IL PIANO

Frequenze, il governo punta a incassare di più

In vista un rialzo del prezzo delle concessioni statali per ridurre il debito. Nel mirino 148 milioni, per il 70% riferibili al mobile

Pubblicato il 03 Mag 2017

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Nelle riunioni tecniche di governo l’hanno chiamata “Asset review”. Una riforma delle concessioni pubbliche, tra statali e locali, che potrebbe partire da una base di 1,5 miliardi: il progetto è allo studio e ha cominciato a passare al setaccio le entrate che arrivano da un primo gruppo di beni, con l’obiettivo ovviamente di aumentarle. Lo scrive il Sole 24 Ore, spiegando che la quota di pertinenza dello Stato potrebbe rivelarsi una leva per ridurre il debito e che i canoni versati – vero oggetto della riforma – sono considerati dal governo troppo bassi. Tlc, spiagge, petrolio e gas, acque minerali e termali, risorse geotermiche, commercio ambulante (di competenza dei Comuni) sono le concessioni con le scadenze più ravvicinate.

Per le tlc-tv-radio le cifre forti sono quelle una tantum, derivanti dalle assegnazioni delle frequenze: 18 miliardi totali, fin qui, per trasmissione di voce e dati. I canoni complessivi valgono invece 148 milioni, per il 70% riferibili alla telefonia. Inoltre entro il 2018 scadranno le concessioni della banda Gsm.

Le spiagge generano un introito di circa 103 milioni per un totale di 21.390 stabilimenti. Questa materia è oggetto di un Ddl delega all’esame del Parlamento, e secondo le stime del Programma nazionale di riforma nell’ipotesi minima di riordino si potrebbe avere un raddoppio del gettito.

Sul fronte idrocarburi tra il 2017 e il 2020 scadranno 130 concessioni per un controvalore di canoni di 230 milioni. Numeri più bassi per le risorse geotermiche: 95 concessioni per 21 milioni. Le acque minerali e termali rientrano invece tra i beni del patrimonio indisponibile delle Regioni: 307 concessioni di sfruttamento per soli 18 milioni (52 quelle a scadenza tra quest’anno e il 2020). Sono 490 le concessioni per le acque termali (con entrate per 1,8 milioni).

Sotto osservazione c’è anche il settore dei giochi. Tra il 2013 e il 2016 sono scadute quasi tutte le concessioni per l’apertura delle 200 sale bingo che operano in regime di proroga versando un totale di circa 120 milioni annui.

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