L’Italia ha una legge sullo smart working. Il Senato ha dato il via libera al ddl sul lavoro autonomo e agile. Il provvedimento è stato approvato con 158 sì, 9 no e 45 astenuti. Il ddl diventa così legge dopo quasi 15 mesi dal varo in Consiglio dei ministri.
Il ddl, “promuove il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa” questo “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. “La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e, senza una postazione fissa, in parte all’esterno – specifica ancora l’articolato – entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”. Con questa definizione, introdotta durante l’iter in commissione, si è specificato la diversità con il telelavoro.
Il ddl specifica poi che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa e che gli incentivi fiscali e contributivi eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile. Le norme del del ddl sono applicabili anche alla PA.
Lo stipendio e il trattamento normativo del lavoratore agile fanno riferimento al contratto collettivo e, quindi, non a quello aziendale. Il testo originario del provvedimento prevedeva che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”. L’emendamento Pd chiarisce che queste condizioni sono quelle stabilite dal contratto collettivo.
L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto “ai fini della regolarità amministrativa e della prova”. Inoltre, al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le stesse mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. L’accordo sul lavoro agile può essere a termine o a tempo indeterminato. Il recesso è ammesso, nell’ipotesi di giustificato motivo, anche per l’accordo a termine.
Il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del prestatore di lavoro agile e consegnare al dipendente, nonché al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta, nella quale siano individuati i rischi generali e quelli specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Non è prevista una sanzione specifica per il mancato rispetto dell’obbligo. Il lavoratore ha poi diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali.
L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
ll lavoro agile è protagonista di un vero e proprio boom. Stando ai numeri dell‘Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, sono più di 250mila, nel solo lavoro subordinato, i lavoratori che godono di discrezionalità nella definizione delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati, e rappresentano circa il 7% del totale di impiegati, quadri e dirigenti. La crescita dal 2013 è stata sostenuta, segnando un +40% rispetto a tre anni fa. Il “prototipo” del lavoratore smart è un uomo (nel 69% dei casi) con un’età media di 41 anni, che risiede al Nord (nel 52% dei casi, solo nel 38% nel Centro e nel 10% al Sud) e rileva benefici nello sviluppo professionale, nelle prestazioni lavorative e nel work-life balance rispetto ai lavoratori che operano secondo modalità tradizionali. Ad adottare il lavoro agile e ad aver realizzato nel 2016 progetti strutturati in questo campo è ormai il 30% delle grandi imprese, quasi il doppio rispetto al 17% dello scorso anno, a cui si aggiunge l’11% che dichiara di lavorare secondo modalità “agili” pur senza aver introdotto un progetto sistematico.
Secondo Mariano Corso responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, l’impianto della legge è adeguato “perché enuncia principi e non inserisce vincoli troppo stretti”.
Le nuove norme contribuiranno a superare gli ostacoli di natura culturale alla diffusione dello smart working come leva per una nuova organizzazione del lavoro e come stimolo alla trasformazione delle relazioni industriali. E proprio in questa prospettiva vanno lette, secondo l’esperto, le novità riguardanti la formazione continua.
“Lo smart working – puntualizza Corso – abilita un nuovo patto tra azienda e lavoratore anche sul fronte sicurezza: da un lato di una corretta prudenza da parte del lavoratore e, dall’altro, di una corretta formazione e informazione da parte dell’azienda; diritti che vengono tutelati indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia in ufficio nella normale postazione di lavoro o in un altro luogo”.
Intanto aumenta il numero di aziende che ricorrono al lavoro agile. L’ultima big in ordine di tempo è Ferrovie che ha lanciato una sperimentazione che coinvolge una platea di 500 dipendenti. Questi potranno lavorare da casa o in qualsiasi luogo da loro scelto, da un minimo di 4 fino a un massimo di 8 giornate al mese non frazionabili. La sperimentazione durerà un anno e partirà a settembre dalle sedi di Roma, l’obiettivo è di estenderlo e farlo diventare una modalità di lavoro permanente.
Per ognuno dei partecipanti verranno definiti obiettivi puntuali e misurabili e l’azienda fornirà tutti gli strumenti informatici necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa oltre a una specifica formazione.
Flessibilità di orario e riprogettazione degli spazi fisici arrivano insomma anche in una delle più grandi controllate pubbliche (di proprietà del Tesoro) dopo che altre grandi aziende private come Microsoft, Barilla, American Express, Vodafone e Ferrero hanno già avviato progetti di smart working.
“Sebbene non consenta di fare qualcosa in più rispetto a prima, né tantomeno definisca obblighi di attuazione o incentivi, il testo enuncia principi e promuove diritti di grande valore, eliminando gli alibi di chi riteneva mancasse l’adeguato supporto normativo per il Lavoro Agile – commenta ancora Corso -. Oggi in Italia lo smart working si può e si deve fare. L’auspicio è che si possa diffondere in modo più capillare e profondo”.
“Asstel valuta positivamente l’approvazione delle norme che mirano a disciplinare il fenomeno del lavoro agile – commenta Laura Di Raimondo, direttore di Assotelecomunicazioni-Asstel -. Noi ci siamo impegnati fin dall’inizio dell’iter parlamentare a sostenere lo sviluppo dello smart working, sensibilizzando il legislatore sull’importanza di disciplinare l’utilizzo di queste nuove modalità di lavoro senza ingabbiarle con regole che stravolgano i valori di flessibilità, su cui si basa il suo successo nelle aziende dove già è una realtà affermata.”. Il lavoro agile, ricorda Di Raimondo, ha trovato “riscontri molto positivi da parte dei lavoratori, come dimostrano le esperienze realizzate nelle imprese del settore Tlc tra le prime in Italia nell’applicazione diffusa dello smart working”.
Soddisfazione per le nuove regole arrivano pure da Maurizio Sacconi (Energie per l’Italia), ex ministro del Lavoro e presidente della Commissione lavoro del Senato, che sul blog dell’Associazione amici di Marco Biagi scrive: “Abbiamo finalmente la tanto attesa legge sul lavoro autonomo e sul lavoro 4.0. L’originario testo del governo è stato largamente riscritto in Parlamento definendo tutele e opportunità per le professioni ordinistiche e non, nonché ampliando la definizione del lavoro agile e i relativi diritti. Non a caso la legge è stata votata anche da larghi settori dell’opposizione la cui restante parte si è astenuta”. Sacconi conclude la sua nota ricorda che “due ordini del giorno accolti impegnano il governo a tutelare l’equo compenso delle libere professioni e ad interpretare l’applicabilità delle norme in materia di salute e sicurezza al lavoro che si svolge in luoghi liberamente scelti dal lavoratore”.
L’utilità dello smart working è confermata da Gregorio Fogliani, presidente di Qui! Group: “Dati alla mano lo smart working aumenta la produttività dei dipendenti dal 15 al 20%, riduce drasticamente l’assenteismo e migliora il clima aziendale. È quanto confermato dai lavoratori della nostra start up di Napoli, dove l’anno scorso abbiamo attivato un progetto di smart working. L’esperienza è stata così positiva che abbiamo deciso di estendere questa possibilità anche ad alcuni team di lavoro della nostra sede di Roma”. Secondo Fogliani i tempi sono “più che maturi per affrontare una sfida del genere: ormai l’impegno dei lavoratori è slegato dalla presenza fisica in azienda e viene inserito in una prospettiva di produttività, che non implica il rispetto dell’orario lavorativo settimanale. Le nuove tecnologie, infatti, rendono possibile la vicinanza ai colleghi a prescindere dal contesto”.
“Siamo particolarmente lieti dell’approvazione del disegno di legge che disciplina il lavoro agile in azienda – commenta Roberto Biazzi – chief human capital officer di Fastweb -. Lo smart working è una realtà in Fastweb già dal 2015 e oggi più del 60% della popolazione aziendale è abilitato all’utilizzo di questo strumento che sta rivoluzionando il modo di lavorare delle moderne organizzazioni. Abbiamo da sempre incentivato la diffusione del digitale in ogni ambito e quindi non possiamo che sostenere il ricorso allo smart working come elemento di modernità nel mondo del lavoro”.