“E’ semplicemente inaccettabile che i cittadini possano non ricevere le cure di cui hanno bisogno a causa di un cyberattacco contro gli ospedali. Abbiamo tutti una responsabilità condivisa di tenere sotto controllo la situazione in modo collaborativo. Legislatori, professioni dell’IT, consumatori, imprese il settore pubblico sono chiamati ad assumere comportamenti che migliorino l’affidabilità di Internet e continuino ad abilitarne gli effetti positivi”. Così Kathryn Brown, president e Ceo di the Internet Society, l’organizzazione internazionale di diritto americano per la promozione dell’utilizzo e dell’accesso a Internet, riassume dopo l’allarme “wannacry” quale debba essere la linea di condotta migliore per ridurre al minimo i rischi per la sicurezza di Internet.
“Le persone – prosegue Brown – sono ciò che ha tenuto insieme Internet, e adesso abbiamo tutti la responsabilità di mantenere questo spazio sicuro. Lo sviluppo di Internet si è basato finora sulla cooperazione e sulla collaborazione volontaria: ora abbiamo la responsabilità condivisa di tenere questi attacchi e tutte le minacce che viaggiano in rete sotto controllo, e di lavorare insieme, non soltanto per mantenere protetti noi stessi e i nostri sistemi e servizi, ma per rovesciare l’erosione di affidabilità che il Web sta subendo”.
A rafforzare la posizione di Kathryn Brown arrivano i dati di un recente sondaggio Ipsos, secondo cui gli utenti non sanno ancora prendere contromisure efficaci contro gli effetti di un ransomware. Il 22% infatti, se rimanesse vittima del malware, contatterebbe le forze dell’ordine, il 15% il proprio internet service provider e il 9% una società specializzata per recuperare i propri dati. A fronte di queste soluzioni, tutte nella maggior parte dei casi inutili per tornare in possesso delle informazioni criptate dagli hacker, soltanto il 16% del campione ha detto che avrebbe recuperato i dati da un backup.
Alla luce della vastità dell’attacco Wannacry registrato lo scorso venerdì – si legge in una nota di The Internet society – emerge il fatto che la questione non è sul “se” il Web debba essere governato, ma su “come”. Non esiste infatti una pallottola d’argento, e per avere successo sarà necessario uno sforzo di tutte le parti in causa”.
“Le soluzioni non sono semplici – sottolinea in un post sul suo blog Olaf Kolkmann, Chief Internet technology officer in The Internet Society – dal momento che dipendono dalla azioni di molti. Fortunatamente in molti si sono presi la propria responsabilità sia nel settore pubblico che nel privato per analizzare il malware e collaborare per trovarne le cause”.