Testi, fotografie, musiche o video catturati e organizzati dalle tecnologie cognitive potrebbero scrivere il futuro della lotta contro la demenza senile e malattie come l’Alzheimer. Da questo auspicio nasce il progetto Virtual trainer for aging (ViTa), ideato dalla Fondazione Ibm Italia e dall’Irccs Casa sollievo della sofferenza e presentato oggi a Roma. Un’iniziativa pilota che integra la tecnologia Watson di Ibm e il know-how medico-scientifico dell’istituto italiano.
Contro il declino della memoria – L’obiettivo è dimostrare che l’interazione con i sistemi in grado di apprendere e restituire stimoli aiuta la conservazione della memoria e il contrasto del suo declino. Secondo le stime dell’Istituto superiore di sanità nel 2050 si conteranno circa 130 milioni di persone affette da demenza senile, ma oggi i casi di successo delle iniziative di contrasto sono purtroppo scarsi. Il progetto ViTA cercherà non solo di essere uno di questi, ma di favorire la creazione di un ecosistema più accelerato di sviluppo della ricerca sul rapporto fra tecnologia e salute.
Le tappe del progetto – Per 10 mesi un team composto da un esperto di sistemi hi-tech, una psicologa, un medico e un parente si occuperà di raccogliere le memorie significative di 10 pazienti. Informazioni che saranno poi organizzate per mettere su un sistema cognitivo in grado di interagire con il malato, inviando alert sulla somministrazione farmaceutica, parlandoci tramite una chat con un assistente virtuale o sfruttando il riconoscimento facciale delle emozioni per inviare degli input emozionali. Tutto questo aiuterà anche coloro che assistono i malati durante la quotidianità a conoscere meglio il passato dei pazienti, cioè di ottenere argomenti, ricordi e sensazioni per consolidare il rapporto di tutti i giorni. Gli esperti di Ibm e della Casa sollievo della sofferenza sono aperti a qualunque risultato.
“Combattere la solitudine” – La sfida è dunque capire meglio i benefici che la tecnologia è in grado di garantire dal punto di vista fisico, mentale e sociale. Favorire cioè un invecchiamento sano e attivo. “Il progetto ViTA rientra a pieno nelle nostre politiche di sviluppo della ricerca sulle malattie neurodegenerative – spiega Domenico Crupi, diretto generale dell’istituto di cura -. Dobbiamo immaginare una diversa visione dell’ospedale, che non può ridursi a un centro di assistenza ma deve essere un centro di innovazione. Che si realizza con le strategie, con i ricercatori e con le aziende”. Secondo Crupi è necessario agire “anche in collaborazione con i malati in un’ottica di alleanza terapeutica che coinvolga tutti i soggetti” e, più in generale, tenere sempre presente il fatto che “possiamo guarire un uomo ma nella sua stanza è pur sempre solo: accanto a scienza e ricerca per la vita c’è l’esigenza di costruire un nuovo umanesimo”.
“Innovazione reale e sostenibile” – La memoria digitale è insomma pronta a correre in aiuto di anziani e pazienti affetti da malattie neurodegenerative. Per Ibm si tratta però solo di un primo passo. “Le tecnologie cognitive hanno la capacità di trasformare e migliorare alcuni aspetti della nostra vita quotidiana – sottolinea Enrico Cereda, amministratore delegato di Ibm Italia e presidente della fondazione -. La tecnologia che abbiamo predisposto è in grado di preservare la memoria o rallentarne il declino. Questa partnership con l’Ircss segna una tappa significativa nel rendere più efficaci i servizi di assistenza”.
Un tandem fra tecnologia e sanità che, aggiunge Francesco Stonati, vicepresidente della fondazione Ibm Italia, rappresenta i tre valori fondanti dalla cultura aziendale del colosso americano: “Dedizione per il successo dei clienti, innovazione che conta per la comunità globale, fiducia e responsabilità in tutte le relazioni – elenca Stonati -. Da questo mix nascono le iniziative socio-culturale promosse dalla nostra fondazione. Crediamo che sia fondamentale non solo promuovere un’educazione alla tecnologia e alla ricerca, ma sviluppare progetti che abbiano un impatto reale e sostenibile”.