La Pubblica Amministrazione italiana è un affastellarsi di norme ridondanti e confuse che frenano l’innovazione e rendono la semplificazione una chimera. A dirlo sono il 62% dei dipendenti della PA: negli ultimi 5 anni la burocrazia è cresciuta ed è diventata “difensiva”: con questo termine si intende la convinzione degli stessi lavoratori pubblici che solo rimanendo immobili si evitano rischi. Lo rileva l’inchiesta annuale sulla Pubblica amministrazione svolta da FPA. Il tema sarà approfondito a Forum PA 2017.
“Abbiamo lanciato questa inchiesta perché, dopo 28 anni di studio delle amministrazioni da dentro e da fuori, continuiamo a trovarci di fronte una PA bloccata, in balia di una bulimia regolatoria, di una coazione a ripetere per cui si legifica molte volte la stessa cosa, con minime differenze, senza pretendere mai veramente, con accertamenti e sanzioni, che le norme siano effettivamente attuate – spiega Carlo Mochi Sismondi, presidente FPA – In questo caos, i dipendenti pubblici ci raccontano che l’unica salvezza percepita è quella di restare fermi, di prendere il minimo delle responsabilità possibili, di aspettare che passi il vento dell’innovazione (che tanto dura al massimo il tempo di un Governo) o di pretendere, prima di applicarle, che le novità diventino obbligatorie. Ed è questo il fenomeno che abbiamo chiamato burocrazia difensiva. Occorre ridurre concretamente le norme e cercare una reale semplificazione delle procedure. E anche recenti novità come il Codice degli Appalti e il Codice dell’Amministrazione Digitale non sono state percepite come reali semplificazioni”.
La causa principale del rallentamento dell’azione amministrativa, così dice il 67,2% del campione (1700 persone, per l’80% dipendenti pubblici), è l’eccessiva produzione di norme che si sovrappongono e generano confusione e disorientamento, tanto che per chi lavora nella PA è difficile comprendere il senso strategico del proprio lavoro (45,3%).
Questa criticità ha due facce. La prima è di tipo personale: i lavoratori si sentono demotivati. La seconda è di tipo organizzativo: alcuni processi sono diventati più complessi e lenti, come le procedure di acquisto, le misure anticorruzione, la formalizzazione di incarichi e contratti.
L’elemento positivo è un uso maggiore delle tecnologie per accelerare i processi/servizi (solo 21 su 100 rispondono di usare “raramente” o “mai” le tecnologie per accelerare i processi); tuttavia persiste la resistenza di alcuni colleghi (anche di altre amministrazioni) a utilizzare i documenti digitali (accade “spesso” per il 49,3% del campione e “sempre” per l’11,6%). Gli stessi cittadini sfruttano poco le interfacce web con la PA e preferiscono recarsi allo sportello (63%).
I dipendenti pubblici hanno però le idee chiare su come uscire da questo stallo: scelta di dirigenti capaci basata sul merito e non sulla politica (lo dice il 50,7% del campione), meno norme (43,5%), più digitalizzazione (41,9%). La PA cento per cento paperless è forse un sogno (non accadrà nemmeno nel 2030, secondo il 45,3% dei rispondenti); però l’81,8% pensa che nel 2030 finalmente non dovrà ridare alle amministrazioni pubbliche i propri dati mille volte e il 77% è convinto che potrà gestire tutte le comunicazioni con le PA da un unico punto di accesso.
La burocrazia “difensiva” è dunque aumentata. Chiamiamo burocrazia difensiva quell’atteggiamento, comunissimo tra i dipendenti pubblici, per cui è solo non facendo che si evitano rischi. È burocrazia difensiva pretendere un doppio canale digitale, ma anche cartaceo per i documenti, perché “non si sa mai”. È burocrazia difensiva chiedere cento pareri prima di prendere una decisione e poi comunque rimandarla al proprio superiore diretto o alla politica e non far nulla se non si ricevono esplicite direttive. È burocrazia difensiva non usare le banche dati, ma chiedere ai cittadini informazioni che l’amministrazione ha già. E potremmo continuare.
Per il 62% dei rispondenti negli ultimi 5 anni la burocrazia difensiva è cresciuta. Gli interventi di riforma, non solo gli ultimi arrivati ma soprattutto quelli introdotti da anni, non stanno dando gli esiti sperati. Tutto è rimasto uguale per il 25,4% del campione, solo per il 7% la burocrazia difensiva è diminuita.
Ma quali sono le cause dell’immobilismo. Le leggi sono troppe. Il rallentamento dell’azione amministrativa e i comportamenti rigidi dei dipendenti pubblici derivano più da questo fattore che dai controlli: il 67,2% del campione lamenta l’eccessiva produzione di regole che genera confusione o crea sovrapposizioni. Un freno è rappresentato anche dal continuo mutamento delle norme (57,9%) e dall’eccessiva frammentazione delle responsabilità (53%).
Inoltre, la formazione sulle novità normative non aiuta a risolvere il problema: per la maggior parte dei dipendenti i corsi proposti sembrano inadeguati (37%) oppure non ci sono proprio (25%).
L’uso delle tecnologie come strumenti che facilitano non è capillare: c’è ancora un 21% di persone che utilizza raramente o mai le tecnologie per accelerare i processi e i servizi. Inoltre, persistono delle resistenze (“spesso” per il 49,3%, “sempre” secondo l’11,6%) nello scambio e nell’uso di documenti digitali da parte di colleghi dello stesso ente o da altre amministrazioni.
Il risultato in chi lavora nella PA è una completa mancanza di comprensione del senso strategico del proprio lavoro (45,3%), la demotivazione (35,9%), il senso di sfiducia nel cambiamento (18,3%).
In questo contesto la semplificazione resta lontana. Dal punto di vista dei dipendenti pubblici, le nuove procedure per la semplificazione dei processi nella PA non sempre sono riuscite a semplificare, anzi, alcune sembrano aver aumentato la complessità. In particolare, la complessità è aumentata per le misure anti corruzione (62,9%), le modalità di formalizzazione di contratti e incarichi (52,9%) e le nuove procedure d’acquisto (50,7%).
La mancanza di servizi “user friendly” ha portato i cittadini a continuare a preferire lo sportello. Nonostante i tanti anni di lavoro sul miglioramento della relazione tra le amministrazioni e i cittadini capita “spesso” o “sempre” di non avere informazioni chiare sulle procedure e sulla documentazione da produrre per ricevere un servizio (74%). Quasi il 55% dei rispondenti dice che la complessità di una procedura è tale che non resta che rinunciare o rivolgersi ad un esperto. Solo l’8% di chi ha risposto al sondaggio non ha mai sperimentato questo “effetto rinuncia”.
I tempi lunghi e i blocchi delle amministrazioni determinano rallentamenti ai progetti delle persone almeno per 63 rispondenti su 100. Nonostante ciò, oltre il 63% dei rispondenti non ha mai, o solo raramente, richiesto a distanza, via web o mail, un servizio senza andare allo sportello. Non arrivano a 40 su 100 i rispondenti che lo fanno “spesso” o “sempre”.
Ci sono misure anti-burocrazia per uscire da questa impasse? La principale misura anti-burocrazia è individuata nella scelta meritocratica dei dirigenti (lo dice il 50,7% del campione). Un dirigente con le giuste capacità e competenze è la figura-chiave per innescare il cambiamento delle amministrazioni pubbliche; chi ha risposto al sondaggio pensa che i dirigenti debbano essere valutati per i risultati e gli effetti che sono in grado di produrre, non per l’affiliazione politica o il ruolo nel balletto delle responsabilità all’interno dei processi decisionali.
Importanti anche altre due misure anti-burocrazia: lo snellimento delle regole (citato dal 43,5%), e il completamento della digitalizzazione di servizi e procedure (41,9%). Occorrono anche nuove assunzioni per inglobare più competenze (31,5%) o forza lavoro giovane (19%).
Una PA libera dalla burocrazia difensiva è solo un sogno? Proiettandosi nel 2030, il 45,3% del campione dice che per quell’anno la PA non sarà del tutto paperless. Però l’81,8% pensa che nel 2030 finalmente non dovrà ridare mille volte alle amministrazioni i dati che lo riguardano e che potrà gestire tutte le comunicazioni con le PA da un unico punto di accesso (77%); i pagamenti saranno semplici, tracciabili e sicuri (ne è convinto l’87,4%) e dagli smartphone si avrà accesso a tutti i servizi e a tutte le informazioni della PA (78%).
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