L'INTERVENTO

Industria 4.0, Pileri: “L’Italia non è la Germania, concentriamoci sulle Pmi”

Il presidente del Quadrato della Radio: “Piano Calenda asse della politica industriale. Bisogna puntare sulle specificità nazionali”. Opportunità lavorative nella catena del controllo: “I robot e le linee di produzione intelligenti avranno bisogno di essere gestite e messe in sicurezza”. Ma resta da sciogliere il nodo ricerca: “Metodi di selezione inadeguati per nuove sfide”

Pubblicato il 29 Mag 2017

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“Industria 4.0 è una dei più importanti pilastri della politica industriale nazionale. Ma l’Italia non è la Germania. Non siamo trainati da grandi aziende ma da concentrato di piccole aziende. Ed è su questo tipo di aziende che bisogna concentrarsi”. È questa la vision di Stefano Pileri che nella veste di presidente del Quadrato della Radio, in occasione della convention annuale dell’associazione, quest’anno andata in scena a Sansepolcro e sponsorizzata da Tratos Cavi, ha acceso i riflettori sull’ “identità” della fabbrica 4.0 nonché sui principali progetti di industrializzazione digitale portati avanti a livello internazionale. Il tutto ponendo particolare attenzione sul tema della ricerca applicata, “da non sottovalutare”. “Se si vuole davvero dare slancio all’innovazione è necessario cambiare radicalmente il metodo di valutazione oggi basato prevalentemente sul numero di pubblicazioni. Se non sciogliamo questo nodo il Piano Industria 4.0 non potrà mai davvero decollare”.

Ma che cos’è la fabbrica intelligente? “Ci sono tante definizioni ma la più nota fa leva sulla connessione delle macchine e delle isole di produzione – ha spiegato Pileri -. Macchine e persone comunicano fra loro per poter automatizzare e coordinare la produzione” Secondo Pileri la fabbrica 4.0 si sviluppa su tre strati. “Il primo è quello dell’energia che consente la produzione. Uno dei capisaldi della fabbrica 4.0 è che il 100% dell’energia che servirà per la produzione sia energia rinnovabile. L’impegno di tutta l’industria è dunque non solo nell’automazione della produzione ma sul fattore abilitante che è l’impatto zero”. Il secondo strato riguarda la fabbrica tout court e la sfida è produrre un singolo pezzo sul modello della produzione di massa. “Ciascun elemento personalizzato può avere la stessa efficacia dei pezzi che si producono in grandi quantità. Siamo nell’ottica del fast prototyping basata sulle stampanti 3d e delle nuove catene di produzione basate su robot intelligenti e mobili e della logistica fatta di veicoli autonomi”, ha spiegato il presidente del Quadrato della Radio. Il terzo strato è l’elemento digitale ossia del controllo di processo: “ E’ lì che avremo nuova occupazione ossia a livello del centro di controllo del processo e degli effetti del processo stesso. Abbiamo le analisi prodotte dai dati e tutto deve essere controllato da sistemi di cybersecurity”. Altro elemento importante dell’industria connessa è rappresentato dalla connessione con i fornitori e clienti. “I prodotti stessi vengono a essere parlanti, al punto che diventano essi stessi servizio”, ha puntualizzato Pileri.

Sul fronte del panorama internazionale negli ultimi quattro anni il proliferare di iniziative è stato rilevante. Il primo paese al mondo che si è posto, in qualità di leader manifatturiero, il problema dell’automatizzazione dei processi produttivi, è stato la Germania con il piano Platform Industrie 4.0 concepito nel 2011. Anche la Francia – ha ricordato Pileri – ha sviluppato un importante percorso, con l’iniziativa “Industrie du future” battezzata ad aprile 2015. “Il piano è ambizioso e la Francia vuole imporsi come leader nelle stampanti 3d”, ha evidenziato Pileri ricordando che l’iniziativa può contare su un sostegno di 2,5 miliardi con sgravi fiscali e 2,1 con prestiti agevolati. Battezzato a febbraio 2015 il piano d’azione inglese nel quadro dell’Industrial Strategy. Ammonta a 345 milioni di sterline lo stanziamento pubblico e il piano fa leva sulla creazione di una banca ad hoc, la British Business Bank, dedicata al finanziamento delle pmi.

Rivitalize american manufacturing and innovation act 2014” il nome del piano americano: “Il grosso dei finanziamenti viene da contributi privati anche se sono previste forme di finanziamento pubblico”, ha spiegato Pileri. In Giappone il piano “Industrial Value Chain Initiative” prevede una grande focalizzazione sulla robotica: entro il 2020 si punta a sfornare una nuova generazione di robot collaborativi. “Made in China 2025” il piano decennale cinese che prevede circa 1.090 miliardi di euro di finanziamenti. Da segnalare anche il piano indiano: L’India che finora è stata la fabbrica dei servizi ora scopre la produzione”, ha puntualizzato Pileri. Il “Make in India”, lanciato nel 2014, punta a 25 settori concentrati sulla produzione ad alta intensità. L’obiettivo è creare 10 milioni di posti di lavoro e potenziare la crescita del manifatturiero del 10%.

Credits foto: Gianni Morè per Agenzia Della Nesta

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