Il commissario al Digitale Diego Piacentini aveva annunciato la presentazione del Piano triennale di Agid per ieri. Ma il programma stilato dall’Agenzia per l’Italia digitale è in attesa del Dpcm del Consiglio dei ministri per essere ufficialmente varato. La firma arriver, secondo quanto risulta a Corcom, nei prossimi giorni.
Il piano stima quasi 500 milioni di euro di risparmi grazie all’adozione delle piattaforme abilitanti. “È stato possibile stimare, in via cautelativa, un risparmio a fine 2018 generato dall’adesione alle Piattaforme abilitanti e dall’ottimizzazione delle licenze, pari a circa 480 milioni di euro”. Il risparmio è riferito alle spese per il settore aggiornate al 2016, pari a 980 milioni di euro ripartite in 600 milioni di costi per le piattaforme nazionali, e 380 milioni per licenze software. Dato il risparmio stimato di 480 milioni, il passaggio alle piattaforme abilitanti Ict standard per tutta la PA, comporterà dunque una spesa di 500 milioni di euro a fine 2018.
Le Piattaforme abilitanti secondo la formulazione del testo, sono “soluzioni che offrono funzionalità fondamentali, trasversali e riusabili nei singoli progetti, uniformandone le modalità di erogazione”. Tra quelle che riguardano i servizi digitali a cittadini e imprese, già sviluppate e in fase di adozione presso i vari soggetti della PA il documento riporta: la Cie (Carta di identità elettronica), Spid (Sistema elettronico identità digitale), PagoPa (piattaforma pagamenti elettronici Pa); Fatturazione elettronica, Anpr (Anagrafe nazionale della popolazione residente). In fase di progettazione ci sono invece sistemi abilitanti come: ComproPA: sistema nazionale di e-procurement; Sistema di avvisi e notifiche di cortesia; Siope+ (evoluzione del sistema Siop); NoiPA (evoluzione dell’attuale sistema di gestione del personale che eroga servizi stipendiali alle PA.
Le Pubbliche amministrazioni devono implementare Spid in tutti i servizi digitali che richiedono autenticazione, sia quelli già esistenti che quelli di nuova attivazione, entro marzo 2018, ovvero entro 24 mesi dall’attivazione del primo Identity Provider, come definito dal Dpcm 24 ottobre 2014.
Il Piano prevede inoltre che “le spese sostenute dalle amministrazioni per i canoni dei servizi di connettività non rientrano nell’obiettivo di contenimento della spesa per il triennio 2016-2018”. In ogni caso le amministrazioni – “devono privilegiare, nella scelta dei servizi di connettività, le forniture in cui il servizio di trasporto sia basato su dual-stack”.
Con queste premesse il Piano intende supportare lo sviluppo di servizi digitali pubblici in particolare, attraverso la diffusione delle suddette piattaforme abilitanti”. Si punta alla “produzione di linee guida e kit di sviluppo che aiutino chiunque voglia sviluppare servizi e, infine, attraverso la creazione di una community di sviluppatori, designer e gestori di servizi digitali che possa scambiarsi informazioni, collaborare e partecipare allo sviluppo della Pubblica amministrazione”.
Verranno a tal fine “realizzati, mantenuti e messi a disposizione linee guida, toolkit e strumenti utili all’intera fase di prototipazione, sviluppo e diffusione di applicazioni e servizi. Verranno inoltre suggeriti e, dove possibile, resi disponibili strumenti di analisi del comportamento degli utenti, quali, a titolo esemplificativo, strumenti di web analytics, tool di analisi dell’usabilità, strumenti per effettuare indagini di soddisfazione. A tal fine verranno avviati progetti pilota in collaborazione con le amministrazioni, per la definizione e il test sul campo delle soluzioni proposte”. Secondo quanto previsto dal Piano, i progetti pilota partiranno dal prossimo mese di giugno, i template delle versioni alpha verranno invece rilasciati a settembre di quest’anno.
Un capitolo del Piano è dedicato agli open data. All’Agid e al Team digitale della presidenza del Consiglio è affidato il compito di raccogliere in un unico documento, aggiornabile di anno in anno, le basi di dati da includere tra gli open data pubblici. In particolare: le informazioni relative alle richieste di apertura di dataset da parte della società civile; le informazioni su impegni di apertura provenienti da iniziative istituzionali quali per esempio l’Open government partnership (Ogp); le segnalazioni di dataset chiave che le PA intendono rendere disponibili in open data secondo i propri piani di rilascio e nel rispetto di quanto è complessivamente previsto nel paniere stesso.
Il Paniere dataset open data rappresenta un primo insieme di dataset e una prima azione di monitoraggio. Il Paniere è stato predisposto considerando tutti i dataset inclusi nelle agende per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico degli anni 2013, 2014 e 2015, nonché i dataset derivanti da iniziative internazionali (ad esempio Open Data Charter, Open Government Partnership), dai piani di rilascio di alcune Regioni e PA centrali e da alcune richieste della società civile emerse a seguito di consultazioni pubbliche ufficiali. Agid pubblica il Paniere sul proprio sito istituzionale e su dati.gov.it. Entro dicembre 2017 stabilisce sempre il pano, le PA espongono i metadati, relativi alle basi di dati e dati aperti di cui sono titolari, rispettando le specifiche Dcat-AP_IT (profilo nazionale di metadatazione pienamente conforme a quello europeo Dcat-AP) e seguendo la semantica espressa dalla relativa ontologia pubblicata su dati.gov.it.
Il Paniere dinamico, si precisa nel documento, sarà la base di riferimento per l’espletamento di azioni di monitoraggio previste nel contesto dell’Accordo di partenariato Italia 2014-2020, dell’articolo 52 del Cad e dell’implementazione della direttiva europea PSI 2.0 (Public Sector Information). In particolare, “AgID definisce e mantiene aggiornato un indicatore di monitoraggio (che considera anche aspetti di qualità dei dati aperti) e predispone il Rapporto per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico (art. 52 del CAD)”. Entro il mese di gennaio di ogni anno, Agid sottopone il Rapporto al Dipartimento della Funzione pubblica che lo approva entro il mese di febbraio. Agid pubblica infine il Rapporto in open data sul proprio sito istituzionale e su dati.gov.it.
Stop ai data center. Le Pubbliche amministrazioni “non possono costituire nuovi data center”, mentre possono procedere agli “adeguamenti dei data center esistenti solo esclusivamente per evitare problemi di interruzione di pubblico servizio, anticipare processi di dismissione per acquisizione di servizi della gara Spc-Cloud” e “consolidare i propri servizi su data center di altre PA al fine di ottenere economie di spesa”.
Il Piano triennale prevede anche un cronoprogramma delle attività da mettere in piedi. Quest’anno le PA individuate da Agid “contribuiscono alla realizzazione del censimento del patrimonio Ict in esercizio” e quelle “che dispongono di infrastrutture adeguate possono candidarsi a ricoprire il ruolo di Polo strategico nazionale”. Le Pubblica amministrazioni, invece “che non vi abbiano già provveduto” dovranno realizzare “progetti di consolidamento e virtualizzazione dei propri data center o di migrazione verso cloud”. In caso di mancato utilizzo della gara cloud lotto 1 predisposta da Consip, forniscono le motivazioni ad Agid e Anac”. Entro aprile 2018, invece, le PA “attuano le indicazioni definendo propri piani di razionalizzazione che, a richiesta, devono essere forniti ad Agid. La verifica delle azioni di razionalizzazione sono rilevate da Agid mediante il censimento annuale del patrimonio Ict della PA”. Da luglio, infine, le PA scelte come Poli strategici nazionali “avviano l’adeguamento dei propri data center nei tempi specificati nel proprio Piano di razionalizzazione delle risorse Ict”.