perché furono prese decisioni storiche dal presidente Clinton a dal Congresso repubblicano del Telecommunications Act del 1996: scelte bipartisan puntate a preservare il vivace e competitivo mercato libero abilitato da Internet, senza interferenze federali o statali”. Con queste parole il presidente della Federal Communication Commission Ajit Pai ha presentato le tracce del piano con cui intende riformare le regole sulla net neutrality volute dalla stessa agenzia durante il governo Obama. In particolare rivedendo il richiamo al Title II – “concepito nel 1930 in epoca di monopolio Ma Bell” dice Pai – e ammorbidendo l’impianto regolatorio concepito per evitare “abusi” da parte dei fornitori di broadband. Si punta a lasciare più “autogestione” all’industria dei broadband provider togliendo loro la classificazione di public utility, dunque con regole più stringenti.

Il piano, chiamato Notice of Proposed Rulemaking – verrà sottoposto al voto della Commissione Fcc il 18 maggio. Se approvato l’Fcc lo sottoporrà a consultazione. “In altre parole – dice Pai – è solo l’inizio del processo, non la fine”.

Reazioni finora scomposte. Silenzio-assenso da parte dei proprietari dei cable, critiche da parte delle aziende del web e della stampa americana. Tim Wu Professor of Law alla Columbia Law School e opinion maker, scrive sul New York Times che I soli vincitori della proposta sono le aziende del cavo e della telefonia “che si vedono la strada spianata per effettuare altri aumenti di tariffe”, ma si chiede anche: “Siamo sicuri che l’elettorato populista di Trump volesse bollette più alte?”.

Del resto l’”Open Internet Order” del 2015 è stata una riforma tecnica straordinariamente sentita. Più di quattro milioni di risposte alla consultazione pubblica voluta da Obama, centinaia di programmi televisivi e di interventi sui blog e l’intervento irrituale e appassionato del presidente degli Usa a favore delle nuove regole ne avevano sancito la vasta affermazione popolare. Le web company e la Silicon Valley avevano avuto un ruolo forte di appoggio. Le critiche più forti erano state sollevate dagli Isp perché il richiamo al Titolo II avrebbe potuto condurre a nuove regole di apertura delle reti (come l’unbundling), già previste dalla legislazione europea, ma assenti fino ad allora in quella Usa.

Ora la Fcc guidata da Pai fa un passo indietro.”Due anni fa, avevo avvertito che stavamo facendo un grave errore. Facevo notare che il regolamento del Titolo II avrebbe ridotto gli investimenti in infrastrutture a banda larga. È un pilastro dell’economia: più regoli qualcosa, meno ottieni” dice Pai.

Per questo punta a riportare la classificazione dei servizi broadband dal Titolo II al Titolo I dei servizi di informazione: una regolamentazione più light. Non c’è più, sul tavolo del regolatore, la “pistola” che minaccia le telco di assoggettarle a regole stringenti in caso violino le tre regole (bright rules) previste nel 2015: no blocking ovvero ogni indirizzo IP sull’intera rete deve essere raggiungibile senza limitazioni; no throttling, ovvero gli Isp non possono bloccare o rallentare il traffico con una specifica origine o di una specifica applicazione ed infine “no (third party) paid prioritization”, ovvero gli Isp non possono dare maggiore priorità al traffico da una specifica sorgente o di una specifica applicazione sulla base di accordi commerciali con terze parti, “content/edge provider”, o più genericamente operatori “over the top” (Ott).

In realtà il pacchetto di Obama prevedeva numerose eccezioni. La Fcc aveva deciso di non applicare, per il momento, regole di neutralità all’interconnessione (per esempio i servizi Cdn) e anche tutti i servizi che non offrono ai consumatori l’accesso a Internet, ma si rivolgono, anche se ospitati dalle reti degli Isp, ad applicazioni dell’Internet of Things come la domotica, smart city, telemedicina, smart grid e controllo del traffico. Saranno Inoltre consentiva un passaggio di danaro tra Ott e telco, senza terze parti, schematizzabile come un mercato a due versanti nel quale l’Isp viene remunerato sia dall’utente che dall’Ott.

All’orizzonte della nuva Fcc dunque, non solo la rottamazione del Title II sostituita da un set delle regole più light che pertengono agli information provider. Ma anche minori poteri per l’authority di intervenire nelle pratiche che si pensa possa mettere a rischio l’apertura di Internet.

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